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mercoledì 31 gennaio 2018

Fare ciò che si può


La Parola di Vita di Gennaio, "Potente è la tua mano, Signore", (post: Nelle nostre fragilità, la "potenza" di Dio) mi ha ricordato la "fragilità dei nostri limiti", ma anche la possibilità, attraverso questa povertà, di "sperimentare l'amore di Dio. Egli, infatti, vuole la felicità per tutti gli uomini, suoi figli, e per questo è sempre disponibile ad offrire il suo aiuto potente a quanti si mettono con mitezza nelle sue mani per costruire il bene comune, la pace, la fraternità".
A questo proposito, nella mia vita di ministero mi sono di grande aiuto le parole di san'Ignazio di Loyola.

«… Non piacciono a Dio l'ansia e l'inquietudine dello spirito: Il Signore vuole che i nostri limiti e le nostre debolezze si appoggino sulla sua forza […] vuole che speriamo che la sua bontà supplirà all'imperfezione dei nostri mezzi.
Coloro che si incaricano di affari numerosi, pur con un'intenzione retta, devono risolversi a fare semplicemente ciò che è in loro potere... Se si devono lasciare da parte alcune cose, occorre armarsi di pazienza, e non pensare che Dio attenda da noi ciò che non possiamo fare. Egli non vuole che l'uomo si affligga per i suoi limiti...; non è necessario stancarsi esageratamente. Anzi, quando ci siamo sforzati di agire del nostro meglio, possiamo abbandonare tutto il resto a Colui che ha il potere di compiere tutto quello che vuole…» (S. Ignazio di Loyola, da una lettera del 17/11/1555).

martedì 30 gennaio 2018

Una importante e gioiosa ricorrenza


Domenica 21 gennaio scorso Enzo Petrolino, presedente della Comunità del Diaconato in Italia, diacono della diocesi di Reggio Calabria-Bova, assieme ad altri 12 diaconi ha festeggiato il 25° anniversario della loro ordinazione diaconale.
È stata tra l'altro una felice e voluta coincidenza con l'ordinazione episcopale dell'Arcivescovo emerito mons. Vittorio Luigi Mondello (che li ha ordinati) che festeggiava i suoi 40 anni di episcopato.
Auguriamo ad Enzo e agli altri amici diaconi di essere veri testimoni dell'amore di Cristo e di camminare sempre nella via del Vangelo.

venerdì 26 gennaio 2018

Quale novità si cela in Gesù di Nazaret?


4a domenica del Tempo Ordinario (B)
Deuteronomio 18,15-20 • Salmo 94 • 1 Corinzi 7,32-35 • Marco 1,21-28
(Visualizza i brani delle Letture)

Appunti per l'omelia

Il brano del vangelo di questa domenica propone alla nostra riflessione un aspetto della vita profetica di Cristo: insegnava come uno che ha autorità.
Gesù è profeta perché proclama davanti al mondo la parola di Dio; egli stesso è la parola di Dio, nel suo essere filiale, nella sua disponibilità oblazionale, nella sua testimonianza profetica. Più che profeta, egli è il mediatore che rende presente il Dio che annuncia; Dio egli stesso.
La sua personalità profetica si esprime nel suo insegnamento, come pure nelle sue opere. La sua funzione profetica si prolunga in qualche modo nella liturgia, L'assemblea eucaristica, che si raccoglie ogni domenica, è un'assemblea di ascolto: in essa Gesù profeta ci parla e ci ammaestra. Se fossimo più disponibili a questo ascolto, ci accorgeremmo quanto la parola di Cristo sia illuminante anche oggi; dovremmo far lievitare questa parola nel nostro spirito, per diventare a nostra volta... sale della terra e luce del mondo.
Con Gesù si realizza finalmente la profezia di Isaia (9,1-2): questo povero popolo che giaceva nelle tenebre dell'abbandono e del peccato finalmente ha visto la grande Luce della Vita e della salvezza. La predicazione del Signore ha prodotto il prodigio, che si verifica ancora oggi qui per noi.

Gesù in giorno di sabato, giorno del riposo, della preghiera e dell'istruzione religiosa, approfittava per esporre il suo pensiero, recandosi nelle sinagoghe come ogni buon giudeo e prendendo la parola quando gli si offriva l'opportunità. I suoi uditori erano stupiti del suo insegnamento, perché insegnava come uno che ha autorità. Nel suo insegnamento Gesù non seguiva il metodo dei rabbini, i quali per lo più si limitavano a ripetere quanto avevano appreso dai loro maestri. Ecco alcune differenze principali tra Gesù e gli altri maestri sono: egli non tanto accoglie discepoli spontanei quanto li chiama personalmente; non insegna solo ad una cerchia ristretta, ma pubblicamente alle folle; non si limita ad insistere sulla conversione dei peccatori, ma li cerca e li accoglie; non è solo un ripetitore della Torah, ma osa correggerla e prende posizione contro le interpretazioni più accreditate della legge; il suo metodo d'insegnamento è prevalentemente fatto con il linguaggio delle parabole.
L'autorità di Gesù si fonda in modo particolare nella sua consapevolezza di essere Figlio di Dio.

