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giovedì 5 gennaio 2012

Guardare oltre, con nel cuore il mondo


6 gennaio, Epifania del Signore

Appunti per l'omelia

Oggi la Chiesa celebra la solennità dell'Epifania, cioè della Manifestazione del Figlio di Dio a tutte le genti, rappresentate dai Magi, che non appartenevano al popolo di Israele. Essi, all'apparire della stella, si mettono in cammino attirati da Qualcuno che li attendeva a Betlemme. Quel Bambino è la manifestazione vivente di un Dio, che non fa preferenze di persone, ma è punto di convergenza dell'anelito di tutti i popoli, che rende possibile la fratellanza universale.
Gerusalemme, avvolta dallo splendore della gloria di Dio, è punto di incontro di "popoli lontani", attratti dalla luce che in essa brilla: giungono a lei popoli di tutta la terra, in un clima di grandissima gioia, in un reciproco scambio di doni: così la visione di Isaia.
Anche l'apostolo Paolo, scrivendo ai cristiani di Efeso, rivela che non soltanto il popolo di Israele, ma tutte le Genti sono chiamate a partecipare alla salvezza portata da Cristo e a formare la Chiesa nella sua totalità.
È una visione che dà respiro all'anima, che apre il nostro cuore all'accoglienza, che ci dà la possibilità di sperimentare il dono della diversità, la possibilità di una unità più grande.
È l'esperienza quotidiana in cui possiamo guardare all'altro, al nostro vicino, a popoli lontani da noi per cultura e credenza, a tante persone che magari incontriamo ogni giorno e che "non frequentano come noi il tempio", come a fratelli in cammino come noi, condotti dalla stella che ci indica il cammino nella notte presente, per l'incontro con Colui che aspettiamo per una speranza che non ci deluda.
È scoprire quei "semi del Verbo" che sono presenti in tutti e farli emergere e dar loro quel risalto che attendono.
"Il Verbo si è fatto carne", abbiamo contemplato in questo Natale. Se la Parola ha veramente preso dimora in noi ed ha illuminato tutta la nostra esistenza, allora sarà Lei a riconoscersi in coloro che, magari non avendone piena coscienza, vivono di quei germi di verità che sono stati seminati nel loro cuore.
Non si tratta di omologare le religioni, come se una valesse l'altra. «La fede cristiana mantiene tutta la sua unicità: così come l'ha assunta dalla tradizione ebraica, che pure era un modo con cui Dio si è rivelato. Quel Dio che si era manifestato "in modo ricco e diverso" nella prima alleanza, si è manifestato in modo pieno in Gesù, Verbo incarnato. In questa luce acquista senso nuovo anche l'evangelizzazione. Noi non possiamo non portare la "buona notizia" del Cristo morto e risorto a tutte le genti: è attraverso di lui che il Padre ha parlato in modo "definitivo" all'umanità. Questo non significa necessariamente che avvenga in modo quasi magico la conversione al cristianesimo: da parte nostra, si tratta anzitutto di scoprire il linguaggio che il Padre si rivolge a ciascuno e mettersi in dialogo con lui nei fratelli e sorelle. Sarà il Padre stesso a condurre questo dialogo dove lui vuole finalizzarlo.
Mi immagino un mondo in cui i cristiani siano veramente "anima" del mondo, facendo emergere tutti quei semi del Verbo che, messi in luce, possono condurre l'umanità a riscoprirsi la famiglia dei figli di Dio» (don Tonino Gandolfo, in Città Nuova, 24/2011).



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