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lunedì 31 dicembre 2018

La luce della verità che illumina il nostro "tempo"


Ed eccoci alla fine di questo anno, dove l'esperienza del tempo lascia la sua impronta nel nostro cuore, una impronta sicuramente luminosa e l'esperienza sempre viva della misericordia del Padre: sempre, nel bene e nel male, nella gioia e nel dolore... Rassicurante "presenza" del suo amore, che non ha limiti.
Nella liturgia di oggi Giovanni ci ricorda il dono ricevuto dell'«unzione del Santo» e la corrispondente responsabilità della fedeltà.
«Figlioli, è giunta l'ultima ora. Come avete sentito dire che l'anticristo deve venire, di fatto molti anticristi sono già venuti. Da questo conosciamo che è l'ultima ora.
Sono usciti da noi, ma non erano dei nostri; se fossero stati dei nostri, sarebbero rimasti con noi; sono usciti perché fosse manifesto che non tutti sono dei nostri.
Ora voi avete ricevuto l'unzione dal Santo, e tutti avete la conoscenza. Non vi ho scritto perché non conoscete la verità, ma perché la conoscete e perché nessuna menzogna viene dalla verità»
(1Gv 2,18-21).

Ed il vangelo: «[…] Veniva nel mondo la luce vera, quella che illumina ogni uomo. Era nel mondo e il mondo è stato fatto per mezzo di lui; eppure il mondo non lo ha riconosciuto. Venne fra i suoi, e i suoi non lo hanno accolto. A quanti però lo hanno accolto ha dato potere di diventare figli di Dio: a quelli che credono nel suo nome, i quali, non da sangue né da volere di carne né da volere di uomo, ma da Dio sono stati generati. E il Verbo si fece carne e venne ad abitare in mezzo a noi; e noi abbiamo contemplato la sua gloria, gloria come del Figlio unigenito che viene dal Padre, pieno di grazia e di verità. […] Dalla sua pienezza noi tutti abbiamo ricevuto: grazia su grazia» (Gv 1,9-14.16).

Il Verbo incarnato, con il suo ingresso nel tempo, nella nostra storia, ci propone un itinerario di amore e di riconciliazione, illuminando e riscattando l'umanità intera, affinché trovi la strada del dialogo, dell'accoglienza, del rispetto, della fratenità…, dell'amore.
In questa prospettiva il tempo acquista il suo vero significato, dando senso al passato al presente, al futuro.
Nella certezza che passato, presente e futuro, in Dio, sono realtà "presenti", l'augurio per tutti, di poter "dimorare" nel cuore di Dio.

(La Spada di Orione "M42", immagine di Mauro Zorzenon, ripresa dal Monte Matajur - 7 dicembre 2004)

domenica 30 dicembre 2018

L'incarnazione del Verbo riscatta il tempo che svanisce, colorandolo di eterno


Maria Santissima Madre di Dio
Numeri 6,22-27 • Salmo 66 • Galati 4,4-7 • Luca 2,16-21
(Visualizza i brani delle Letture)

Appunti per l'omelia

La solennità odierna riceve ulteriore suggestione e forza dalla coincidenza con l'inizio di un nuovo anno civile. Non è una circostanza ignorabile, né tanto meno si oppone al mistero del Verbo fatto carne che oggi siamo invitati a contemplare come germinato dal basso, dall'umanità benedetta della Vergine. Se è vero che il Logos discende dal seno del Padre per congiungersi alla nostra umanità, oggi è l'istante in cui fermiamo il cuore sul grembo di Maria, terra fertile da cui spunta il virgulto di Iesse. Una donna è capace di generare Dio. L'eterno Figlio del Padre nasce da una donna. Questo è il mistero che attesta la nostra grandezza ma soprattutto la grande misericordia di Dio.
Sotto questa luce possiamo guardare all'alba del nuovo anno. Inevitabilmente la conclusione di quello appena trascorso comporta almeno un frammento di speranza.
I giorni pesanti e l'affanno appaiono come dimenticati… l'anno è passato. Conforto della transitorietà: nulla dura, per quanto sembri importante. Ma questa consolante verità, che offre grande forza alla speranza di un futuro più sereno, possiede in sé anche qualcosa di scoraggiante. Se i giorni duri sono ormai dietro di noi, è altrettanto vero che diverse belle realtà che costituiscono la nostra vita stanno irreversibilmente dietro di noi. Il presente e il futuro assottigliano il loro spessore e non possiamo dire all'attimo che fugge di fermarsi in nome della sua bellezza.
Tuttavia, capodanno ci offre, oggi come sempre, la possibilità di levare la nostra testa e cogliere l'incanto che si trova in ogni inizio, incanto che ci protegge e ci aiuta a vivere. Non possiamo sempre lamentarci… Ma occorre compiere il nuovo passo da cristiani. Ed allora, come può il tempo progredire se gli uomini non camminano?

Oggi, dal seno di Maria, il seme del Verbo è germinato in tutto il suo fulgore. C'è tuttavia una perdita nell'evento dell'incarnazione. È come se gli attributi divini fossero posti tra parentesi lungo tutto il percorso umano di Gesù. Certo, egli ha compiuto segni mirabili lungo la sua esistenza… Ma, nascendo, Cristo inizia il suo irreversibile percorso verso la morte. La sua apparizione entro il genere umano offusca l'eternità che brilla in Dio.
Eppure proprio questo inizio così drammatico infonde speranza a tutti i giorni che verranno. Non vi sarà più giorno dell'uomo che non sia stato anche di Dio. Il tempo, con la sua arbitrarietà e mutevolezza, è stato assunto dal Verbo non meno del nostro peccato. La fragilità dell'istante è riscattata per la presenza di Dio al cuore di ogni istante. Il Cristo compagno di strada non scorta il nostro pellegrinaggio come un passeggero in auto che incoraggia comodamente seduto chi invece fatica a piedi. Dentro le nostre stesse scarpe, lungo i nostri stessi percorsi, Gesù riscatta il tempo che svanisce, colorando tutto di eterno. Il Dio al di qua dei nostri limiti è la speranza dentro una storia che non muta, né può veramente farlo. Se il Figlio di Dio si è spento come uno di noi, noi potremo risorgere come solo lui ha capacità di fare. Il privilegio dell'Uno è grazia universale, ora. Per quanto possiamo sporgere fuori dall'acqua e fissare il flusso che scorre inarrestabile. Dopo il parto della Vergine, nulla è più come prima: ogni età della vita, ogni pagine della nostra storia.

(da Claudio Arletti, «Ricordatevi come vi parlò», Commento ai Vangeli festivi dell'anno C)

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Vedi anche:

Parola-sintesi proposta (breve commento e una testimonianza):
I pastori riferirono ciò che era stato detto loro (Lc 2,17)
(vai al testo)

PDF formato A4, stampa f/r per A5:


Vedi anche analoga Parola-sintesi a suo tempo pubblicata:
 I pastori riferirono ciò che era stato detto loro (Lc 2,17) – (01/01/2018)
(vai al testo)
 Maria, da parte sua, custodiva tutte queste cose (Lc 2,19) – (01/01/2017)
(vai al testo)
 Vinci l'indifferenza e conquista la pace (01/01/2016 - Giornata mondiale della pace)
(vai al testo)
 Non più schiavi, ma fratelli (01/01/2015 - Giornata mondiale della pace)
(vai al testo)
 Fraternità, fondamento e via per la pace (01/01/2014 - Giornata mondiale della pace)
(vai al testo)
 Beati gli operatoti di pace (01/01/2013 - Giornata mondiale della pace)
(vai al testo)
 Educare i giovani alla giustizia e alla pace (01/01/2012 - Giornata mondiale della pace)
(vai al testo)
 Libertà religiosa, via per la pace (01/01/2011 - Giornata mondiale della pace)
(vai al testo)

Vedi anche i post Appunti per l'omelia:
  Il grande campo della libertà di Dio: la maternità verginale di Maria, la Theotokos (30/12/2017)
  Il Nome per eccellenza: Dio salva (30/12/2016)
  Alimentati dalla benedizione di Dio (30/12/2015)
  La Vergine Madre (30/12/2013)
  Madre dell'unica persona del Verbo di Dio, dono per il mondo (31/12/2012)
  Madre di Dio (30/12/2011)

Commenti alla Parola:
  di L'Amicizia presbiterale "Santi Basilio e Gregorio" (VP 1.2019)
  di L'Amicizia presbiterale "Santi Basilio e Gregorio" (VP 1.2018)
  di Cettina Militello (VP 11.2016)
  di Luigi Vari (VP 11.2015)
  di Luigi Vari (VP 11.2014)
  di Giovanni Cavagnoli (VP 11.2013)
  di Marinella Perroni (VP 11.2012)
  di Marinella Perroni (VP 11.2011)
  di Marinella Perroni (VP 11.2010)
  di Claudio Arletti (VP 11.2009)
  di Claudio Arletti (VP 11.2008)
  di Enzo Bianchi (A)
  di Enzo Bianchi (B)
  di Enzo Bianchi (C)
  di Lectio divina: Abbazia Santa Maria di Pulsano



sabato 29 dicembre 2018

L'amore, motivo di gioia per tutti


"Rilettura", alla fine del mese, della Parola di Vita di dicembre.

