Questo Blog continua nella nuova versione
venuto per servire
(clicca qui per entrare)


venerdì 31 marzo 2017

Riconsegnato alla vita dall'amore, dalle lacrime di Dio


5a domenica di Quaresima (A)
Ezechiele 37,12-14 • Salmo 129 • Romani 8,8-11 • Giovanni 11 ,1-45
(Visualizza i brani delle Letture)

Appunti per l'omelia

Un certo Lazzaro di Betania era malato…
Di Lazzaro sappiamo solo che era fratello di Marta e Maria e che Gesù era suo amico. Nella vita degli amici di Gesù irrompono la morte e il miracolo.

Se tu fossi stato qui mio fratello non sarebbe morto
Dolcemente, come si fa con chi amiamo, Marta rimprovera l'amico: va diritta al cuore di Gesù, e Gesù va diritto al cuore delle cose: Tuo fratello risorgerà.
E Marta: So che risorgerà nell'ultimo giorno. Ma quel giorno è così lontano dal mio desiderio e dal mio dolore.

Io sono la risurrezione e la vita
Marta parla al futuro: So che risorgerà, Gesù parla al presente: Io sono, e incide due parole tra le più importanti del Vangelo: Io sono la risurrezione e la vita.
Come alla samaritana è ancora a una donna che Gesù regala parole che sono al centro di tutta la fede: Io ci sono e sono la vita! Sono colui che adesso, qui, fa rinascere e ripartire da tutte le cadute, gli abbandoni.
Notiamo la successione delle due parole "Io sono la Risurrezione e la vita". Prima viene la Risurrezione, poi la vita, e non viceversa. Risurrezione è un'esperienza che interessa prima di tutto il nostro presente e non solo il nostro futuro.
A risorgere sono chiamati i vivi, noi, prima che i morti: a svegliarci e rialzarci da tutte le vite spente e immobili, addormentate e inutili; a fare cose che rimangano per sempre: Da morti che eravamo ci ha fatti rivivere con Cristo, con lui risuscitati (cf Ef 2,5-6).

Gesù si commosse profondamente e scoppiò in pianto
Dissero allora i Giudei: guarda come lo amava! Piange e le sue lacrime sono la sua dichiarazione d'amore a Lazzaro e alle sorelle. Dio piange e piange per me: sono io Lazzaro, io sono l'amico, malato e amato, che Gesù non accetta gli sia strappato via. Dalle lacrime di Dio impariamo il cuore di Dio!
Noi tutti risorgiamo perché Qualcuno ci ama, come accade a Lazzaro riconsegnato alla vita dall'amore fino alle lacrime di Gesù. Risorgiamo adesso, risorgeremo dopo la morte, perché amati.

Lazzaro, vieni fuori! Liberatelo e lasciatelo andare
Tre parole per risorgere, tre ordini che risuonano per me: esci, liberati e vai. Con passo libero e glorioso in un mondo abitato ormai dalla più alta speranza, perché Qualcuno è più forte della morte!

(spunti da Ermes Ronchi)

-------------
Vedi anche:

Parola-sintesi proposta (breve commento e una testimonianza):
Io sono la risurrezione e la vita (Gv 11,25)
(vai al testo…)

Vedi anche analoga Parola-sintesi a suo tempo pubblicata:
 Io sono la risurrezione e la vita (Gv 11,25) - (6/04/2014)
(vai al testo…)
Io sono la risurrezione e la vita (Gv 11,25) - (10/04/2011)
(vai al testo…)

Vedi anche il post Appunti per l'omelia:
  Colui che possiede la pienezza della Vita (04/04/2014)

Commenti alla Parola:
  di Cettina Militello (VP 3.2017)
  di Gianni Cavagnoli (VP 3.2014)
  di Marinella Perroni (VP 3.2011)
  di Enzo Bianchi

(Illustrazione di Stefano Pachì)

lunedì 27 marzo 2017

Custodi del servizio nella Chiesa


Papa Francesco nella sua visita pastorale a Milano, incontrando nel Duomo, lo scorso sabato 25 marzo, i sacerdoti, i diaconi e le persone consacrate, ha risposto a tre domande (di un sacerdote, di un diacono e di una religiosa).