Nella sinagoga vi era un uomo posseduto da uno spirito impuro. La presenza demoniaca è qui personificata nel colloquio che ha con Gesù: è l'uomo posseduto che materialmente parla, anzi «grida» a gran voce, ma le parole sono dello spirito che è in lui e di lui si serve come di uno strumento privo di volontà, per esprimere i suoi pensieri.
«Che vuoi da noi, Gesù Nazareno?» (letteralmente: Cosa c'è tra noi e te?), formula "difensiva" che nega qualsiasi comunanza con la persona alla quale è rivolta. Qui serve al demonio da difesa contro l'opera di esorcismo di Gesù.
«Taci! Esci da lui!». In questo esorcismo Gesù non usa scongiuri, formule magiche, né gesti magici come erano soliti fare gli esorcisti ebrei e greci. Questo esorcismo è privo di qualsiasi contatto fisico che accompagnano i racconti degli esorcismi al di fuori del N.T.; la loro assenza conferma ancora una volta il potere della parola di Gesù. Qui abbiamo semplicemente un comando, secco e perentorio: Gesù agisce unicamente con l'autorità della sua Parola. Lo spirito immondo, pur dando sfogo alla sua rabbia, tuttavia gli obbedisce prontamente.
Da qui lo stupore dei presenti; stupore non provocato dal fatto dell'esorcismo, che gli ebrei conoscevano e praticavano con l'apparato di un lungo cerimoniale. La ragione è nella maniera con cui Gesù lo compie, con un semplice comando che viene subito eseguito.
«Che è mai questo? Un insegnamento nuovo dato con autorità. Comanda persino agli spiriti impuri e gli obbediscono!». Giustamente l'insegnamento è qui ricollegato al miracolo, che ne è il segno dimostrativo.

L'opera di Gesù incomincia ad attirare l'attenzione generale; il «problema» della sua persona è posto, anzi imposto dalla novità delle sue opere e del suo insegnamento. Tuttavia non è risolto in modo conveniente, poiché il popolo non riesce ad intravedere dietro questa novità il mistero che si cela in lui, né come Messia né come Figlio di Dio.

(spunti da Lectio: Abbazia Santa Maria di Pulsano)

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Vedi anche:

Parola-sintesi proposta (breve commento e una testimonianza):
Insegnava loro come uno che ha autorità (Mc 1,22)
(vai al testo…)

Parola-sintesi proposta a suo tempo pubblicata:
 Insegnava loro come uno che ha autorità (Mc 1,22) - (01/02/2015)
(vai al testo…)
 Insegnava loro come uno che ha autorità (Mc 1,22) - (29/01/2012)
( vai al testo…)
 Perfino gli spiriti immondi gli obbediscono! (Mc 1,27) - (17/01/2009)
(vai al post "La forza dell'amore")

Vedi anche i post Appunti per l'omelia:
  Il "modo" di Gesù (30/01/2015)
  Gli effetti della Parola (27/01/2012)

Commenti alla Parola:
  di L'Amicizia presbiterale "Santi Basilio e Gregorio" (VP 1.2018)
  di Luigi Vari (VP 1.2015)
  di Marinella Perroni (VP 1.2012)
  di Claudio Arletti (VP 1.2009)
  di Enzo Bianchi
  di Lectio divina: Abbazia Santa Maria di Pulsano
  di Letture Patristiche della Domenica

(Illustrazione di Stefano Pachì)

venerdì 19 gennaio 2018

Seguire Gesù con tutto noi stessi


3a domenica del Tempo Ordinario (B)
Giona 3,1-5.10 • Salmo 24 • 1 Corinzi 7,29-31 • Marco 1,14-20
(Visualizza i brani delle Letture)

Appunti per l'omelia

O Padre, che nel tuo Figlio ci hai dato la pienezza della tua parola e del tuo dono, fa' che sentiamo l'urgenza di convertirci a te e di aderire con tutta l'anima al Vangelo, perché la nostra vita annunzi anche ai dubbiosi e ai lontani l'unico Salvatore, Gesù Cristo...

La preghiera di colletta seconda ci suggerisce il tema conduttore della liturgia della parola odierna che può essere colto nell'invito evangelico a convertirsi, poiché il Regno di Dio si è fatto vicino. Un impegno che, mediante gli apostoli, si estende in chiave missionaria attraverso i tempi e i luoghi fino ad oggi e qui. Anche noi dunque siamo i destinatari e nello stesso tempo i trasmettitori di questo annuncio della conversione, sconvolgente e determinante per l'esistenza di ogni persona.
Nel nostro tempo e in questo contesto sociale, teso a rendere sempre meno rilevante la fede cristiana, si colloca l'odierno invito di Gesù: «Convertitevi e credete nel Vangelo».

Il tempo è compiuto! Piena ne è la misura, non c'è nulla da aggiungere al tempo trascorso prima dell'avvenimento atteso… È il tempo di Dio, il Kairós, il momento decisivo, il momento opportuno per prendere risoluzioni. È il tempo della conversione, di un cambio di mentalità per poter poi credere: prima si cambia mente, poi si crede. La fede che Gesù richiede non è un generico credito alle sue parole, un mero consenso intellettuale, ma è la fede biblica, decisione pratica: "quello che hai detto noi lo faremo e lo ascolteremo".
In questo contesto, Gesù, camminando… vide… chiamò… Sono i tre verbi vocazionali: Gesù è in cammino, entra nella concretezza della nostra vita, cammina tra noi. È un passare in mezzo alle nostre case ed occupazioni. Gesù vede con uno sguardo di elezione, pieno di misericordia. E chiama: è la Parola che irrompe nella vita e chiede obbedienza incondizionata e rottura radicale con il proprio passato.
Dio entra nella nostra vita, nel nostro operare quotidiano, nel nostro mestiere di pescatori. Dio chiama non in un'aria rarefatta di strane esperienze spirituali, ma all'interno della concretezza della vita, nell'esercizio di una propria attività.