«Siate sempre lieti nel Signore» (Fil 4,4).

La gioia è il dono che il cristianesimo ha fatto al mondo. Tutto il nostro essere è fatto di gioia. Non si può trovare uno che non voglia essere felice. Ma di quale gioia si parla? Non certo di quella del mondo, fugace, euforica, illusoria. Ma di quella promessa da Gesù, frutto del suo infinito amore, della sua totale donazione, già distillata dal suo immenso dolore: gioia per la nostra redenzione.
C'è una gioia che nasce dal dare. Infatti, "c'è più gioia nel dare che nel ricevere". Ed è sempre attuale quando metto la mia vita a disposizione in ogni piccolo o grande gesto: aprire il nostro cuore e dare il nostro tempo, la nostra amicizia e solidarietà, la nostra prontezza nel servire, la nostra consolazione a chi soffre.
La nostra identità si caratterizza per un sovrappiù di amore, in forza del quale non si fa il bene per ricevere il contraccambio, ma lo si fa gratuitamente.
Il nostro vivere proiettati verso gli altri, trasmette fiducia e speranza.
Non sono, infatti, gli slogan o le frasi ad effetto che trasmettono fiducia alle persone. Ciò che trasmette fiducia è la vita trasparente e coerente di chi testimonia sempre la verità. È vedere qualcuno che crede nell'amore e lo testimonia. Per cui, là dove uno cade, un altro è pronto a rialzarlo; quando a uno viene meno il coraggio, chi gli è accanto diventa per lui un raggio di speranza. Guadandoci intorno, non troviamo spesso motivi di serenità… Di fronte alle preoccupazioni della vita è un grande impegno non lasciarsi scoraggiare, sopraffare, chiuderci in noi stessi. E san Paolo invita anche noi: Siate sempre lieti nel Signore.
Siamo chiamati a sperimentare la gioia di ricominciare, di ricominciare sempre, nonostante tutto. L'importante non è riuscire ad amare, ma è voler sempre amare, nonostante i nostri limiti. Importante è ricominciare sempre. C'è un ricominciare dopo un fallimento. Con esso arriva l'esperienza dell'errore; e ricominciare porta con sé la gioia della consapevolezza di poter riprovare sempre. E c'è un ricominciare che viene dopo la conclusione di una cosa o di una perdita dolorosa o di una malattia. Questo ricominciare porta la gioia del "nuovo", della consapevolezza che inizia una nuova fase della vita, con il coraggio e con la gioia che lo Spirito Santo, che abita in noi, fa nuove tutte le cose.
Se il nostro animo è nella gioia, accogliamo il fratello con cordialità. Cordialità gentilezza sono segni di accoglienza, espressione di un amore che diventa segno di fraternità. Ognuno di noi deve amare con tutto se stesso, non può amare a metà, né senza cuore. Gesù vuole un amore che "muove a compassione".
Ad ogni esperienza ben riuscita rimane la certezza che vale sempre la pena di amare, di essere cordiali e gentili. Coloro che distribuiscono cordialità ricevono cordialità. Infatti, dalla gioia che viene dal Signore nasce la capacità di accogliere gli altri con cordialità, la disponibilità ad avere tempo da dedicare a chi abbiamo intorno. Anzi, c'è più gioia nel dare che nel ricevere.
In effetti, ogni fratello è un'occasione per amare. È riconoscere la presenza di Gesù in ogni persona che incontro. Prendere questo impegno mi porta a non perdere nessuna occasione per amare. Niente può essere di impedimento (l'aspetto, l'etnia, il livello sociale…) perché possa vivere l'amore del prossimo, perché possa dirigere il mio amore a Gesù. Lui accoglie come fatto a sé ogni mio gesto verso le persone che incontro. Ognuno è un'occasione unica per amare.
Ora, amare il prossimo come noi stessi, motivo di gioia per il prossimo e per noi stessi: condividere col prossimo le sue pene e le sue gioie e viceversa; dargli l'attenzione di cui ha bisogno; essere presenti nelle occasioni importanti della sua vita; essere attenti ai suoi bisogni. Agendo così, siamo motivo di gioia per gli altri e per noi stessi. È Gesù infatti la sorgente della vera gioia, perché dà senso alla nostra vita, ci guida con la sua luce, ci libera da ogni timore, ci dà forza per superare tutte le difficoltà, tentazioni e prove che possiamo incontrare.
In una parola, essere messaggeri di gioia. La gioia deve essere la prima cosa che doniamo alle persone; una gioia vera, non un'euforia senza senso che può anche disturbare. Chi ama è messaggero di gioia perché essa è radicata nel suo cuore. Quanto più profonda è la radice, tanto più grande sarà l'albero che accoglie tutti alla sua ombra. Infatti, la gioia del cristiano non è semplice ottimismo, o la sicurezza del benessere materiale, o l'allegria di chi è giovane e in buona salute. È piuttosto frutto dell'incontro personale con Dio nel profondo del cuore.

venerdì 28 dicembre 2018

Famiglia umana, Famiglia divina


Santa Famiglia (C)
1 Samuele 1,20-22.24-28 • Salmo 83 • 1 Giovanni 3,1-2.21-24 • Luca 2,41-52)
(Visualizza i brani delle Letture)

Appunti per l'omelia

Gesù cresceva in sapienza, età e grazia…
È interessante che la prima festa che si celebra nei giorni di Natale sia quella della "famiglia".
Il Verbo si è fatto "carne" con tutto ciò che questo comporta: entrare nella storia umana non significa anzitutto accoglierne i "limiti", ma mettere in luce il senso che l'uomo ha in questa storia.
L'essere famiglia non è un "limite", ma è espressione dell'essere in "relazione": la persona umana non si costruisce da sola, ma insieme con gli altri.
Al tempo stesso è un essere insieme "diversificato": un uomo, una donna, un figlio. All'interno di questa "comunità" umana, come ogni persona, Gesù "cresce" e prende coscienza di sé.

Non sapevate che io devo occuparmi delle cose del Padre mio?
Normalmente queste parole sono interpretate come un "prendere distanza" da Maria e Giuseppe e mettere in risalto la relazione unica di Gesù con il Padre.
Forse c'è anche questo: le parole di Gesù non appaiono immediatamente chiare. Ma anzitutto rientrano in quel "crescere… davanti a Dio", nel prendere coscienza di ciò che si è davanti a Dio, perché dia senso a ciò che si è "davanti agli uomini".
È in questa luce che si possono interpretare le parole di Gesù: voi mi state aiutando a "crescere", ma io non "dipendo" da voi, il "senso" della mia vita non si esaurisce nel rapporto con voi.
Scrive il card. Martini (Mi sarete testimoni n. 88): «La famiglia cristiana è un'altra modalità di essere "nel" mondo e non "del" mondo. E questo grazie al sacramento del Matrimonio. Questo non è qualcosa di estraneo e di diverso dalla realtà creaturale e umana degli sposi. È questa stessa realtà che viene assunta, confermata, purificata, elevata e trasformata a essere "sacramento", segno e strumento del Regno di Dio, dell'amore salvifico del Padre per gli uomini e di Cristo per la Chiesa. In tal modo il Matrimonio sacramento costituisce e struttura intimamente la realtà creaturale e umana degli sposi come realtà essenzialmente relativa al Regno di Dio, a Gesù Cristo stesso. Anche per la famiglia cristiana si deve affermare che sono il suo stesso essere famiglia e il suo stesso vivere le realtà e attività proprie della famiglia a costituire la sua prima forma di missionarietà nella Chiesa e nel mondo. È con la vita coniugale e familiare stessa che i coniugi, i genitori e i figli annunciano il Vangelo e trasmettono la fede. Nella concretezza della sua esistenza d'ogni giorno, la famiglia cristiana "dice" e "fa vedere" che la Chiesa è l'alleanza d'amore tra Dio e l'umanità, tra il Signore Gesù e gli uomini da lui redenti in croce. Lì i coniugi realizzano la loro specifica vocazione a essere, l'uno per l'altro e per i figli, testimoni della fede e dell'amore di Cristo. La famiglia cristiana è "segno di contraddizione" nel mondo: testimonia come la sua esistenza relativa al Regno di Dio non svilisce affatto, ma porta a compimento gli stessi valori umani (sessualità, affetti, impegno educativo, lavoro…). La speranza della vita beata, lungi dal contraddire o impoverire la vita presente nelle sue autentiche esigenze, la assume pienamente e la perfeziona».