Riporto le parole di Francesco alla domanda del diacono Roberto Crespi.

(Clicca qui per ascoltare)

Roberto Crespi, diacono permanente:
Santità, buongiorno. Sono Roberto, diacono permanente. Il diaconato è entrato nel nostro clero nel 1990 e attualmente siamo 143, non è un numero grande ma è un numero significativo. Siamo uomini che vivono pienamente la propria vocazione, quella matrimoniale o quella celibataria ma vivono anche pienamente il mondo del lavoro e della professione e portiamo quindi nel clero del mondo della famiglia e del mondo del lavoro, portiamo tutte quelle dimensioni della bellezza e dell'esperienza ma anche della fatica e qualche volta anche delle ferite. Le chiediamo allora: come diaconi permanenti qual è la nostra parte perché possiamo aiutare a delineare quel volto di Chiesa che è umile, che è disinteressata, che è beata, quella che sentiamo che è nel suo cuore e di cui spesso ci parla? La ringrazio dell'attenzione e le assicuro la nostra preghiera e insieme alla nostra quella delle nostre spose e delle nostre famiglie.


Papa Francesco:
Grazie. Voi diaconi avete molto da dare, molto da dare. Pensiamo al valore del discernimento. All'interno del presbiterio, voi potete essere una voce autorevole per mostrare la tensione che c'è tra il dovere e il volere, le tensioni che si vivono all'interno della vita familiare – voi avete una suocera, per dire un esempio! –. Come pure le benedizioni che si vivono all'interno della vita familiare.

Ma dobbiamo stare attenti a non vedere i diaconi come mezzi preti e mezzi laici. Questo è un pericolo. Alla fine non stanno né di qua né di là. No, questo non si deve fare, è un pericolo. Guardarli così ci fa male e fa male a loro. Questo modo di considerarli toglie forza al carisma proprio del diaconato. Su questo voglio tornare: il carisma proprio del diaconato. E questo carisma è nella vita della Chiesa. E nemmeno va bene l'immagine del diacono come una specie di intermediario tra i fedeli e i pastori. Né a metà strada fra i preti e i laici, né a metà strada fra i pastori e i fedeli. E ci sono due tentazioni. C'è il pericolo del clericalismo: il diacono che è troppo clericale. No, no, questo non va. Io alcune volte vedo qualcuno quando assiste alla liturgia: sembra quasi di voler prendere il posto del prete. Il clericalismo, guardatevi dal clericalismo. E l'altra tentazione, il funzionalismo: è un aiuto che ha il prete per questo o per quello…; è un ragazzo per svolgere certi compiti e non per altre cose… No. Voi avete un carisma chiaro nella Chiesa e dovete costruirlo.

Il diaconato è una vocazione specifica, una vocazione familiare che richiama il servizio. A me piace tanto quando [negli Atti degli Apostoli] i primi cristiani ellenisti sono andati dagli apostoli a lamentarsi perché le loro vedove e i loro orfani non erano ben assistiti, e hanno fatto quella riunione, quel "sinodo" tra gli apostoli e i discepoli, e hanno "inventato" i diaconi per servire. E questo è molto interessante anche per noi vescovi, perché quelli erano tutti vescovi, quelli che hanno "fatto" i diaconi. E che cosa ci dice? Che i diaconi siano i servitori. Poi hanno capito che, in quel caso, era per assistere le vedove e gli orfani; ma servire. E a noi vescovi: la preghiera e l'annuncio della Parola; e questo ci fa vedere qual è il carisma più importante di un vescovo: pregare. Qual è il compito di un vescovo, il primo compito? La preghiera. Secondo compito: annunciare la Parola. Ma si vede bene la differenza. E a voi [diaconi]: il servizio. Questa parola è la chiave per capire il vostro carisma. Il servizio come uno dei doni caratteristici del popolo di Dio. Il diacono è – per così dire – il custode del servizio nella Chiesa. Ogni parola dev'essere ben misurata. Voi siete i custodi del servizio nella Chiesa: il servizio alla Parola, il servizio all'Altare, il servizio ai Poveri. E la vostra missione, la missione del diacono, e il suo contributo consistono in questo: nel ricordare a tutti noi che la fede, nelle sue diverse espressioni – la liturgia comunitaria, la preghiera personale, le diverse forme di carità – e nei suoi vari stati di vita – laicale, clericale, familiare – possiede un'essenziale dimensione di servizio. Il servizio a Dio e ai fratelli. E quanta strada c'è da fare in questo senso! Voi siete i custodi del servizio nella Chiesa.

