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venerdì 2 marzo 2012

Il dolore trasformato in amore



2a domenica di Quaresima (B)

Appunti per l'omelia

"Gesù prese con sé Pietro, Giacomo e Giovanni e li condusse su un alto monte, in disparte, loro soli. Fu trasfigurato davanti a loro… E apparve loro Elia con Mosè e conversavano con Gesù" (Mc 9,2.4).
In questa domenica, seconda di Quaresima, siamo introdotti in un altro luogo solitario: dal deserto di domenica scorsa, in cui abbiamo incontrato Gesù tentato da satana e servito dagli angeli, a questo alto monte, dove, "in disparte", il Maestro si manifesta ai tre discepoli, "loro soli".
Il mistero della Trasfigurazione sul monte (mistero prettamente pasquale, quasi una rilettura dell'esperienza fatta dai discepoli dopo la risurrezione di Gesù) ci rivela che senza la crocifissione e lo scandalo della croce non ci sarà vita nuova né trasfigurazione né la luce della Pasqua potrà sconfiggere le tenebre che avvolgono il mondo.
Lo straordinario gesto di Abramo, che è disposto a sacrificare il proprio figlio Isacco (cf Gen 22,1 ss), è solo una tenue prefigurazione di ciò che accadrà col sacrificio da parte di Dio del suo unico Figlio - "Egli lo ha consegnato per tutti noi" (Rm 8,32) -, che, per attutire in un cero senso lo sgomento e lo smarrimento della morte in croce, rivela il suo vero volto sul monte.
Estremo atto di amore di un Dio, dove il Figlio amato è l'espressione massima del dono di sé; icona e sacramento di ogni espressione di amore fatta dai discepoli nello Spirito. "Noi sappiamo che siamo passati dalla morte alla vita, perché amiamo i fratelli. Chi non ama rimane nella morte", ci ricorderà l'evangelista Giovanni (1Gv 3,14).
"Per riportare all'uomo il volto del Padre, Gesù ha dovuto non soltanto assumere il volto dell'uomo, ma caricarsi persino del volto del peccato. «Colui che non aveva conosciuto peccato, Dio lo trattò da peccato in nostro favore, perché noi potessimo diventare per mezzo di lui giustizia di Dio» (2Cor 5,21). Non finiremo mai di indagare l'abisso di questo mistero. È tutta l'asprezza di questo paradosso che emerge nel grido di dolore, apparentemente disperato, che Gesù leva sulla croce: «Dio mio, Dio mio, perché mi hai abbandonato?» (Mc 15, 34). È possibile immaginare uno strazio più grande, un'oscurità più densa?" (Giovanni Paolo II, Novo millennio ineunte 25).

Tuttavia, la manifestazione del Verbo di Dio rimane incompleta ed incomprensibile senza tutta la Scrittura, dove Mosè ed Elia, nell'incontro con Gesù e nel loro conversare su quanto succederà da lì a poco, trovano unità nel mistero della morte sul Golgota: Volto sfigurato nella Passione, Volto trasfigurato nella Risurrezione; unico volto del Figlio di Dio, unico amore divino, unico dono totale di sé, dove il dolore ne è l'espressione umana. Nella vita dell'Uomo-Dio trova risposta ogni interrogativo dell'uomo: è l'ascolto della Parola che ci permette, adombrati dallo Spirito, di partecipare al mistero del Figlio amato e di comprendere cosa voglia effettivamente dire "risorgere dai morti".



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Vedi anche:

Parola-sintesi proposta (breve commento e una testimonianza):
Fu trasfigurato davanti a loro (Mc 9,2)
(vai al testo) - (pdf, formato A5)

Commenti alla Parola:
di Marinella Perroni (VP 2012)
di Claudio Arletti (VP 2009)
di Enzo Bianchi



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