Sua madre custodiva tutte queste cose nel suo cuore
In un altro passo Luca aggiunge "custodiva… meditandole", utilizzando un verbo che fa ripensare al "ruminare" dei bovini. Ciò che Dio ti suggerisce attraverso le circostanze, liete o meno liete, della vita è qualcosa su cui il cuore può continuamente ritornare per scoprire il "disegno" che accompagna la tua esistenza. Non si finisce di "crescere": e anche i genitori crescono insieme ai figli e si lasciano "illuminare" e provocare dalla loro esistenza.
Ma in tutto Dio non è un "assente", è un "con-dividente", uno che ha a cuore la vita dei suoi figli come la propria: entra con tutta delicatezza perché la "libertà" sia autentica e piena. Un… gioco d'amore!

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Vedi anche:

Parola-sintesi proposta (breve commento e una testimonianza):
Dopo tre giorni trovarono Gesù nel tempio (Lc 2,46)
(vai al testo…)

PDF formato A4, stampa f/r per A5:


Parola-sintesi proposta a suo tempo pubblicata:
 Gesù cresceva in sapienza, età e grazia (Lc 2,52) - (27/12/2015)
(vai al testo…)
 Questo è il mio comandamento: che ci amiamo gli uni gli altri (1Gv 3,23) - (30/12/2012)
(vai al testo…)

Vedi anche i post Appunti per l'omelia:
  La famiglia, il luogo dove si impara il nome di Dio Amore (26/12/2015)
  Il segno visibile dell'amore del Padre (28/12/2012)

Commenti alla Parola:
  di L'Amicizia presbiterale "Santi Basilio e Gregorio" (VP 11.2018)
  di Luigi Vari (VP 10.2015)
  di Marinella Perroni (VP 10.2012)
  di Claudio Arletti (VP 11.2009)
  di Enzo Bianchi
  di Lectio divina: Abbazia Santa Maria di Pulsano
  di Letture Patristiche della Domenica

domenica 23 dicembre 2018

Il vero Natale per noi!


Natale del Signore

Visualizza i brani delle Letture
Messa della Vigilia: Isaia 62,1-5 • Salmo 88 • Atti 13,16-17.22-25 • Matteo 1,1-25
Messa della Notte: Isaia 9,1-6 • Salmo 95 • Tito 2,11-14 • Luca 2,1-14
Messa dell'Aurora: Isaia 62,11-12 • Salmo 96 • Tito 3,4-7 • Luca 2,15-20
Messa del Giorno: Isaia 52,7-10 • Salmo 97 • Ebrei 1,1-6 • Giovanni 1,1-18


Appunti per l'omelia

È Natale! Guardandoci attorno nelle nostre città, ma anche nelle notizie che ci vengono dai giornali e dalla televisione, ci possiamo domandare: Ma cos'è Natale?. Di primo acchito, la sensazione di un frastuono, perché quello che emerge sono pranzi, doni, addobbi, luci, mercatini… E questo frastuono sembra voler coprire - senza riuscirci - il grido di dolore e di sofferenza di tanta parte di umanità che chiede solidarietà, rispetto, accoglienza, pace, giustizia… In definitiva chiede amore. E l'uomo non glielo sa dare; ma Dio sì. Dio lo sa dare e lo dà da Dio.
Quel Bambino che vediamo nel presepe ci dice proprio l'amore di Dio, di un Dio che ama talmente l'uomo da farsi come lui, da farsi piccolo indifeso, da affrontare tutte le sofferenze - e viverle - dell'umanità, fino alla morte. Un Dio che in questo modo, venendo a vivere fra gli uomini, ridice il suo "sì" all'umanità per ricongiungerla ancora una volta a lui. Questo "sì" di Dio all'uomo è rappresentato in quel Bambino a Betlemme, in quel Bambino che gli uomini non vogliono più sentire nominare. Così, in un paese del nord Europa, per mantenere l'apparato del Natale senza riferirsi a Dio, hanno inventato la "Festa dell'inverno" per fare tutto questo.
Eppure questo Dio ama l'uomo, continua ad amare l'uomo e ce lo ridice ancora. E questo Bambino non solo ci mostra l'amore di Dio, ma ci partecipa l'amore di Dio. Ce lo dona, ce lo fa vivere, ci insegna come fare e ci invita a fare altrettanto, cioè ad essere per gli altri uomini la testimonianza dell'amore di Dio. Ci insegna a dare agli altri uomini l'amore di Dio, un amore come il suo, cioè che non fa preferenze, un amore che arriva a tutti, un amore che non innalza steccati, che non ha pregiudizi, che non fa differenze fra nessuno; un amore che è capace di aprire il cuore, di aprire le mani, di aprire le braccia, di aprire la borsa, di aprire la casa. Se un amore così vive fra gli uomini, allora è Dio stesso che vive fra gli uomini. E lui è l'unico capace di far casa a tutti, di far famiglia con tutti, di rendere tutti fratelli, di far veramente festa.
Questo è Natale! Se noi viviamo così, questo è il vero Natale per noi. Ed è questo il Natale che vorremmo augurarci l'un l'altro.

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Vedi anche:

Parola-sintesi proposta (breve commento e una testimonianza):
I pastori trovarono Maria e Giuseppe e il bambino (Lc 2,16)
(vai al testo…)

Vedi anche analoga Parola-sintesi a suo tempo pubblicata:
 Oggi è nato per voi un salvatore (Lc 2,11) - (25/12/2017)
(vai al testo…)
 Andiamo… vediamo questo avvenimento (Lc 2,15) - (25/12/2016)
(vai al testo…)
 Andiamo dunque fino a Betlemme (Lc 2,18) - (25/12/2015)
(vai al testo…)
 Oggi è nato per noi il Salvatore (Lc 2,11) - (25/12/2014)
(vai al testo…)
 Oggi è nato per noi il Salvatore (Lc 2,11) - (25/12/2013)
(vai al testo…)
 Non temete: vi annuncio una grande gioia (Lc 2,10) – (25/12/2012)
(vai al testo…)
 Oggi è nato per noi il Salvatore (Lc 2,11) - 25/12/2011)
(vai al testo…)
 Un bambino è nato per noi (Is 9,5) - (25/12/2010)
(vai al testo…)
 La Parola è diventata carne e ha abitato fra noi (Gv 1,14) - (23/12/2009)
(vai al post "Dio, nostro fratello")
 Gloria a Dio nel più alto dei cieli, pace in terra agli uomini che egli ama (Lc 2,14) (Lc 2,14) - (24/12/2008)
(vai al post "Il prodigio dell'amore")

Vedi anche i post Appunti per l'omelia:
  Gli "ultimi" si sono messi in cammino e hanno incontrato Dio (24/12/2017)
  La speranza di un Bambino (23/12/2016)
  Dio entra nel mondo dal punto più basso (23/12/2015)
  Gloria a Dio in cielo; pace agli uomini in terra (23/12/2014)
  Dio si è fatto bambino! (24/12/2013)
 Il mistero dell'umiltà di Dio (24/12/2012)
 Dar vita a Gesù, oggi (23/12/2011)

Commenti alla Parola:
  di L'Amicizia presbiterale "Santi Basilio e Gregorio" (VP 11.2018)
  di L'Amicizia presbiterale "Santi Basilio e Gregorio" (VP 11.2017)
  di Cettina Militello (VP 2016)
  di Luigi Vari (VP 2015)
  di Luigi Vari (VP 2014)
  di Giovanni Cavagnoli (VP 2013)
  di Marinella Perroni (VP 2012)
  di Marinella Perroni (notte, VP 2011)
  di Marinella Perroni (giorno, VP 2011)
  di Marinella Perroni (notte, VP 2010)
  di Marinella Perroni (giorno, VP 2010)
  di Claudio Arletti (notte, VP 2009)
  di Claudio Arletti (giorno, VP 2009)
  di Claudio Arletti (notte, VP 2008)
  di Claudio Arletti (giorno, VP 2008)
  di Enzo Bianchi (vol. anno C, giorno)
  di Enzo Bianchi (vol. anno B, notte)
  di Enzo Bianchi (vol. anno A, aurora)

(Illustrazione di Stefano Pachì)

venerdì 21 dicembre 2018

Beato chi crede al compimento della Parola


4a domenica di Avvento (C)
Michea 5,1-4a • Salmo 79 • Ebrei 10,5-10 • Luca 1,39-45
(Visualizza i brani delle Letture)

Appunti per l'omelia

Il Vangelo ci regala la "gara" di due persone a mettere in risalto ognuna la "bellezza" dell'altra: e la bellezza di ciascuno è il disegno di Dio che si va compiendo! Un disegno che si realizza in una storia apparentemente "insignificante": due donne attendono un bambino e sono felici.