In ciò consiste il valore dei carismi nella Chiesa, che sono un ricordo e un dono per aiutare tutto il popolo di Dio a non perdere la prospettiva e le ricchezze dell'agire di Dio. Voi non siete mezzi preti e mezzi laici – questo sarebbe "funzionalizzare" il diaconato –, siete sacramento del servizio a Dio e ai fratelli. E da questa parola "servizio" deriva tutto lo sviluppo del vostro lavoro, della vostra vocazione, del vostro essere nella Chiesa. Una vocazione che come tutte le vocazioni non è solamente individuale, ma vissuta all'interno della famiglia e con la famiglia; all'interno del Popolo di Dio e con il Popolo di Dio.

In sintesi:
- non c'è servizio all'altare, non c'è liturgia che non si apra al servizio dei poveri, e non c'è servizio dei poveri che non conduca alla liturgia;
- non c'è vocazione ecclesiale che non sia familiare.

Questo ci aiuta a rivalutare il diaconato come vocazione ecclesiale.

Infine, oggi sembra che tutto debba "servirci", come se tutto fosse finalizzato all'individuo: la preghiera "mi serve", la comunità "mi serve", la carità "mi serve". Questo è un dato della nostra cultura. Voi siete il dono che lo Spirito ci fa per vedere che la strada giusta va al contrario: nella preghiera servo, nella comunità servo, con la solidarietà servo Dio e il prossimo. E che Dio vi doni la grazia di crescere in questo carisma di custodire il servizio nella Chiesa. Grazie per quello che fate.

venerdì 24 marzo 2017

Noi siamo fatti per la luce!


4a domenica di Quaresima (A)
1 Samuele 16,1b.4.6-7.10-13 • Salmo 22 • Efesini 5,8-14 • Giovanni 9,1-41
(Visualizza i brani delle Letture)

Appunti per l'omelia

Gesù passando vide un uomo cieco dalla nascita
Il protagonista di oggi è l'ultimo della città, un mendicante cieco, uno che non ha nulla, nulla da dare a nessuno. E Gesù si ferma per lui. Perché il primo sguardo di Gesù sull'uomo si posa sempre sulla sua sofferenza; lui non giudica, si avvicina.

Finché io sono nel mondo sono la luce del mondo…
Una carezza di luce sul cieco. Gesù tocca e illumina gli occhi di un mendicante che ci rappresenta tutti.
Una carezza di luce che diventa carezza di libertà. Chi non vede deve appoggiarsi ad altri, a muri, a un bastone, ai genitori, a farisei. Chi vede cammina sicuro, senza dipendere da altri, libero. Come questo cieco che guarito diventa forte, non ha più paura, tiene testa ai sapienti, bada ai fatti concreti e non alle parole. Si nutre di luce e osa. Libero.
Una carezza di libertà che diventa carezza di gioia. Perché vedere è godere i volti, la bellezza, i colori. La luce è un tocco di allegria che si posa sulle cose. Così la fede, che è visione nuova delle cose, crea uno sguardo lucente che porta luce là dove si posa: «Voi siete luce nel Signore» (Ef 5,8).

I vicini e quelli che lo avevano visto mendicare dicevano…
La gente che pur conosceva il cieco, dopo l'incontro con Gesù non lo riconosce più: "È lui; no, non è lui". Che cosa è cambiato? Non certo la sua fisionomia esterna. Quando incontri Gesù diventi un'altra persona. Cambia quello che desideri, acquisti uno sguardo nuovo sulla vita, sulle persone e sul mondo. Vedi più a fondo, più lontano, si aprono gli occhi del cuore.
Lo condussero allora dai farisei: da miracolato a imputato!