Gesù vede Simone e Andrea e dice loro di andare dietro a lui… E subito, lasciarono le reti e lo seguirono. Quel subito fa pensare al potere della chiamata di Gesù e alla sua forza d'attrazione. Da parte dei discepoli non c'è nessuna esitazione né ripensamenti.
Ed è un seguire che significa un rapporto personale con la persona seguita, un voler imitare il suo stile di vita e non un semplice andargli dietro.
Anche per Giacomo e Giovanni, incontrati poco oltre, la risposta è immediata. Essi lasciarono il loro padre Zebedeo nella barca con i garzoni e andarono dietro a lui.
Il fatto che Giacomo e Giovanni sono proprietari di una barca ed hanno dei garzoni salariati in un'industria tanto vitale come la pesca contraddice molte delle descrizioni contemporanee che presentano i primi seguaci di Gesù come una banda di contadini itineranti. Possono essere stati itineranti durante il ministero di Gesù, ma non rappresentano affatto i ceti economicamente più disagiati della Galilea.

Andare dietro a Gesù. Ognuno può ricordare la propria "chiamata" o fare memoria di alcune conversioni, come quella di Paolo e di Agostino, che se non seguono alla lettera lo schema di cui si è parlato, spesso comportano però un'improvvisa e profonda esperienza di Dio che porta la persona ad uno stile di vita radicalmente diverso e si concretizza in un nuovo livello dello «stare con Gesù» e del fare quelle cose che imitano lo stile di vita di Gesù. È l'invito a riflettere, prima che sul nostro servizio alla causa del Vangelo, sulla nostra vita e sull'intensità della nostra radicalizzazione nel Signore Gesù: rimanere in Lui è vivere nella fede in Lui.

(spunti da Lectio: Abbazia Santa Maria di Pulsano)

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Vedi anche:

Parola-sintesi proposta (breve commento e una testimonianza):
Convertitevi e credete nel Vangelo (Mc 1,15)
(vai al testo…)

Parola-sintesi proposta a suo tempo pubblicata:
 Convertitevi e credete nel Vangelo (Mc 1,15) - (25/01/2015)
(vai al testo…)
 Venite dietro a me (Mc 1,17) - (22/01/2012)
( vai al testo…)
 Seguitemi, e io farò di voi dei pescatori di uomini (Mc 1,17) - (17/01/2009)
(vai al post "L'impegno dell'evangelizzazione")

Vedi anche i post Appunti per l'omelia:
  Il fascino dell'incontro (24/01/2015)
  Seguire Gesù! (20/01/2012)

Commenti alla Parola:
  di L'Amicizia presbiterale "Santi Basilio e Gregorio" (VP 1.2018)
  di Luigi Vari (VP 1.2015)
  di Marinella Perroni (VP 1.2012)
  di Claudio Arletti (VP 1.2009)
  di Enzo Bianchi
  di Lectio divina: Abbazia Santa Maria di Pulsano
  di Letture Patristiche della Domenica

(Illustrazione di Stefano Pachì)

giovedì 18 gennaio 2018

Servire, Rischiare, Scomparire


Mons. Angelo De Donatis, Vicario di Roma, ai due vescovi (Padre Daniele Libanori, gesuita, e don Paolo Ricciardi, del clero romano), ordinati lo scorso 13 gennaio, ha concluso la sua omelia con parole che ritengo rivolte a me e ad ogni persona che il Signore ha scelto per il servizio alla comunità.

Ecco il teso conclusivo dell'omelia:

«Carissimo padre Daniele, carissimo don Paolo: lo Spirito Santo vi trasformi in altri San Giuseppe, custode di Maria, immagine della Chiesa.
Imparate da lui a servire, a rischiare, a scomparire.
Siate schietti con i potenti, tacete davanti agli umili;
imparate da coloro che il mondo disprezza, insegnate con dolcezza a quelli che credono di saperla lunga;
evitate chi vi loda, ascoltate chi vi corregge;
pregate il doppio rispetto a quanto predicate;
passate più tempo tra le pagine della Scrittura che sulle sedie delle riunioni;
non cercate ricompense, fateci innamorare della gratuità;
comandate solo dopo aver amato, e amate di più coloro che non vi obbediscono;
assumetevi le vostre responsabilità, intervenite con decisione e dolcezza quando necessario;
qualora le cose non andranno come previsto, moltiplicate la gioia di avere i vostri nomi scritti in cielo;
aiutateci a volervi bene, perdonate chi vi denigrerà;
confidate più nella grazia che nelle programmazioni;
più nel quotidiano che nei grandi eventi;
accantonate la gloria del mondo, desiderate il Paradiso. Amen».