Maria salutò Elisabetta
Il saluto è "shalom" (= "pace"): indica l'insieme dei beni che Dio ha promesso al suo popolo e che si concretizzano con la venuta del Messia. Sulla bocca di Maria la parola pace è l'annuncio che nella storia del popolo è entrato il Messia atteso e con Lui ha inizio il regno di pace di cui hanno parlato i profeti. Un regno di pace che in Giovanni troverà un annunciatore e un testimone: il disegno di Dio comincia a manifestarsi in lui e Maria in qualche modo lo svela. Per questo "il bambino ha sussultato di gioia".
Maria non tiene per sé la gioia dell'annuncio, lo comunica: e questo trasforma l'altro, lo rende consapevole del posto che ha nel piano di Dio.

Benedetta tu fra le donne
Elisabetta ricambia il "saluto" e anche lei, in certo modo, rende consapevole Maria di ciò che Dio sta compiendo in lei. Le parole sono riprese dall'AT, parole rivolte a Giaele e Giuditta, donne che erano riuscite a liberare il popolo dall'oppressore. Maria appartiene alla categoria degli strumenti "deboli", ma fedeli, con i quali Dio compie le sue opere di salvezza: "egli libererà il suo popolo dai suoi peccati".
"A che cosa devo che la madre del mio Signore venga da me?": è un'altra frase dell'AT, parole pronunciate da Davide quando viene trasportata a Gerusalemme l'arca dell'alleanza. L'arca viene ricevuta con "danze", "grida di gioia", "canti di festa". Entrando nella casa di Zaccaria, Maria fa "sussultare di gioia" il piccolo Giovanni (che rappresenta il popolo dell'AT).
È ancora il riconoscimento di Elisabetta per ciò che Maria è e porta: "nuova arca dell'alleanza", che, dovunque arriva, opera un'esplosione di gioia: il Battista, Elisabetta, i pastori, Simeone…
È la gioia che caratterizza i tempi messianici, che dovrebbe quindi caratterizzare i "nostri" tempi! Chi accoglie il Messia e il suo annuncio (l'eu-anghelion) non può non spalancare e far spalancare le porte alla vera "gioia".

Beata colei che ha creduto nell'adempimento di ciò che il Signore le ha detto
Da notare: non solo alle "parole di Dio", ma al loro "compimento". E non solo le parole scritte, ma quelle che Dio dice a me! La parola scritta, ascoltata e vissuta, porta a scoprire la "parola" con cui Dio mi parla ogni giorno. Maria coltiva la certezza che, al di là delle apparenze contrarie, la Parola ha la "potenza" di compiersi.
La beatitudine è formulata in terza persona: non riservata a Maria, ma estesa a tutti coloro che si "fidano" di un Dio che è Padre. La fede, di cui Maria è "icona", può anche passare attraverso visioni, dimostrazioni, verifiche, ma ha il suo punto di partenza e il suo fondamento nell'ascolto della Parola e si manifesta nell'adesione incondizionata a questa Parola.

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Vedi anche:

Parola-sintesi proposta (breve commento e una testimonianza):
A che cosa devo che la madre del mio Signore venga da me? (Lc 1,43)
(vai al testo…)

PDF formato A4, stampa f/r per A5:


Parola-sintesi proposta a suo tempo pubblicata:
  Benedetta tu fra le donne (Lc 1,42) - (20/12/2015)
(vai al testo…)
 Beata colei che ha creduto (Lc 3,45) - (23/12/2012)
(vai al testo…)
 Ha guardato alla bassezza della sua serva (Lc 1,48) - (18/12/2009)
(vai al post "Il modello del nostro servizio")

Vedi anche i post Appunti per l'omelia:
  Natale, noi tutti portatori di Dio (18/12/2015)
  Lì, dove fiorisce la gioia (21/12/2012)

Commenti alla Parola:
  di L'Amicizia presbiterale "Santi Basilio e Gregorio" (VP 11.2018)
  di Luigi Vari (VP 10.2015)
  di Marinella Perroni (VP 10.2012)
  di Claudio Arletti (VP 10.2009)
  di Enzo Bianchi
  di Lectio divina: Abbazia Santa Maria di Pulsano

(Illustrazione di Bernardette Lopez)

venerdì 14 dicembre 2018

Che cosa dobbiamo fare?


3a domenica di Avvento (C)
Sofonia 3,14-17 • Salmo Is 12,2-6 • Filippesi 4,4-7 • Luca 3,10-18
(Visualizza i brani delle Letture)

Appunti per l'omelia

Che cosa dobbiamo fare?
Sono interessanti due aspetti nella risposta a questa domanda ripetuta.
Il primo è che l'attenzione è rivolta non a opere di preghiera o di penitenza particolari: Giovanni avrebbe potuto chiedere di seguire la sua strada, di ritirarsi nel deserto… chiede di essere attenti alle persone che si incontrano e con cui si ha a che fare. La "buona novella" che egli annuncia, la venuta del Messia, si concretizza nel rinnovare i "rapporti" tra le persone.
E per vivere la giustizia e l'amore del prossimo, non occorre lasciare la monotonia dei rapporti quotidiani o del luogo in cui si vive, per dedicarsi a qualcosa di più creativo, ma rimanere al proprio posto, nel proprio ambiente, al proprio lavoro. L'esattore delle tasse rimanga al suo tavolo, il soldato in caserma, la mamma e l'operaio al loro lavoro, lo studente sui banchi di scuola.
Ciò che deve cambiare è il modo di rapportarsi con gli altri…
Cambia il modo di concepire e vivere il lavoro, qualsiasi lavoro: non primariamente come mezzo per guadagnarsi da vivere, ma come il primo e più continuo modo di amare e servire gli altri: ogni lavoro serve a qualcuno e siamo chiamati a farlo bene, con perfezione e onestà. E ci viene chiesto di non vedere solo i propri diritti, ma i propri doveri e i diritti degli altri: prima dell' "elemosina" c'è la giustizia. Allora tutto sarà nuovo, perché tutto rinnovato dall'amore, che prenderà l'espressione del rispetto, della condivisione della "tunica", del servizio, dell'ascolto…

Viene uno che è più forte di me … annunziava loro la buona novella
Il Vangelo, cioè la buona, bella novella, è la venuta del "più forte" che "battezza (immerge), in Spirito Santo". Essere "immersi" nello Spirito Santo significa essere portati nel cuore della stessa vita di Dio, in cui lo Spirito è l'amore.
Da una parte è qualcosa di abissalmente distante ("Io non sono degno di slacciare i sandali"), dall'altra ci viene prospettato addirittura come stile di vita. La novità di Gesù è così grande che mai si finisce di accoglierla e comprenderla.
Per questo ci vuole il "fuoco" (che è segno di purificazione): è un'opera che solo Lui può portate a compimento: infatti, "ha in mano il ventilabro".
Solo con questa luce nuova, si può riconoscere in ognuno una parola e un dono di Dio: ognuno è destinato ad essere "battezzato". Vedere il positivo, soprattutto in chi è "diverso" in religione, in politica, nel modo di vivere, ascoltare senza pregiudizi chi ha convinzioni diverse, capire le sue ragioni e vedere la sua parte di verità, sono aspetti del nostro "accogliere" Gesù. Allora non c'è più semplicemente tolleranza e rispetto l'uno per l'altro, ma un arricchimento vicendevole.