I farisei gli chiesero come aveva acquistato la vista…
I farisei, quelli che sanno tutte le regole, non provano gioia per gli occhi nuovi del cieco perché a loro interessa la Legge e non la felicità dell'uomo: mai miracoli di sabato! Non capiscono che Dio preferisce la felicità dei suoi figli alla fedeltà alla legge, che parla il linguaggio della gioia e per questo seduce ancora.
Funzionari delle regole e analfabeti del cuore.
Mettono Dio contro l'uomo ed è il peggio che possa capitare alla nostra fede. Dicono: "I poveri restino pure poveri, i mendicanti continuino a mendicare, i ciechi si accontentino, purché si osservi il sabato!".
Il fariseo ripete: Gloria di Dio è il precetto osservato! E invece no: Gloria di Dio è un mendicante che si alza, un uomo che torna felice a vedere. E il suo sguardo luminoso che passa splendendo per un istante dà lode a Dio più di tutti i sabati!
Ed è una dura lezione: i farisei mostrano che si può essere credenti senza essere buoni; che si può essere uomini di chiesa e non avere pietà; è possibile "operare" in nome di Dio e andare contro Dio. Amministratori del sacro e analfabeti del cuore.

Sei nato tutto nei peccati e insegni a noi?
Nelle parole dei farisei il termine che ricorre più spesso è "peccato": "Sappiamo che sei peccatore; sei nato tutto nei peccati; se uno è peccatore non può fare queste cose"; anche i discepoli avevano chiesto: "Chi ha peccato? Lui o i suoi genitori?".
Il peccato è innalzato a teoria che spiega il mondo, che interpreta l'uomo e Dio.
Gesù non ci sta: "Né lui ha peccato, né i suoi genitori". Si allontana subito, immediatamente, con la prima parola, da questa visione per dichiarare come essa renda ciechi su Dio e sugli uomini. Parlerà del peccato solo per dire che è perdonato, cancellato.
Il peccato non spiega Dio.
Dio è compassione, futuro, approccio ardente, mano viva che tocca il cuore e lo apre, amore che fa nascere e ripartire la vita, che porta luce.

E il tuo cuore ti dirà che tu sei fatto per la luce!

(spunti da Ermes Ronchi)

-------------
Vedi anche:

Parola-sintesi proposta (breve commento e una testimonianza):
Finché sono nel mondo, sono la luce del mondo (Gv 9,5)
(vai al testo…)

Vedi anche analoga Parola-sintesi a suo tempo pubblicata:
 Io sono la luce del mondo (Gv 9,5) - (30/03/2014)
(vai al testo…)
 Io sono la luce del mondo (Gv 9,5) - (3/04/2011)
(vai al testo…)

Vedi anche il post Appunti per l'omelia:
  L'incontro che "illumina" l'esistenza (28/03/2014)

Commenti alla Parola:
  di Cettina Militello (VP 2.2017)
  di Gianni Cavagnoli (VP 2.2014)
  di Marinella Perroni (VP 3.2011)
  di Enzo Bianchi

(Illustrazione di Stefano Pachì)

venerdì 17 marzo 2017

Come Gesù, diventare sorgente e diffondere speranza


3a domenica di Quaresima (A)
Esodo 17,3-7 • Salmo 94 • Romani 5,1-2.5-8 • Giovanni 4,5-42
(Visualizza i brani delle Letture)

Appunti per l'omelia

Gesù giunse in una città della Samaria…
Gesù attraversa il paese dei samaritani, forestiero in mezzo a gente d'altra tradizione e religione, e il suo agire è già messaggio: incontra, parla e ascolta, chiede e offre, instaura un dialogo vero. In questo suo andare libero e fecondo fra gli stranieri, Gesù è maestro di umanità. Lo è con il suo abbattere barriere: la barriera tra uomo e donna, tra la gente del luogo e i forestieri, tra religione e religione.

Le dice Gesù: «Dammi da bere»…
Gesù è maestro, fa nascere un incontro e un dialogo là dove sembrava impossibile, e questo a partire dalla sua povertà: «Ho sete… dammi da bere…». Ha sete della nostra sete, desiderio del nostro desiderio. Gesù è maestro anche perché ci insegna a dare: non con la superiorità di chi ha tutto, ma con l'umiltà di chi sa che può molto ricevere da ogni persona. Per questo è maestro: nell'incontro con la samaritana fa nascere una donna nuova.