Intervento di mons. Libanori
Intervento di mons. Ricciardi






venerdì 12 gennaio 2018

Il Signore "guarda", "passa", "chiama"


2a domenica del Tempo Ordinario (B)
1Samuele 3,3-10.19 • Salmo 39 • 1 Corinzi 6,13-15.17-20 • Giovanni 1,35-42
(Visualizza i brani delle Letture)

Appunti per l'omelia

Dopo la festa del Battesimo di Gesù si entra nel tempo liturgico ordinario, che non significa tempo minore o secondario. Le letture di questa domenica ci ricordano che nessun momento della nostra vita, della vita del mondo, deve essere ritenuto banale, privo di senso e di valore. Dio che chiama non ha bisogno di spazi particolari per farsi sentire; continuamente nell'ordinarietà della nostra vita ci invita a seguirlo. Tutti i fedeli sono chiamati "oggi qui" dal Signore, ad "andare e a vedere" nelle fede e nella sequela di carità verso Lui.
Oggi è la terza manifestazione di Gesù dopo l'Epifania e il Battesimo: Gesù è il Messia che adempie il piano della salvezza e chiama per la sequela del Regno.

La prima lettura (cf. 1Sam 3,3b-10.19) è costituita esattamente da una narrazione di vocazione profetica, quella di Samuele. Nella semplicità dello schema narrativo, con la triplice esatta ripetizione della chiamata e della risposta, il racconto tende a sottolineare la completa disponibilità di Samuele alla vocazione divina e alla sua fedele obbedienza nell'attività successiva.
Samuele, che la madre Anna consacra al Signore da prima che nascesse (cf. 1Sam 1,11-28), è insieme sacerdote e profeta e giudice del suo popolo. Il Signore gli manifesta la sua vocazione quando ancora è un ragazzo (cf. 1Sam 2,18-21). Ripete la chiamata nel santuario di Silo, tre volte, di notte, e il ragazzo crede che sia la voce dell'anziano sacerdote Eli, che lo indirizza invece all'ascolto del Signore, con le parole: «Parla, Signore, poiché sta all'ascolto il servo tuo». E finalmente il Signore può comunicargli il suo messaggio. E Samuele cresceva in grazia, e le Parole del Signore via via si realizzavano.

Il brano del Vangelo di Giovanni narra la vocazione dei primi discepoli di Gesù.
Giovanni "fissa lo sguardo su Gesù…": oltre a un semplice guardare con attenzione, fissare, indica l'atto di guardare dentro, quasi penetrando nell'intimo dell'animo dell'osservato. Il Battista fissa Gesù come farà questi con Simone e con il giovane ricco, da lui amato (cf. Mc 10,21). Giovanni contempla "Gesù che passa". Giovanni è profeta e scruta le realtà divine, e "sa" perché Gesù "passa": perché è Colui che viene, che cerca i suoi discepoli. Quando il Signore chiama gli uomini al suo seguito per il necessario discepolato, si hanno sempre e solo tre verbi: passa - guarda - chiama. Giovanni "sa" altresì che Colui che viene passa, guarda e chiama un'unica volta. Lo avevano compreso i Padri, che contemplavano questo tratto con terrore: «Io ho paura di Gesù che passa e non ritorna», scrive sant'Agostino.

«Ecco l'agnello di Dio» è la solenne proclamazione del Battista. Giovanni ai due discepoli ancora anonimi "indica" Gesù come il Servo sofferente, con la "formula di rivelazione", che con l' "Ecco" è anche "formula del prodigio" divino: «Ecco l'Agnello di Dio che toglie il peccato del mondo», rimandando ancora in modo esplicito al Servo sofferente di Isaia.
Gesù si volta indietro quasi a vedere se le parole del Battista hanno avuto qualche effetto. La scena è trattata con una vivacità e un verismo tali, che suppone una testimonianza oculare. E domanda «Che cosa cercate?» che si può tradurre meglio con bramare, desiderare. La prima parola che Gesù pronuncia nel Vangelo di Giovanni è una domanda che pone a bruciapelo ai due che lo stanno seguendo: che cosa cercate? È questa una domanda importante che tende a scavare le intenzioni più intime. L'evangelista la sceglie con cura e la riproporrà ancora due volte nel corso del suo vangelo: all'inizio della sua passione, Gesù chiede per due volte a coloro che sono venuti ad arrestarlo nel giardino: «Chi cercate?» (Gv 18,4.7); e il Risorto al mattino di Pasqua, quando vuole scuotere la Maddalena piangente e le dice: «Donna, perché piangi? Chi cerchi?» (Gv 20,15).
La richiesta non è banale; anzi nel modo di procedere dell'evangelista Giovanni è molto seria. È la domanda che va al cuore dell'intenzione e mira a svelare la reale disponibilità della persona: si può infatti cercare Gesù per accoglierlo come il Messia ma anche per arrestarlo come un delinquente; lo si può cercare come un morto da compiangere o come il Vivente da cui essere salvati.