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Vedi anche:

Parola-sintesi proposta (breve commento e una testimonianza):
E noi che cosa dobbiamo fare? (Lc 3,14)
(vai al testo…)

PDF formato A4, stampa f/r per A5:


Parola-sintesi proposta a suo tempo pubblicata:
 Egli vi battezzerà in Spirito Santo e fuoco (Lc 3,16) (Lc 3,16) - (13/12/2015)
(vai al testo…)
 E noi, che cosa dobbiamo fare? (Lc 3,14) - (16/12/2012)
(vai al testo…)
 Rallegratevi sempre nel Signore! (Fil 4,4) - (11/12/2009)
(vai al post "Chiamati alla gioia")

Vedi anche i post Appunti per l'omelia:
  Gesù accende la vita e la rende felice (11/12/2015)
  La gioia di incontralo nel migliore dei modi (14/12/2012)

Commenti alla Parola:
  di L'Amicizia presbiterale "Santi Basilio e Gregorio" (VP 11.2018)
  di Luigi Vari (VP 10.2015)
  di Marinella Perroni (VP 10.2012)
  di Claudio Arletti (VP 10.2009)
  di Enzo Bianchi
  di Lectio divina: Abbazia Santa Maria di Pulsano

(Illustrazione di Bernardette Lopez)

mercoledì 12 dicembre 2018

Ekklesìa, sentieri di comunione e dialogo


Ekklesia è un progetto internazionale che si concretizza in alcune riviste di varie lingue, digitali e cartacce, a partire da quella italiana.
Vuole esprimere e promuovere la co-essenzialità di dimensione carismatica e ministeriale della Chiesa, nella scia del Concilio Vaticano II.
Percorrendo sentieri di comunione e dialogo invita a camminare e impegnarsi insieme, alla luce di una mistica della fraternità.
Ekklesìa intende così contribuire a uno stile sinodale che valorizzi tutti i componenti del popolo di Dio, alla ricerca di vie e linguaggi e condividere il Vangelo di Gesù con le donne e gli uomini del nostro tempo.

Con attenzione al rapporto fra le Chiese e fra le religioni, all'incontro fra convinzioni e culture diverse, al rinnovamento delle Chiese e della società, Ekklesìa offre:
    contributi di spiritualità attinti al carisma edll'unità e a carismi antichi e nuovi;
    approfondimenti culturali e pastorali;
    buone pratiche in atto in Italia e all'estero;
    testimonianze, notizie e stimoli alla lettura.

Il "Focus" di ogni numero affronta una particolare tematica.

Clicca qui per scaricare il numero 1 - ottobre/dicembre 2018, "Lo Spirito e la Chiesa", in formato pdf.

sabato 8 dicembre 2018

La Parola "scende" nella nostra storia


2a domenica di Avvento (C)
Baruc 5,1-9 • Salmo 125 • Filippesi 1,4-6.8-11 • Luca 3,1-6
(Visualizza i brani delle Letture)

Appunti per l'omelia

Nell'anno quindicesimo…
Il riferimento cronologico che Luca fa è per dire che non sta raccontando una favola, ma che l'intervento di Dio nella storia dell'umanità è avvenuto in un momento e in un luogo ben definiti.
I personaggi elencati sono sette, numero che indica la totalità: tutta la storia, sacra e profana, è coinvolta nell'avvenimento che sta per raccontare.
Impressiona questa serie dettagliata di coordinate storiche e geografiche con cui è inquadrata la predicazione di Giovanni.
Anche ciascuno di noi può delineare le proprie coordinate storiche e geografiche e riscrivere la "propria" pagina evangelica: ora e qui, nella mia famiglia, nel mio quartiere, nella mia città, il Padre fa discendere anche su me la sua Parola e mi rivolge, in particolare, l'invito di Giovanni: "Preparate la via del Signore…". È un invito personale (ma anche di popolo) alla conversione.

Ogni uomo vedrà la salvezza di Dio!
Il testo parla di carne, l'uomo considerato nel suo aspetto storico, in particolare di essere debole, fragile, esposto a fallimenti, che commette errori, soffre solitudine e abbandono, invecchia e muore. Ma proprio in questa storia concreta può incontrare la promessa: in ogni debolezza dell'uomo si può manifestare la salvezza di Dio. Non c'è abisso di colpa che non venga visitato e guarito dal Suo amore: ogni burrone sarà riempito, ogni monte e colle sarà abbassato…
E Dio non riserva la sua salvezza ad alcune persone, ma vuole che sia offerta a tutti.
Si innesca qui la nostra responsabilità nei confronti di chi ci vive accanto: come il Battista, occorre preparare la strada perché il Signore possa arrivare agli uomini e alle donne di oggi, nella certezza che essi possono arrivare a lui.
Spesso chi ci sta accanto non sa neppure che Egli è venuto e viene, non sa forse nulla su di Lui. Del Natale conosce magari solo i doni, la festa, la settimana bianca…
Ma il festeggiato chi è? Preparare la via al Signore vuol anche dire testimoniarlo, mostrare chi è per noi, annunciarlo, comunicare il vero senso del Natale.

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Vedi anche:

Parola-sintesi proposta a suo tempo pubblicata:
 Ogni uomo vedrà la salvezza di Dio! (Lc 3,6) - (06/12/2015)
(vai al testo…)
 Ogni uomo vedrà la salvezza di Dio! (Lc 3,6) - (09/12/2012)
(vai al testo…)
 Il vostro amore abbondi sempre più (Fil 1,9) - (04/12/2009)
(vai al post "L'abbondanza del dono")

Vedi anche i post Appunti per l'omelia:
  Ogni uomo è nel cuore di Dio (04/12/2015)
  In cammino… crescendo nell'more (07/12/2012)

Commenti alla Parola:
  di L'Amicizia presbiterale "Santi Basilio e Gregorio" (VP 11.2018)
  di Luigi Vari (VP 10.2015)
  di Marinella Perroni (VP 10.2012)
  di Claudio Arletti (VP 10.2009)
  di Enzo Bianchi

(Illustrazione di Bernardette Lopez)

venerdì 7 dicembre 2018

L'Immacolata Concezione, la festa del cuore nuovo


Immacolata Concezione della B. V. Maria
Genesi 3,9-15.20 • Salmo 97 • Efesini 1,3-6.11-12 • Luca 1,26-38
(Visualizza i brani delle Letture)

Appunti per l'omelia

Il senso dell'odierna liturgia della Parola può essere riassunto dalla domanda e dalla relativa risposta che la attraversa dal testo di Genesi fino al Vangelo di Luca. Al drammatico interrogativo posto da Dio ad Adamo: «Dove sei? (Gen 3,9), prima domanda segnalata dalla Scrittura, risponde appieno solo Maria: «Eccomi» (Lc 1 ,38). Finalmente la ricerca intrapresa da Dio sin dai Primi istanti del suo rapporto con Adamo trova riposo nella nuova Eva. Ella non ambisce a «essere come Dio» (Gen 3,5), ma percepisce il proprio essere sua «schiava» (Lc 1,38), letteralmente in greco, non come una diminuzione della propria dignità, ma come il compimento della propria grandezza. Maria si sazia del suo appartenere al Padre. Non ha altri appetiti che la spingano a sporgere la mano verso l'albero della conoscenza del bene e del male (Gen 3,6).
Il peccato originale, ben espresso dalla metafora della nudità e del nascondimento come paura e vergogna (Gen 3,10), inaugura due cammini paralleli, ma al contempo divergenti: il cammino dell'uomo che fugge dal suo Creatore e Signore e il cammino della Trinità che, instancabilmente, muove i suoi passi alla ricerca della creatura perduta. Il passo sereno di Dio nel giardino alla brezza della sera diviene una marcia inarrestabile che si concluderà solo con l'incarnazione del Figlio. Due cammini paralleli, dunque, perché strettamente legati l'uno all'altro: mai accadrà che a un passo dell'uomo non ne corrisponda uno di Dio, o a un passo di Dio non ne corrisponda uno dell'uomo.
Due cammini, tuttavia, che rimarranno a lungo divergenti: quanto più Dio sarà accondiscendente verso il popolo che ha scelto per raggiungere tutta l'umanità, tanto più il popolo si mostrerà scostante nei confronti di Dio. È l'enigma della libertà donata con l'uscita dall'Egitto: essa diventa tradimento e idolatria. È l'enigma denunciato da tutti i profeti per cui i beni della terra d'Israele, regalo di Dio al suo popolo, verranno bruciati su altari di altri dèi. Solo con il dono di un cuore nuovo l'uomo potrà finalmente lasciarsi raggiungere da colui che eternamente lo cerca, fuori dai confini dell'Eden perduto.
Possiamo leggere l'Immacolata Concezione, in questo senso, come la festa del cuore nuovo: è la festa che celebra le rinnovate radici dell'esistenza umana, quelle stesse radici che saranno evocate, in modo così forte, dal Battista nel vangelo della seconda domenica di Avvento, attraverso l'immagine della scure e dell'albero (Mt 3,10). L'Immacolata è la festa che celebra l'interrompersi di una catena di peccati e di ribellioni e saluta invece l'alba di una nuova fedeltà a Dio. Il testo della Genesi ci suggerisce che la volontà salvifica di Dio è antica almeno quanto il peccato. Quasi che il Creatore abbia sorretto subito l'uomo che cadeva, preannunciando la sconfitta del tentatore: «La donna ti schiaccerà la testa e tu le insidierai il calcagno» (Gen 3,15).
In Maria immacolata la speranza acquista un volto concreto, un nome, una fisionomia. È tanto evidente l'intervento del Creatore nella vita di questa donna che la tradizione cristiana ha riconosciuto in lei e solo in lei la verità delle figure veterotestamentarie. La maledizione del serpente, della terra e della prima coppia riceve il proprio antidoto solo nella benedizione che la Vergine riceve fin nei recessi più intimi della sua storia.
Per la Chiesa, per ogni credente, Maria diventa allora icona viva della potenza di questa benedizione. A noi che ci prepariamo a celebrare il Natale, Maria lascia intravedere quanto l'amore di Dio possa operare nella nostra vita. Ben più che una verniciatura esteriore, la grazia che ha sanato la Vergine, spezzando la solidarietà umana nel peccato, è come rugiada benefica che penetra e feconda la nostra interiorità. Per questo abbiamo chiamato la solennità odierna la festa delle radici. La freschezza del virgulto di lesse (Is 11,1) ha espanso, anzitutto, in Maria il proprio profumo. Ella ne costituisce realmente la primizia.