«Va' a chiamare tuo marito e ritorna qui»
Gesù, quando parla con le donne, va diritto al cuore, conosce il loro linguaggio, quello del sentimento, del desiderio, della ricerca di ragioni forti per vivere: «Vai a chiamare colui che ami». Perché l'amore è la porta di Dio, ed è Dio in ciascuno.
Gesù non giudica la samaritana per i mariti che ha avuto, non la umilia, anzi… Non esige che si metta in regola prima di affidarle l'acqua viva, non pretende di decidere il suo futuro. È il Messia di suprema delicatezza, di suprema umanità, che incarna il volto bellissimo di Dio.

«L'acqua che io darò zampilla per la vita eterna…»
Gesù raggiunge la sete profonda di quella donna offrendo un «di più» di bellezza, di bontà, di vita, di primavera: "Ti darò un'acqua che diventa sorgente che zampilla".
L'acqua è vita, energia di vita, grazia che io ricevo quando mi metto in relazione con la Fonte inesauribile della vita. Gesù dona alla samaritana di ricongiungersi alla sua sorgente e di diventare lei stessa sorgente.
Un'immagine bellissima: un'acqua che tracima, dilaga, che va, un torrente che è ben più di ciò che serve alla sete. La sorgente non è possesso, è fecondità!

La donna lasciò la sua brocca e andò in città…
La samaritana abbandona la brocca, corre in città, ferma tutti per strada, testimonia, profetizza, contagia… e intorno a lei nasce la prima comunità di discepoli stranieri.
La donna di Samaria capisce che non placherà la sua sete bevendo a sazietà, ma placando la sete d'altri; che si illuminerà illuminando altri, che riceverà gioia donando gioia.

Diventare sorgente, bellissimo progetto di vita per ciascuno: far sgorgare e diffondere speranza, accoglienza, amore. A partire da me, ma non per me.

(spunti da Ermes Ronchi)

-------------
Vedi anche:

Parola-sintesi proposta (breve commento e una testimonianza):
Se tu conoscessi il dono di Dio... (Gv 4,10)
(vai al testo…)

Vedi anche analoga Parola-sintesi a suo tempo pubblicata:
 Egli ti avrebbe dato acqua viva (Gv 4,10) - (23/03/2014)
(vai al testo…)
 Egli ti avrebbe dato acqua viva (Gv 4,10) - (27/03/2011)
(vai al testo…)

Vedi anche il post Appunti per l'omelia:
  Il dono di Dio, acqua viva che zampilla per la Vita (21/03/2014)

Commenti alla Parola:
  di Cettina Militello (VP 2.2017)
  di Gianni Cavagnoli (VP 2.2014)
  di Marinella Perroni (VP 3.2011)
  di Enzo Bianchi

(Illustrazione di Stefano Pachì)

mercoledì 15 marzo 2017

Quaresima 2017:
 La Parola è un dono. L'altro è un dono [6]


Concludo questa mia riflessione sul Messaggio di papa Francesco per la Quaresima di quest'anno: «La Parola è un dono. L'altro è un dono».

«Il Vangelo del ricco e del povero Lazzaro ci aiuta a prepararci bene alla Pasqua che si avvicina». Ci ricorda che anche noi siamo destinati a "diventare polvere", che anche noi moriremo. Ma, lo sappiamo, la Pasqua è "passaggio" dalla morte alla vita. Quella vita che si realizzerà pienamente nell'aldilà, ma che fin d'ora, per la risurrezione di Gesù, ci ha avvolti e ci conduce.
Ritornando alla parabola, anche «il ricco e il povero muoiono e la parte principale della parabola si svolge nell'aldilà», dove i personaggi "non hanno portato nulla nel mondo e nulla possono portar via" (cf 1Tm 6,7). Così anche noi.
Nell'aldilà il ricco prende coscienza delle differenza, ma è troppo tardi: «nell'aldilà si ristabilisce una certa equità e i mali della vita vengono bilanciati dal bene».
Ma è nella vita "di qua" che prepariamo la vita "di là"!
Il messaggio della parabola è chiaro: non fatti strabilianti, ma ascolto assiduo, costante e sincero della Parola di Dio: «Se non ascoltano Mosè e i profeti, non saranno persuasi neanche se uno risorgesse dai morti».
La Parola accolta e resa "viva" nella nostra vita quotidiana è presenza operante creatrice di Dio. Dio, infatti, ci ha "rigenerati non da un seme corruttibile ma incorruttibile, per mezzo della Parola viva ed eterna" (cf 1Pt 1,23).
Purtroppo, non accogliere la Parola è, come per il ricco della parabola, «il vero problema». «La radice dei suoi mali è il non prestare ascolto alla Parola di Dio; questo lo ha portato a non amare più Dio e quindi a disprezzare il prossimo.
La Parola di Dio è una forza viva, capace di suscitare la conversione nel cuore degli uomini e di orientare nuovamente la persona a Dio. Chiudere il cuore al dono di Dio che parla ha come conseguenza il chiudere il cuore al dono del fratello».
La Quaresima è, sotto la guida dello «Spirito Santo», «compiere un vero cammino di conversione, per riscoprire il dono della Parola di Dio, essere purificati dal peccato che ci acceca e servire Cristo presente nei fratelli bisognosi».
È «aprire le nostre porte al debole e al povero».
È «vivere e testimoniare in pienezza la gioia della Pasqua».