Poi Andrea va in cerca di suo fratello Simone e lo conduce da Gesù. Simone, che in ebraico significa "docile all'ascolto", Simone, "il docile", si lascia condurre. Dallo Spirito Santo dopo la Pentecoste si lascerà condurre a proclamare alle folle in attesa Cristo Signore Risorto (cf. At 2,1-4, e 13-36), e a battezzarle (cf. At 2,38). Anche da anziano si lascerà condurre alla morte per glorificare Dio, secondo la tremenda profezia del Signore Risorto (cf. Gv 21,18-19). Gesù riceve dunque anche Simone, il terzo discepolo. Gesù era passato, adesso lo guarda e lo chiama. E parla: «Tu sei Simone, figlio di Giovanni, tu ti chiamerai Kefa», che significa Roccia, Pietra, Pietro.
Pietro è accettato da Gesù perché ormai, per elezione divina imperscrutabile, lo ha fatto definitivamente "suo". E quindi sulla persona di Pietro, in tutto quello che Pietro è e che sarà, Gesù vanta il diritto totale come Signore e Creatore, che crea un uomo nuovo, per plasmarlo piano piano per il suo Disegno.
Simone, "il docile", accetta che gli venga cambiato il nome, accetta di essere "la Pietra" contro cui si scateneranno fino alla fine le terrificanti forze dell'inferno. Pietro ancora non sa tutto questo. Ma anche quando con la sua morte glorificò Dio (cf. Gv 21,19), quelle forze non prevalsero.

(spunti da Lectio: Abbazia Santa Maria di Pulsano)

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Vedi anche:

Parola-sintesi proposta (breve commento e una testimonianza):
Maestro, dove dimori? (Gv 1,38)
(vai al testo…)

Parola-sintesi proposta a suo tempo pubblicata:
 Videro dove dimorava... e rimasero con lui (Gv 1,39) - (18/01/2015)
(vai al testo…)
 Abbiamo trovato il Messia (Gv 1,41) - (15/01/2012)
( vai al testo…)
 "Ecco l'Agnello di Dio!" E i due discepoli seguirono Gesù (Gv 1,36-37) - (17/01/2009)
(vai al post "Seguire Gesù")

Vedi anche i post Appunti per l'omelia:
  Il dono di poter "incontrare" Gesù (16/01/2015)
  L'incontro! (13/01/2012)

Commenti alla Parola:
  di L'Amicizia presbiterale "Santi Basilio e Gregorio" (VP 1.2018)
  di Luigi Vari (VP 1.2015)
  di Marinella Perroni (VP 1.2012)
  di Claudio Arletti (VP 1.2009)
  di Enzo Bianchi
  di Lectio divina: Abbazia Santa Maria di Pulsano
  di Letture Patristiche della Domenica

(Illustrazione di Stefano Pachì)

sabato 6 gennaio 2018

Dal Giordano al Calvario: manifestazione dell'amore del Padre


Battesimo del Signore (B)
Isaia 55,1-11 • Salmo Is 12,2.4-6 • 1 Giovanni 5,1-9 • Marco 1,7-11
(Visualizza i brani delle Letture)

Appunti per l'omelia

La festa del Battesimo del Signore fa parte delle «feste epifaniche», cioè delle feste che celebrano la manifestazione del Signore. Tutti gli evangeli descrivono la missione di Cristo a partire dal Battesimo. Con questo avvenimento Gesù inaugura la sua vita pubblica.
Il fatto che Gesù chieda di ricevere il battesimo di Giovanni dona a questo rito un significato completamente nuovo. Gesù si umilia, si confonde coi peccatori; ma lui è l'innocente, il santo e, come tale, risponde all'iniziativa di Dio con un'obbedienza perfetta: questa sua fedeltà compie la nostra salvezza.
Nel battesimo al Giordano Gesù risponde ufficialmente alla elezione del Padre e alla missione che dal Padre gli viene affidata. Questo fatto contiene tutto l'itinerario che Gesù dovrà percorrere: è la vocazione alla croce. Inizia in senso pieno per Gesù la sua storia di salvezza che vivrà in perfetta fedeltà fino al «tutto è compiuto» del Calvario. La sua missione è tutta protesa verso il battesimo della croce: «Devo ricevere un battesimo, e quale non è la mia angoscia fino a quando non sia compiuto» (Lc 12,50).
La sua opera sarà allora quella del «servo», quella dell'«agnello di Dio che toglie i peccati del mondo». Sotto questo aspetto è quanto mai indicativo che gli evangelisti sinottici mettano il battesimo del Giordano in connessione diretta con le tentazioni del deserto: «Gesù, pieno dello Spirito santo, tornò dal Giordano e fu spinto dallo Spirito nel deserto per quaranta giorni, per essere tentato dal diavolo» (Lc 4,1-2).
In questa prova Gesù rivive in fedeltà assoluta l'elezione e l'esperienza del popolo di Dio, elezione ed esperienza che ricapitola in sé e porta a compimento sulla via del servizio, della povertà e dell'amore.
Inoltre Gesù, accettando il battesimo di Giovanni, riceve ufficialmente l'investitura messianica. Lui è il profeta che non solo annuncia la salvezza in nome di Dio, ma è l'uomo-Dio che la realizza. Lo Spirito santo scende su di lui e lo consacra con unzione sacerdotale, profetica e regale, per la sua azione di salvezza. Gesù è dunque l'eletto di Dio, il Figlio prediletto nel quale il Padre trova la sua compiacenza. In quel «servo» gli uomini devono riconoscere il vero messia.
La celebrazione pertanto del Battesimo di Gesù è celebrazione di un mistero di salvezza. Ed il mistero che oggi viene celebrato dalla Chiesa richiama alla memoria il nostro Battesimo per mezzo del quale siamo stati purificati e siamo spiritualmente rinati, divenendo figli di Dio.
In questo giorno di festa eleviamo suppliche affinché viviamo come figli di Dio, cresciamo nell'amore e ci trasformiamo spiritualmente ad immagine di Cristo.