Nell'inno di s. Paolo, la benedizione che dal cielo è scesa e ha sanato la Madre di Cristo ritorna al Padre: «Benedetto sia Dio, Padre del; Signore nostro Gesù Cristo» (Ef 1,3). II congiungimento della benedizione di Dio per l'uomo con la benedizione che l'uomo eleva a Dio segna la fine del cammino della Trinità e la fine della fuga dell'uomo. Nelle parole della cugina Elisabetta ancora echeggerà il suono de medesima benedizione (Lc 1,42). Maria è il punto della creazione più concreto e circoscritto venuto a contatto in modo fisico con il verbo del Padre. Lei è questo punto di congiungimento.
Per questo, l'Apostolo può celebrare nel rendimento di grazie il «beneplacito» della volontà divina (Ef 1,6), che «prima della creazione» (Ef 1,4) ci ha «predestinati» (Ef 1,5) secondo un chiaro piano di salvezza: quel piano di salvezza che Maria ci mostra compiuto in modo grandioso. Il suo itinerario è anche il nostro: né per meriti, né per virtù che possiamo vantare. Solo per pura grazia l'uomo, benedetto, può divenire benedizione.

( da "Il tesoro e la Perla: Immacolata Concezione", Claudio Arletti)

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Vedi anche:

Parola-sintesi proposta (breve commento e una testimonianza):
Rallegrati, piena di grazia: il Signore è con te (Lc 1,28)
(vai al testo…)

PDF formato A4, stampa f/r per A5:


Parola-sintesi a suo tempo pubblicata (breve commento e una testimonianza):
Avvenga per me secondo la tua parola (Lc 1,35)
(vai al testo - 8/12/2016)
Lo Spirito Santo scenderà su di te (Lc 1,35)
(vai al testo - 8/12/2015)
Rallegrati, piena di grazia (Lc 1,29)
(vai al testo - 8/12/2014)
(vai al testo - 8/12/2013)

Vedi anche i post Appunti per l'omelia:
Maria Immacolata: trasparenza vera nel dialogo con Dio (7/12/2017)
In Maria si congiunge il Cielo e la Terra (7/12/2016)
Dio ci chiama ad aprirci alla gioia (6/12/2015)
Resi immacolati dalla carità (6/12/2014)
Maria, il nostro "dover essere" (6/12/2013)
Il sogno di Dio (6/12/2012)

Riamando ad altri post sulla Solennità odierna, a suo tempo pubblicati:
Madre di Dio (7/12/2010)
Maria, Fiore dell'umanità (8/12/2009)
Immacolati nella carità (7/12/2008)

Commenti alla Parola:
  di L'Amicizia presbiterale "Santi Basilio e Gregorio" (VP 11.2018)
  di L'Amicizia presbiterale "Santi Basilio e Gregorio" (VP 11.2017)
  di Cettina Militello (VP 10.2016)
  di Luigi Vari (VP 10.2015)
  di Luigi Vari (VP 10.2014)
  di Giovanni Cavagnoli (VP 10.2013)
  di Marinella Perroni (VP 10.2012)
  di Marinella Perroni (VP 10.2011)
  di Marinella Perroni (VP 10.2010)
  di Claudio Arletti (VP 10.2009)
  di Claudio Arletti (VP 10.2008)
  di Enzo Bianchi (vol. anno C)
  di Enzo Bianchi (vol. anno B)
  di Enzo Bianchi (vol. anno A)

(Illustrazione di Bernadette Lopez: Annunciazione)

giovedì 6 dicembre 2018

La Celebrazione di Cristo


Giovanni Chifari
LA CELEBRAZIONE DI CRISTO
Avvento e Natale
(Anno C)
La Parola letta e meditata nella liturgia della Chiesa
Elledici


La Parola letta e meditata nella liturgia della Chiesa: un commento biblico alle domeniche di Avvento e Natale per fissare lo sguardo su Gesù, lì dove lui si è lasciato vedere e trovare, nel bambino avvolto in fasce nell'umile mangiatoia di Betlemme. Come "vederlo" e riconoscerlo oggi? Per vedere bisogna ascoltare. È necessario porsi in ascolto delle Scritture.
Così il testo ripercorre la tessitura biblica delle preghiere che compongono le messe di questi due tempi liturgici, dall'antifona d'ingresso all'orazione dopo la comunione, leggendola all'unisono con la liturgia della Parola. Il Cristo incontrato in essa potrà essere riconosciuto nell'Eucaristia e servito nei fratelli.
Si tocca così con mano la fede della Chiesa e la sua intelligenza delle scritture, come essa ha voluto valorizzare la centralità di Cristo in questi tempi di attesa e di festa, e quale uso liturgico ha fatto dei vangeli.
Sarà un'occasione per verificare il cammino della parola di Dio dentro di noi. A che giova infatti l'ascoltare se non si coglie la Parola? Se non la meditiamo e ruminiamo? Una volta che è in noi essa genera una nuova capacità di riflessione, di flettersi cioè due volte, e diviene principio interiore che a poco a poco ritesse le nostre coscienze.

Giovanni Chifari, teologo biblico, è docente di Esegesi al Nuovo Testamento presso l'ISSR metropolitano "San Michele Arcangelo" di Foggia - Facoltà Teologica Pugliese. Docente di religione, giornalista, scrive per la rivista "Il diaconato in Italia" e per la rivista "Bibbia ieri e oggi" della Eledici. È autore di diversi articoli e saggi. Tra le sue più recenti pubblicazioni, un volume inedito nella collana Elledici "Meditare", I Gruppi di preghiera di Padre Pio. Origine, spiritualità e servizio, Torino 2018.

(da Quarto di copertina)

sabato 1 dicembre 2018

La gioia che nasce dal Cuore di Dio


Parola di vita – Dicembre 2018
(Clicca qui per il Video del Commento)
(…Ed anche qui…)

«Siate sempre lieti nel Signore» (Fil 4,4).

L'apostolo Paolo scrive alla comunità della città di Filippi, mentre egli stesso è oggetto di una persecuzione che lo mette in grave difficoltà. Eppure, a questi suoi cari amici egli consiglia, anzi quasi comanda di "essere sempre lieti".
Ma si può rivolgere un simile comando?
Guardandoci intorno, non troviamo spesso motivi di serenità, figuriamoci di gioia!
Di fronte alle preoccupazioni della vita, alle ingiustizie della società, alle tensioni tra i popoli è già un grande impegno non lasciarci scoraggiare, sopraffare, chiuderci in noi stessi.
Eppure Paolo invita anche noi:

«Siate sempre lieti nel Signore»

Qual è il suo segreto?
«[…] c'è una ragione perché, nonostante tutte le difficoltà, noi dobbiamo essere sempre nella gioia. È la vita cristiana presa sul serio che porta a questo. Per essa Gesù vive con pienezza dentro di noi e con lui non possiamo non essere nella gioia. È lui la sorgente della vera gioia, perché dà senso alla nostra vita, ci guida con la sua luce, ci libera da ogni timore sia per quanto riguarda il passato come per quanto ancora ci attende, ci dà la forza per superare tutte le difficoltà, tentazioni e prove che possiamo incontrare» [1].
La gioia del cristiano non è il semplice ottimismo, o la sicurezza del benessere materiale, o l'allegria di chi è giovane e in buona salute. È piuttosto frutto dell'incontro personale con Dio nel profondo del cuore.