martedì 14 marzo 2017

Grazie, Chiara!




Nove anni fa Chiara Lubich concludeva la sua vita terrena.

Rimando a quanto ho scritto in quella occasione, col cuore colmo di gratitudine.



lunedì 13 marzo 2017

Quaresima 2017:
 La Parola è un dono. L'altro è un dono [5]


Riprendo il Messaggio di papa Francesco per la Quaresima di quest'anno per poter mettere a fuoco meglio il mio cammino di totale adesione alla sequela di Gesù.

«La Parola di Dio ci aiuta ad aprire gli occhi per accogliere la vita e amarla, soprattutto quando è debole». Ma perché la Parola ci illumini e ci riscaldi il cuore, occorre farla propria in modo che entri nella nostra vita e sia criterio unico di discernimento: "Lampada per i miei passi è la tua parola, luce sul mio cammino" (Sal 118,105).
La Parola genera Cristo in noi… Ci fa "vedere"…
Vedere anche le contraddizioni della nostra vita, della vita di chi ha messo la ricchezza quale "motore" della propria esistenza, servitore di un dio che ci condiziona e ci toglie la libertà interiore, dandoci l'illusione che il denaro rende liberi, perché indipendenti e quindi potenti.
Ma la figura del ricco della parabola, è un «personaggio che, al contrario del povero Lazzaro, non ha un nome, è qualificato solo come "ricco". La sua opulenza si manifesta negli abiti che indossa, di un lusso esagerato». «La ricchezza di quest'uomo è eccessiva… esibita ogni giorno, in modo abitudinario: "Ogni giorno si dava a lauti banchetti". In lui si intravede drammaticamente la corruzione del peccato, che si realizza in tre momenti successivi: l'amore per il denaro, la vanità e la superbia».
«L'avidità del denaro - dice san Paolo (1Tm 6,10) - è la radice di tutti i mali. È il principale motivo della corruzione e fonte di invidie, litigi e sospetti».
Il denaro come possesso, divide; mentre se diventa possibilità di condivisione, unisce e crea comunione.
«Il denaro può arrivare a dominarci, così da diventare un idolo tirannico. Invece di essere uno strumento al nostro servizio per compiere il bene ed esercitare la solidarietà con gli altri, il denaro può asservire noi e il mondo intero ad una logica egoistica che non lascia spazio all'amore e ostacola la pace». Il denaro è un dio che ci rende schiavi, che rende la nostra vita «prigioniera dell'esteriorità, della dimensione più superficiale ed effimera dell'esistenza», mascherando «il vuoto interiore».
«L'uomo ricco simula il portamento di un dio, dimenticando di essere semplicemente un mortale». Perché al centro di tutto è «il proprio io», dimostrando con la sua «superbia», il proprio «degrado morale».
«Il frutto dell'attaccamento al denaro è dunque una sorta di cecità: il ricco non vede il povero affamato, piagato e prostrato nella sua umiliazione», «le persone che lo circondano non entrano nel suo sguardo».
Forte è il monito di Gesù, che non lascia ombra di dubbio (per tutti, credenti e non): "Non potete servire Dio e la ricchezza; nessuno può servire a due padroni" (cf Mt 6,24)!