Quando Gesù è battezzato avviene la prima scena divina della Teofania: "i Cieli si squarciano", la divina Trascendenza paterna, il Seno paterno (cf. Gv 1,18a) si apre, per manifestare la totale Presenza d'Amore "a Gesù", all'Uomo vero, "manifestando" a Lui, ma anche su Lui per tutti gli uomini.
Gesù con i Cieli squarciati "vede" lo Spirito di Dio. Sembra che i presenti non se ne accorgano, e del resto le Parole esplicative del Padre sembrano rivolte solo al Figlio. Lo Spirito di Dio è la divina Sapienza d'Amore, che si comunica in modo unitivo paterno. Lo Spirito Santo "viene verso Gesù", manifestatosi in forma simbolica, come una colomba, che rivela la delicatezza del contatto dello Spirito Santo con l'Umanità del Figlio di Dio.
In questo contesto va ribadito che Cristo Signore in quanto Dio possiede lo Spirito del Padre da tutta l'eternità. In quanto Uomo vero, è nato «dallo Spirito Santo e da Maria Vergine». Non riceve lo Spirito Santo per la prima volta al Giordano. Al Giordano avviene la Teofania trinitaria, ossia la "Manifestazione" che "dichiara" quello che Cristo già è. In realtà, Cristo Signore possiede lo Spirito Santo in modo molteplice: in eterno, come comunione indicibile con il Padre; nel tempo, dalla sua immacolata concezione dalla Semprevergine Maria, poiché nasce "dallo Spirito Santo e da Maria Vergine".

Perché allora il Dono al Giordano? Ascoltiamo la Voce del Padre: «E venne una voce dal cielo: Tu sei il Figlio mio, l'amato: in te ho posto il mio compiacimento».
I Cieli indicano dunque il Padre Invisibile per definizione (cf. Gv 1,18a), che adesso vuole comunicare la sua Volontà paterna sovrana. Il Padre infatti donando lo Spirito Santo si rende ormai visibile nell'Umanità del Figlio: chi vede Lui, vede il Padre (cf Gv 14,9); e si rende ascoltabile nella Parola del Figlio, che è il Verbo Dio incarnato (cf. Gv 1,1-18).

Il Signore è battezzato in eterno. Dovrà tuttavia ancora essere "confermato" in eterno dal Padre con lo Spirito Santo per l'esito della sua missione messianica. Questo avverrà nella divina Trasfigurazione, con la Nube dello Spirito Santo e le Parole del Padre. La Croce segnerà il culmine della liturgia terrena del Signore nello Spirito Santo, poiché con essa avverrà il massimo annuncio del Vangelo, la massima opera della Carità del Padre, il massimo atto di culto. E la creazione della Chiesa Sposa (cf. Gv 19,34).
La Resurrezione, con l'entrata del Signore anche come Uomo vero nella Gloria del Padre, sancendo per l'eternità la Liturgia divina e le Nozze divino, inaugura le Nozze eterne.

(spunti da Lectio: Abbazia Santa Maria di Pulsano)

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Vedi anche:

Parola-sintesi proposta (breve commento e una testimonianza):
Tu sei il Figlio mio, l'amato (Mc 1,11)
(vai al testo…)

Vedi anche analoga Parola-sintesi a suo tempo pubblicata - Anno B):
 Tu sei il Figlio mio, l'amato (Mc 1,11) - (11/01/2015)
(vai al testo…)
 Vide lo Spirito discendere verso di lui (Mc 1,10) - (8/01/2012)
(vai al testo…)
 Lui vi battezzerà con lo Spirito Santo (Mc 1,8) - (9/01/2009)
(vai al post "Battezzati nello Spirito santo")

Vedi anche analoga Parola-sintesi a suo tempo pubblicata - Anni A e C):
 Gesù venne da Giovanni per farsi battezzare(Mt 3,13) - (8/01/2017)
(vai al testo…)
 In lui ho posto il mio compiacimento (Mt 3,17) - (12/01/2014)
(vai al testo…)
 In lui ho posto il mio compiacimento (Mt 3,17) - (9/01/2011)
(vai al testo…)
 In te ho posto il mio compiacimento (Lc 3,22) - (10/01/2016)
(vai al testo…)
 In te ho posto il mio compiacimento (Lc 3,22) - (13/01/2013)
(vai al testo…)

Vedi anche i post Appunti per l'omelia (Anno B):
Lo "sprofondare" del Figlio di Dio… per farci figli (5/1/2015)
Il Compiacimento del Padre (7/1/2012)

Vedi anche i post Appunti per l'omelia (Anni A e C):
Siamo diventati Cristo (10/1/2014)
L'aprirsi del Cielo (8/1/2016)
Essere scelti dall'amore eterno di Dio (11/1/2013)