«Siate sempre lieti nel Signore»

Da questa gioia, dice ancora Paolo, nasce la capacità di accogliere gli altri con cordialità, la disponibilità ad avere tempo da dedicare a chi abbiamo intorno [2].
Anzi, Paolo in un'altra occasione riporta con forza il detto di Gesù: «c'è più gioia nel dare che nel ricevere» [3].

Dalla compagnia di Gesù scaturisce anche la pace del cuore, l'unica che può contagiare le persone che abbiamo intorno, con la sua forza disarmata.
Recentemente in Siria, nonostante i gravi pericoli e disagi della guerra, un gruppo numeroso di giovani si sono riuniti per scambiarsi le esperienze di Vangelo vissuto e sperimentare la gioia dell'amore reciproco; da qui sono poi ripartiti, decisi a testimoniare che la fraternità è possibile.

Così scrive chi ha partecipato: «Si susseguono racconti di storie di dolore cocente e di speranza, di fede eroica nell'amore di Dio. C'è chi ha perso tutto e chi ha visto morire le persone più care […]. Forte l'impegno di questi giovani a generare vita attorno a loro: organizzano opere di beneficenza, coinvolgendo migliaia di persone, ricostruiscono una scuola e un giardino nel centro di un paesino, mai portato a termine a causa della guerra. Offrono sostegno a decine di famiglie di profughi[…]. Riaffiorano nel cuore le parole di Chiara Lubich: "La gioia del cristiano è come un raggio di sole che brilla da una lacrima, una rosa fiorita su una macchia di sangue, essenza d'amore distillata dal dolore […] per questo ha la forza apostolica di uno squarcio di Paradiso" [4]. Nei nostri fratelli e sorelle della Siria troviamo la fortezza dei primi cristiani, che in questa tremenda guerra testimoniano la fiducia e la speranza in Dio Amore, trasmettendola ai loro compagni nel viaggio della vita. Grazie, Siria, per questa lezione di cristianesimo vissuto!».

Letizia Magri

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[1] C. Lubich, Invito alla gioia, in «Città Nuova», 31 (1987/22), p. 11.
[2] Cf. Fil 4, 5.
[3] Atti 20,35.
[4] C. Lubich, La gioia, al Giubileo dei giovani, Roma 12 aprile 1984.


Fonte: Città Nuova n. 11/Novembre 2018

venerdì 30 novembre 2018

Un momento che si rinnova sempre


1a domenica di Avvento (C)
Geremia 33,14-16 • Salmo 24 • 1 Tessalonicesi 3,12-4,2 • Luca 21,25-28.34-36
(Visualizza i brani delle Letture)

Appunti per l'omelia

Vedranno il Figlio dell'uomo venire
Noi possiamo "vedere" Gesù e questo incontro con Lui è la "fine del mondo".
"I segni nel sole, nella luna e nelle stelle" nella Bibbia sono i segni delle apparizioni di Dio. Tutto il creato impallidisce davanti a Lui: questo mondo, che a volte lo nasconde e distrae da Lui, è destinato a compiersi e lasciar spazio ad un mondo nuovo, dove tutto è invito a guardare a Lui come "unico bene".
Mantenere l'attesa e il desiderio dell'incontro con Lui significa scoprire che è anzitutto suo desiderio incontrarsi con noi. Le parole del Padre nostro sono un richiamo continuo: "sia fatta la tua volontà come in cielo così in terra". Allora è bello attendere questo incontro e rinnovarlo come una sposa fa con lo sposo, una mamma e un papà con i figli.
Il rischio è di perderci "in dissipazioni, ubriachezze e affanni della vita", non centrando più l'attenzione sulla sua Persona.
La frequenza regolare all'Eucaristia domenicale, continuata nella vita di ogni giorno con l'ascolto della sua Parola e la comunione con i fratelli, mantiene viva e attuale questa attesa.

La vostra liberazione è vicina
Ciò che per tutti è fonte di "angoscia, ansia, paura", per i credenti è invito ad "alzare il capo", alla speranza. Lasciar cadere le braccia, rassegnarsi di fronte a ciò che sembra dominare nel mondo e anche in noi è una tentazione. Profeti di sventura sono coloro che ripetono: "Non vale la pena impegnarsi, non cambierà mai nulla"; "non c'è niente da fare, il male è troppo forte"; "la fame, le guerre, le ingiustizie, gli odi esisteranno sempre".
Chi, come Paolo, "ha assimilato il pensiero di Cristo" (cf. 1Cor 2,16), vede la realtà con occhi diversi, scorge il mondo nuovo che sta nascendo e può continuare ad annunciare: "Proprio ora germoglia, non ve ne accorgete?" (Is 43,19). La speranza non è l'ottimismo, ma scorgere i segni che fanno prevedere il "bello". La speranza di qualcosa di nuovo non può essere smentita, perché fondata sulla promessa di Gesù che trae il bene dal male, che muore e risorge.
In questa luce, in ogni comunità ecclesiale (parrocchiale, diocesana, religiosa) può avvenire il "discernimento comunitario": aiutarsi a capire che cosa Dio prepara nelle varie "crisi". Per es. la crisi delle vocazioni presbiterali non richiama forse a riscoprire il ruolo dei laici e dei vari Consigli di partecipazione? La crisi della fede dei giovani non dice di andar oltre una pratica religiosa ripetitiva e chiusa nei riti?
Che cosa può portare di nuovo e di positivo la crisi dei matrimoni, del terrorismo, dell'inquinamento, della fatica ad educare i figli, della presenza di nuove religioni?

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Vedi anche:

Parola-sintesi proposta (breve commento e una testimonianza):
La vostra liberazione è vicina (Lc 21,28)
(vai al testo…)

PDF formato A4, stampa f/r per A5:


Parola-sintesi proposta a suo tempo pubblicata:
 State attenti... che i vostri cuori non si appesantiscano (Lc 21,34) - (29/11/2015)
(vai al testo…)
 Vegliate in ogni momento (Lc 21,36) - (02/12/2012)
(vai al testo…)
 Fammi conoscere, Signore, le tue vie (Sal 24,4) - (27/11/2009)
(vai al post "L'attesa…")

Vedi anche i post Appunti per l'omelia:
  Il tempo in cui Dio viene… ed è vicino come il respiro (27/11/2015)
  Nell'attesa di quel Giorno (30/11/2012)

Commenti alla Parola:
  di L'Amicizia presbiterale "Santi Basilio e Gregorio" (VP 11.2018)
  di Luigi Vari (VP 10.2015)
  di Marinella Perroni (VP 9.2012)
  di Claudio Arletti (VP 9.2009)
  di Enzo Bianchi
  di Lectio divina: Abbazia Santa Maria di Pulsano
  di Letture Patristiche della Domenica

(Illustrazione di Bernardette Lopez)

giovedì 29 novembre 2018

Dal Dio che abita in noi, al fratello che amiamo per Lui


"Rilettura", alla fine del mese, della Parola di Vita di novembre.

«Ecco: sto alla porta e busso. Se qualcuno ascolta la mia voce e mi apre la porta, io verrò da lui, cenerò con lui ed egli con me» (Ap 3,20).