(Illustrazione di Odo Tinteri)

domenica 12 marzo 2017

Convegno – Cefalù 2017


Comunità del Diaconato in Italia

XXVI Convegno Nazionale
Cefalù, 2-5 Agosto 2017



Diaconi educati all'accoglienza
e al servizio dei malati


Accogliere Dio ed accogliere e servire l'altro è un unico gesto


Vai al dépliant (con programma)
Vai alla Scheda di Prenotazione

____________________


PRESENTAZIONE

L'incontro che la Comunità del diaconato in Italia tiene ogni due anni avrà per tema:

DIACONI EDUCATI ALL'ACCOGLIENZA E AL SERVIZIO DEI MALATI

La tematica si inserisce nel cammino che la Comunità ha scelto per l'approfondimento e la riflessione in riferimento al servizio e all'accoglienza che i diaconi devono svolgere nel loro impegno ministeriale.


SEDE DEL CONVEGNO
TORRE NORMANNA
Strada Comunale Torre Normanna - Altavilla Milicia (PA)
Reception HOTEL TORRE NORMANNA
Tel.: 091.950800 - Fax 091.950132
e-mail: normanna@torrenormanna.com


Come arrivare
Aereo: Aeroporto Falcone e Borsellino di Palermo (40 Km) è previsto un servizio di navetta
Treno: Stazione ferroviaria di Palermo (20 Km) o Termini Imerese (5 Km)
Auto: Autostrada: da Messina o Catania (A20/A19) uscita Altavilla Milicia o Trabia (1 Km)
Nave: Porto di Palermo, strada litoranea o autostrada (20 Km)

Interverranno al Convegno:

Mons. Arturo AIELLO, Delegato per il diaconato Commissione episcopale Clero e Vita Consacrata, Vescovo di Teano
Don Calogero CERAMI, Direttore del Centro "Madre del Buon Pastore" della Conferenza episcopale siciliana (CESI)
Don Carmine ARICE, Direttore Ufficio Nazionale per la pastorale della salute della CEI
Dott. Enzo PETROLINO, Presidente Comunità del diaconato in Italia
Prof. P. Giulio MICHELINI ofm, Docente di teologia biblica, Responsabile diocesi di Perugia della formazione dei candidati al diaconato
Mons. Gianluigi RUZZA, Vescovo Ausiliare della Diocesi di Roma, Delegato per il diaconato
Prof.ssa Cettina MILITELLO, Direttrice Cattedra "Donna e Cristianesimo", Pontificia Facoltà Marianum
Card. Francesco MONTENEGRO, Arcivescovo di Agrigento, Presidente della Commissione episcopale per il servizio della carità e la salute, Presidente di Caritas Italiana
Lectio di don Giuseppe BELLIA


NORME DI PARTECIPAZIONE

Il Convegno è aperto a tutti: presbiteri, diaconi e candidati, religiosi e laici.

• Iscrizione: la quota di iscrizione è fissata in 40,00 euro (ad esclusione delle mogli e dei figli) e dovrà essere versata alla COMUNITÀ DEL DIACONATO IN ITALIA con versamento c/c postale: 14284426
o bonifico bancario: IBAN IT65C0335901600100000014951
indicando come causale del versamento "Convegno Diaconi 2-5 Agosto 2017".

- I non residenti potranno iscriversi direttamente il giorno di inizio del Convegno presso la segreteria.
- La quota per alloggio (non divisibile per l'intera durata del Convegno dalla cena di Mercoledì 2 agosto al pranzo di Sabato 5 agosto, comprese bevande), è fissata:

In camera doppia (a persona)   € 230,00
In camera singola                      € 260,00

Riduzioni:
3° e 4° letto:
:
- bambini fino a 3 anni gratuiti
- bambini da 4 a 12 anni compiuti - 50%