Commenti alla Parola (Anno B):
  di Lectio divina: Abbazia Santa Maria di Pulsano
  di L'Amicizia presbiterale "Santi Basilio e Gregorio" (VP 1.2018)
  di Luigi Vari (VP 1.2015)
  di Marinella Perroni (VP 1.2012)
  di Claudio Arletti (VP 1.2009)
  di Enzo Bianchi
  di Letture Patristiche della Domenica

Vedi anche Commenti alla Parola (Anni A e C):
  di Cettina Militello (VP 11.2016)
  di Gianni Cavagnoli (VP 11.2013)
  di Marinella Perroni (VP 11.2010)
  di Luigi Vari (VP 11.2015)
  di Marinella Perroni (VP 11.2012)
  di Claudio Arletti (VP 11.2009)

(Illustrazione di Stefano Pachì)

giovedì 4 gennaio 2018

Aperti alla Novità dello Spirito, nonostante gli inevitabili errori


Epifania del Signore
Isaia 60,1-6 • Salmo 71 • Efesini 3,2-3a.5-6 • Matteo 2,1-12
(Visualizza i brani delle Letture)


Appunti per l'omelia

La notte di Natale i pastori, cioè i poveri, gli ultimi, hanno visto un segno e l'hanno accolto… Hanno creduto perché si sono messi in cammino. Dio si nasconde e si fa trovare da chi sui mette in cammino uscendo da sé, dalla sua sicurezza, dal suo sapere. Lo riconosce e lo accoglie solo chi cammina.
Nella solennità odierna dell'Epifania il vangelo ci presenta la figura dei Magi. Anche loro si sono messi in cammino incontrare "colui che è nato, il Re dei Giudei". Questi personaggi sono sicuramente esperti di astronomia, tuttavia la loro scienza è limitata e ingannevole: infatti arrivano nella città sbagliata, perché non Gerusalemme il luogo dove è nato il Re che cercano. E tra tutte le persone a cui potevano rivolgersi, non ce n'è una più sbagliata di Erode…
I Magi hanno la domanda, ma non la risposta. È curioso che si rivolgano a coloro che hanno la risposta, ma non la domanda. I sacerdoti e gli scribi, infatti, conoscono le Scritture, ma a loro non interessa trovare il Re dei Giudei.
Eppure, proprio l'errore di rivolgersi a Erode e al Sinedrio permette ai Magi di giungere alla meta, attraverso l'incontro con le sacre Scritture. Proprio il fatto di non avere risposte, ma solo domande, è stata la loro salvezza. Se avessero avuto la presunzione di sapere già tutto, non avrebbero chiesto aiuto. Quindi, il loro errare in fondo li ha portati nella direzione giusta. Così quando riprendono la strada, la stella torna a mostrarsi, come all'inizio della loro ricerca. Segno che anche negli errori è contenuta una luce di verità. Purché siano errori fatti col desiderio di cercare. Al contrario, c'è chi sta fermo nel suo palazzo, come Erode, o nel suo tempio, come i sacerdoti e gli scribi.

Occorre mettersi sempre di nuovo per strada ed errare. "Errare" nel senso di vagare alla ricerca di qualcosa, ma anche nel senso di sbagliare: chi vuole trovare una cosa, deve fare molta strada oppure rovistare in ogni angolo e, di fatto, sbagliare molte volte. Tutti facciamo così, finché non abbiamo trovato quel che cercavamo. Ameno che non spegniamo il desiderio di cercare. Ogni errore ci conduce più vicini alla verità. Purché siamo onesti nella ricerca. Bisogna errare, per poter trovare. I Magi avevano errato anche sull'identità del ricercato: cercavano un Re e trovano solo un bambino povero! Ma loro sono uomini aperti alla novità: è solo un bambino, eppure lo adorano come Re dei Giudei.

La visita dei Magi è un incontro profetico: questi stranieri erranti, con la luce della loro coscienza, arrivano a incontrare il Salvatore del mondo. Non appartenevano al popolo di Dio. Non conoscevano le sacre Scritture. Non frequentavano il tempio. Eppure, lo hanno accolto. I Magi svelano in anticipo il mistero realizzato nella Pasqua: "che le genti - come dice Paolo - sono chiamate in Cristo Gesù a condividere la stessa eredità, a formare lo stesso corpo e a essere partecipi della stessa promessa per mezzo del Vangelo" (Ef 3,6). Cristo, nella sua Pasqua, ha effuso sul mondo intero il suo Spirito. Ora è possibile trovare la luce ovunque. E chi la cerca onestamente, la trova.

(tratto da Omelie: L'Amicizia presbiterale "Santi Basilio e Gregorio")

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Vedi anche:

Parola-sintesi proposta (breve commento e una testimonianza):
Dov’è colui che è nato, il re dei Giudei? (Mt 2,2)
(vai al testo…)

Vedi anche analoga Parola-sintesi a suo tempo pubblicata:
 Gli offrirono in dono oro, incenso e mirra (Mt 3,13) - (6/01/2017)
(vai al testo…)
 Videro il bambino… si prostrarono e lo adorarono (Mt 2,11) - (6/01/2016)
(vai al testo…)
 Siamo venuti ad adorarlo (Mt 2,2) - (6/01/2015)
(vai al testo…)
 Siamo venuti ad adorare il Signore (Mt 2,2) - (6/01/2013)
(vai al testo…)
 Gli offrirono in dono oro, incenso e mirra (Mt 2,10) - (6/01/2012)
(vai al testo…)
 Videro il Bambino con Maria sua madre (Mt 2,11) - (6/01/2011)
(vai al testo…)
 Ti adoreranno, Signore, tutti i popoli della terra (Sal 71) - (5/01/2009)
(vai al post "Il centro dell'universo")