L'essere vigilanti nell'ascolto della voce del Signore è una costante della nostra vita, non solo nei momenti di preghiera. È far tacere le voci dentro di noi per poter ascoltare la sua voce. IL silenzio interiore, poi, favorisce l'ascolto della voce del Signore. Far tacere i rumori è la condizione per riconoscer ed ascoltare la sua voce, il suo Spirito, l'unico capace di sbloccare le nostre paure e farci aprire la porta del cuore.
Ma c'è un altro modo per ascoltare la voce dello Spirito, non solo dentro di noi, ma anche quella di Lui presente fra noi, uniti nel Risorto. La voce dello Spirito, infatti, per Gesù fra noi, è come un altoparlante della sua voce in noi.
Allora, per aprire la porta al Signore occorre aprile la porta del nostro cuore al fratello, non lasciando che si senta frustrato bussando ad una porta che non si apre, cercando piuttosto di essere attenti al fratello che ci viene incontro coi i suoi bisogni. Non è importante riuscire a risolvere il suo problema, importa invece aprirgli la porta del nostro cuore per accoglierlo. Una porta che si apre e dimostra fraternità è l'inizio di un percorso che conduce alla pace, alla solidarietà, al rispetto della dignità dell'altro e alla convivenza fraterna.
Per accogliere così il fratello che bussa alla nostra porta, occorre avere Dio nel nostro cuore. Avere la consapevolezza che Dio abita il mio cuore è il primo passo per agire di conseguenza verso il fratello. Così, ogni mia azione, pensiero o parola, sia conseguenza, effetto, della presenza di Dio in me. Attraverso di me Dio busserà alla porta del cuore di ogni fratello che incontro con la sua inconfondibile tenerezza. Tutti siamo invitati ad accogliere il Signore che bussa per uscire, insieme a Lui, verso chi ci sta vicino.
Occorre, però, riconoscere la voce di Dio dentro di noi. È quella voce sottile che ci sprona e illumina, linfa che sale dal fondo dell'anima, che è sapienza, che è amore. E l'amore va dato. Occorre essere nell'amore, per riconoscere la voce di Dio. Per ascoltarla chiaramente occorre far tacere la voce dell'odio, del rancore, della vendetta. Sarà il Signore stesso a farsi spazio nella nostra vita, con la sua presenza.
È l'amore che ci dà il coraggio nelle nostre scelte, perché ci dà la certezza che non siamo soli. Quando si ama, si sente la presenza di Dio in noi; abbiamo la coscienza che non agiamo da soli. E questo dà coraggio. Dio è amore ed è luce nei momenti di oscurità e di debolezza, è consolazione nell'ora della sofferenza, è vita davanti alla morte. Quando amo, so chi sono, so da dove vengo e dove vado. L'amore mi dà pace, mi dà forza, mi dà coraggio.
Allora possiamo vincere le nostre paure amando. Non c'è metodo migliore che mettersi nell'atteggiamento di amare sempre. Amare significa uscire da sé e pensare all'altro. Quasi senza rendercene conto possiamo superare molte nostre paure, perché la nostra mente è occupata con qualcosa di più importante di esse: l'amore al prossimo. Anche quando la paura è reale, l'amore ci dà pace e serenità per risolvere i problemi. Perché chi ama vede. Vede la soluzione e non il problema.
Essere nell'amore è una grazia che ci viene dallo Spirito, che è un dono che entra in noi e fa fruttificare, perché noi possiamo darlo agli altri. È proprio dello Spirito Santo, dunque, decentrarci dal nostro io per aprirci al "noi" della comunità: ricevere per dare. Non siamo noi al centro: noi siamo uno strumento di quel dono per gli altri.
Dobbiamo incoraggiarci e sostenerci a vicenda. E questo significa non chiuderci nel proprio recinto, ma aprirsi a tutti, anche a quelli che non la pensano come noi. È essere attenti alle sofferenze altrui per portare, come il cireneo, la croce con chi fa più fatica, aiutandoci reciprocamente ad affrontare con coraggio ogni difficoltà. Dimostriamo così che siamo pronti a dare la vita, che siamo insieme nella gioia e nel dolore: "Da questo infatti riconosceranno che siete miei discepoli…". Nell'amore reciproco possiamo esser come Lui e con Lui, testimoni della presenza di Dio nelle vicende della storia anche nei nostri giorni.
Essere servitori del prossimo è andare oltre il dovere e fare tutto ciò che l'amore ci suggerisce. E questo farlo con umiltà, senza causare imbarazzo all'altra persona per il fatto di metterci in una posizione di superiorità, non agendo per interesse aspettandoci dei vantaggi, ma mossi soltanto dal desiderio di amare e servire. Come Gesù che è venuto per servire e non per farsi servire.
Per amare con il cuore di Dio, occorre aprigli il nostro cuore e lasciare che Lui ne prenda possesso. Ma per lasciasi guidare da Lui occorre far tacere tutto in noi per scoprire in noi la Voce dello Spirito. E bisogna estrarre questa Voce come si toglie un diamante dal fango: ripulirla, metterla in mostra e donarla a tempo opportuno, perché è Amore e l'Amore va dato: è come il Fuoco che, comunicato con paglia o altro, arde, altrimenti si spegne.

venerdì 23 novembre 2018

Un regno fuori del mondo che dà senso al mondo


34a domenica del Tempo Ordinario (B)
Daniele 7,13-14 • Salmo 92 • Apocalisse 1,5-8 • Giovanni 18,33-37
(Visualizza i brani delle Letture)

Appunti per l'omelia

A conclusione dell'anno liturgico, memoria della storia di Gesù in cui prende senso la storia umana, celebriamo Gesù come "re" dell'universo, sintesi di tutto il cammino dell'umanità.
Le letture illustrano alcuni aspetti della regalità di Gesù, con caratteristiche tutte proprie e singolari.

Il mio regno non è di questo mondo
Il regno di Gesù, che si richiama al "regno di Dio" (Il regno di Dio è vicino, convertitevi e credete al Vangelo), non è un regno politico e civile, come Pilato poteva pensare e temere. Non ha eserciti, se non uno stuolo di "discepoli".
Si può ricollegare all'espressione della seconda lettura «Ha fatto di noi un regno di sacerdoti». I membri di questo regno non sono né soldati, né schiavi, né sudditi ma sacerdoti, chiamati a trasformare la loro vita in un atto continuato di lode al Padre e di servizio ai fratelli. Da riscoprire, in questa luce, l'espressione della seconda preghiera eucaristica: «Ti ringraziamo per averci ammessi alla tua presenza a compiere il nostro servizio sacerdotale».
Gesù non cerca sudditi rassegnati, ma amici e discepoli che condividono la sua causa.

Tu lo dici: io sono re
Gesù precisa lo stile della sua regalità: non uccide nessuno, va lui a morire; non comanda sugli altri, per primo obbedisce al Padre; non si allea con i grandi, si mette dalla parte degli umili. Per lui, grande è colui che serve: «Se io, il Signore e Maestro, vi ho lavato i piedi, anche voi dovete lavarvi i piedi gli uni gli altri».
La seconda lettura definisce Gesù "il testimone fedele": con la sua parola, con la sua vita e la sua morte ha rivelato e testimoniato Dio come Padre, come Amore. La sudditanza richiede l'ossequio e il timore, mentre l'amore scaccia la paura.

Per rendere testimonianza alla verità
La verità, nel vangelo di Giovanni, è la rivelazione definitiva dell'amore di Dio per gli uomini che Gesù porta e si identifica con lui: «Io sono la verità». In questo senso verità è colui del quale ci si può fidare.
Ne discende lo stile di vita del discepolo, espresso in diversi modi di dire: fare la verità, camminare nella verità, lo spirito della verità, la verità vi farà liberi. Tutti sottolineano che solo chi conduce una vita conforme al Vangelo è come Gesù, vero e libero: «Chi ascolta la mia parola conoscerà la verità, e la verità vi farà liberi!».
La seconda lettura definisce ancora Gesù "colui che ci ama", "colui che ci ha liberati dai nostri peccati". È un re che non vive per sé, ma per "testimoniare" una realtà che è vita per i "suoi".
È un incredibile gesto d'amore, che si rinnova in ogni eucaristia: «Questo è il mio sangue, versato per voi e per tutti per la remissione dei peccati».
Sulla croce Pilato farà inchiodare la scritta INRI, Gesù Nazareno re dei Giudei: attraverso la croce Gesù diventa il re messianico e tale avvenimento deve essere annunciato a tutto il mondo (la scritta è in tre lingue: ebraico, greco e latino).

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Vedi anche:

Parola-sintesi proposta (breve commento e una testimonianza):
Tu lo dici: io sono re (Gv 18,37)
(vai al testo…)

PDF formato A4, stampa f/r per A5:


Parola-sintesi proposta a suo tempo pubblicata:
 Sono venuto… per dare testimonianza alla verità (Gv 18,37) - (22/11/2015)
(vai al testo…)
 Il mio regno non è di questo mondo (Gv 18,36) - (25/11/2012)
(vai al testo…)
 La santità si addice alla tua casa (Sal 92,5) - (20/11/2009)
(vai al post "Quale regno…")

Vedi anche i post Appunti per l'omelia:
  La regalità di Cristo, pienezza di umanità (20/11/2015)
  Il vero Re, colui che serve e muore per amore (23/11/2012)

Commenti alla Parola:
  di L'Amicizia presbiterale "Santi Basilio e Gregorio" (VP 10.2018)
  di Luigi Vari (VP 9.2015)
  di Marinella Perroni (VP 9.2012)
  di Claudio Arletti (VP 9.2009)
  di Enzo Bianchi
  di Lectio divina: Abbazia Santa Maria di Pulsano

(Illustrazione di Honoré Daumier, "Ecce homo")