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venerdì 11 aprile 2014

Vegliare e soffrire con Lui


Domenica delle Palme (A)

Appunti per l'omelia

Dopo l'entusiasmo osannante dell'entrata di Gesù a Gerusalemme, la liturgia di questa domenica ci introduce nella contemplazione della passione del Signore secondo Matteo. L'evangelista è particolarmente attento a sottolineare che nella passione di Gesù si compie il disegno di Dio annunciato dalle Scritture (cf Is 50,4-7), che possiamo pure contemplare nel grandioso inno paolino (cf Fil 2,6-11), dove troviamo presentata la passione inseparabile con la glorificazione di Gesù da parte del Padre.
Guardando al racconto di Matteo possiamo soffermarci su due momenti estremamente significativi, che si corrispondono: la preghiera di Gesù nell'orto degli Ulivi ed il suo grido desolato sulla croce.
Matteo descrive anzitutto la "passione interiore" di Gesù. Schiacciato dall'angoscia e da una tristezza mortale, Gesù la confida al Padre nel suo dialogo solitario con Lui, mentre i discepoli dormono: «Padre mio, se è possibile, passi via da me questo calice!...»; manifestando la consapevolezza del proprio rapporto filiale con Lui. Se Dio è suo padre, perché non lo sottrae alla prova? Ma subito scatta la fiducia e l'abbandono senza riserve:«Però non come voglio io, ma come vuoi tu!».
Nella preghiera Gesù trova la forza per superare la tentazione, rimanendo fedele a Dio e accettando la Passione. Si rivela, così, veramente Figlio di Dio, a Lui perfettamente unito nell'amore.
Anche a me Gesù chiede di ripetere con Lui al Padre, in ogni circostanza fosse pure drammatica: "Si compia la tua volontà... ciò che tu vuoi anch'io lo voglio!".
L'agonia di Gesù continua nella storia della Chiesa, nella storia dell'umanità sofferente, nella storia di milioni di uomini terribilmente provati nel corpo e nello spirito. In ciascuno di essi Gesù continua a implorare la nostra attenzione, continua a ripeterci nel tentativo di scuoterci dal sonno: «Restate qui e vegliate con me... Non siete capaci di vegliare con me una sola ora?».
«Vegliate con me». Vegliare è essere in comunione con Cristo, è condividere la sua stessa esperienza di vita. È difficile cancellare dal nostro animo la scena di Gesù che, in preda a indicibile angoscia, va mendicando un po' di compagnia per la sua solitudine. E gli amici gli hanno negato la loro presenza… non lo hanno capito, non hanno capito il dramma che stava vivendo. Gli amici dormivano...
Quante volte Gesù ci passa accanto implorando un gesto di attenzione, di solidarietà, di amicizia!. È un nostro fratello povero, bisognoso soprattutto di affetto... È sempre Lui, Gesù, e noi... restiamo insensibili, continuiamo a dormire?
«Dio mio, Dio mio, perché mi hai abbandonato?». Queste parole, le uniche che Matteo pone sulle labbra di Gesù morente, esprimono una desolazione estrema: l'isolamento di Gesù è totale, la sua solitudine è senza misura. Anche il Padre tace e pare abbandonarlo completamente, ritirando la sua presenza. Di più, Gesù vive il dramma unico del "figlio" che si sente abbandonato da colui che egli considerava e chiamava il suo "Abba", papà: la sua morte è vista, allora, come la rovina e il fallimento della "causa" stessa di Dio. Ma la ragione ultima espressa nel grido di Gesù è da ricercarsi nella sua scelta di spingere la sua solidarietà con gli uomini peccatori fino alle estreme conseguenze. Fino al punto, cioè, di sperimentare, di assaporare l'abisso della lontananza da Dio in cui si trovano gli uomini che sono preda del peccato.
Ma, come ha scritto Giovanni Paolo II nella Novo millennio ineunte, «mentre si identifica col nostro peccato, "abbandonato" dal Padre, Egli "si abbandona" nelle mani del Padre» (NMI 26). Così Gesù, gridando sulla croce, fa suo il grido di tutti i poveri, sofferenti, oppressi della storia. Fa suo il grido dell'umanità infelice e lo lancia verso Dio. Non un grido di disperazione, ma di sconfinata fiducia. «Il grido di Gesù sulla croce non tradisce l'angoscia di un disperato, ma la preghiera del Figlio che offre la sua vita al Padre nell'amore, per la salvezza di tutti» (NMI 26).
Gesù in croce appare come il Povero per eccellenza, il quale riassume in sé tutto il dolore che, dall'ingresso del peccato nel mondo, ha travagliato l'umanità.
Sulla croce c'è il Dolore, ma guardando il Crocifisso, vi scopriamo paradossalmente l'altra faccia della stessa realtà, l'estremo dell'Amore.



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Vedi anche:

Parola-sintesi proposta (breve commento e una testimonianza):
Padre, si compia la tua volontà (Mt 26,42)
(vai al testo) - (pdf, formato A5/A4c)

Commenti alla Parola:
  di Gianni Cavagnoli (VP 2014)
  di Marinella Perroni (VP 2011)
  di Enzo Bianchi



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