Vedi anche i post Appunti per l'omelia:
Le preferenze di Dio: gli ultimi, i lontani (5/1/2017)
Il cammino per l'incontro don Dio (5/1/2016)
Nel "Nulla d'amore" di Dio (5/1/2015)
Essere "epifania" di Dio (4/1/2014)
L'incontro con Gesù, nella "casa", con Maria (4/1/2013)
Guardare oltre, con nel cuore il mondo (5/1/2012)

Vedi anche i post:
La Stella, il dono che porta (6/1/2011)
Lo scambio dei doni (5/1/2010)

Commenti alla Parola:
  di L'Amicizia presbiterale "Santi Basilio e Gregorio" (VP 1.2018)
  di Cettina Militello (VP 11.2016)
  di Luigi Vari (VP 11.2015)
  di Luigi Vari (VP 1.2015)
  di Gianni Cavagnoli (VP 2013)
  di Marinella Perroni (VP 2012)
  di Marinella Perroni (VP 2011)
  di Marinella Perroni (VP 2010)
  di Claudio Arletti (VP 2009)
  di Claudio Arletti (VP 2008)
  di Enzo Bianchi (vol. A)
  di Enzo Bianchi (vol. B)
  di Enzo Bianchi (vol. C)

(Illustrazione di Stefano Pachì)

lunedì 1 gennaio 2018

Nelle nostre fragilità, la "potenza" di Dio


Parola di vita – Gennaio 2018
(Clicca qui per il Video del Commento)

«Potente è la tua mano, Signore» (Es 15,6).

La Parola di vita di questo mese richiama un versetto dell'Inno di Mosè, un brano dell'Antico Testamento in cui Israele esalta l'intervento di Dio nella propria storia. È un canto che proclama la Sua azione decisiva per la salvezza del popolo, nel lungo percorso dalla liberazione dalla schiavitù in Egitto fino all'arrivo nella Terra promessa.
È un cammino che conosce difficoltà e sofferenza, ma che si realizza sotto la guida sicura di Dio anche attraverso la collaborazione di alcuni uomini, Mosè e Giosuè, che si mettono al servizio del Suo disegno di salvezza.

«Potente è la tua mano, Signore».

Quando noi pensiamo alla potenza, facilmente la associamo alla forza del potere, spesso causa di sopraffazione e conflitti tra persone e tra popoli. Invece, la parola di Dio ci rivela che la vera potenza è l'amore, così come si è manifestata in Gesù. Egli ha attraversato tutta l'esperienza umana, fino alla morte, per aprirci la strada della liberazione e dell'incontro con il Padre. Grazie a Lui si è manifestato il potente amore di Dio per gli uomini.

«Potente è la tua mano, Signore».

Se guardiamo a noi stessi, dobbiamo riconoscere con franchezza i nostri limiti. La fragilità umana, in tutte le sue espressioni - fisica, morale, psicologica, sociale - è una realtà innegabile. Ma è proprio qui che possiamo sperimentare l'amore di Dio. Egli, infatti, vuole la felicità per tutti gli uomini, suoi figli, e per questo è sempre disponibile ad offrire il suo aiuto potente a quanti si mettono con mitezza nelle sue mani per costruire il bene comune, la pace, la fraternità.

Questa frase è stata sapientemente scelta per celebrare in questo mese la Settimana di preghiera per l'unità dei cristiani. Quanta sofferenza siamo stati capaci di infliggerci a vicenda in questi secoli, scavando spaccature e sospetti, dividendo comunità e famiglie

«Potente è la tua mano, Signore».

Abbiamo bisogno di chiedere con la preghiera la grazia dell'unità, come dono di Dio; allo stesso tempo possiamo anche offrirci ad essere Suoi strumenti d'amore per costruire ponti. In occasione di un convegno presso il Consiglio ecumenico delle chiese, a Ginevra nel 2002, Chiara Lubich, invitata ad offrire il suo pensiero e la sua esperienza, ha detto:

"Il dialogo si svolge in questo modo: anzitutto ci si mette sullo stesso piano del nostro partner chiunque esso sia; poi lo si ascolta, facendo il vuoto completo dentro di noi… In questa maniera si accoglie l'altro in sé e lo si comprende… Perché ascoltato con amore, l'altro è, così, invogliato a sentire anche la nostra parola" [1].
In questo mese, approfittiamo dei nostri contatti quotidiani, per stringere o recuperare rapporti di stima e amicizia con persone, famiglie o gruppi appartenenti a chiese diverse dalla nostra.
E perché non estendere la nostra preghiera e la nostra azione anche alle fratture all'interno della nostra stessa comunità ecclesiale, come anche in politica, nella società civile, nelle famiglie? Potremo testimoniare anche noi con gioia: «Potente è la tua mano, Signore».

Letizia Magri

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[1] Cfr. C. Lubich, L'unità e Gesù crocifisso e abbandonato fondamento per una spiritualità di comunione, Ginevra, 28 ottobre 2002.


Fonte: Città Nuova n. 12/Dicembre 2017