• Le relative richieste devono essere inoltrate compilando ed inviando la scheda di prenotazione versando come caparra di quota soggiorno 60,00 euro, indicando come causale del versamento "XXVI Convegno nazionale" entro il 30 Giugno. La scheda di adesione può essere compilata dal sito "http://www.comunitadiaconato.it/xxvi-convegno-nazionale-cefalu-2---5-agosto-2017.html " (scaricabile anche da questo post) e, assieme alla copia del versamento, inviata via e-mail a: diaconatoinitalia@libero.it
• Il saldo della quota di alloggio dovrà essere versato 14 giorni prima dell'inizio del Convegno con bonifico bancario o bollettino postale.
• Le richieste di alloggio saranno evase secondo l'ordine di arrivo, fino ad esaurimento dei posti disponibili.
• Coloro che, dopo aver prenotato l'alloggio, intendessero ritirarsi, dovranno disdire entro il 1° Luglio altrimenti perderanno l'importo della caparra.


Per informazioni:
Comunità del Diaconato in Italia
Tel.: +39 349 400 2311
e-mail: diaconatoinitalia@libero.it
www.comunitadiaconato.it

venerdì 10 marzo 2017

Un Dio che in Gesù fa risplendere tutta la nostra vita


2a domenica di Quaresima (A)
Genesi 12,1-4a • Salmo 32 • 2 Timoteo 1,8b-10 • Matteo 17,1-9
(Visualizza i brani delle Letture)

Appunti per l'omelia

Gesù prese con sé Pietro, Giacomo e Giovanni e li condusse in disparte su un alto monte
Dal deserto di pietre al monte di luce. Dalle tentazioni alla trasfigurazione. Il cammino di Cristo è quello di ogni discepolo, cammino ascendente e liberante: dal buio delle tentazioni attraversato fino alla luce di Dio. La luce di Dio: energia e bellezza. Per il corpo: sostiene la nostra vita fisica. Per la mente: sapienza che fa vedere e capire. Per il cuore, che rende capaci di amore soprannaturale.

E fu trasfigurato davanti a loro: il suo volto brillò come il sole e le sue vesti divennero candide come la luce
Come il sole, come la luce. Quante volte nella Sacra Scrittura Dio è descritto come Colui che sorge glorioso come un sole. Il sole chiama alla vita, a fiorire, a maturare, a dare frutto. Accende la bellezza dei colori e degli occhi. Come la pianta che cattura la luce del sole e la trasforma in vita, così noi, fili d'erba davanti a Dio, possiamo imbeverci, intriderci della sua luce e tradurla in amore che si esprime in calore umano, gioia, sapienza.
Gesù ha un volto di sole, perché ha un sole interiore, per dirci che Dio ha un cuore di luce. Ma quel volto di sole è anche il volto dell'uomo: ognuno ha dentro di sé un tesoro di luce, un sole interiore, che è la nostra immagine e somiglianza con Dio. La vita spirituale altro non è che la gioia e la fatica di liberare tutta la luce sepolta in noi.

Prendendo la parola, Pietro disse: Signore è bello per noi essere qui!
È bello essere qui! Restiamo quassù insieme. L'entusiasmo di Pietro, la sua esclamazione stupita nell'esperienza di questa "bellezza" ci fanno capire che la fede per essere forte e viva deve scaturire da uno stupore, da un innamoramento, da un «che bello!» gridato a pieno cuore. Come Pietro sul monte: è bello con te, Signore!

Cristo ha fatto risplendere la vita…
Questo Vangelo ci dice che la Quaresima, più che un tempo di lutto e penitenza, è un volgersi verso la bellezza e la luce. Crescere nella di fede significa acquisire bellezza del vivere, acquisire che è bello amare, abbracciare, dare alla luce, lavorare, seminare, ripartire, perché la vita ha senso, va verso un esito meraviglioso, qui e nell'eternità. San Paolo nella sua lettera a Timoteo scrive: «Cristo Gesù ha fatto risplendere la vita e l'incorruttibilità per mezzo del Vangelo» (Tm 1,10). Non solo il suo volto, non solo le sue vesti sul Tabor, non solo i nostri sogni, ma la vita, qui, adesso, per tutti. Ha dato splendore e bellezza all'esistenza. Ha dato sogni meravigliosi al nostro andare di uomini e donne.

Basterebbe ripetere senza stancarci: ha fatto risplendere la vita, per ritrovare la verità e la gioia di credere in questo Dio. Allora tutto il creato si fa trasparente e il divino traspare nel fondo di ogni essere e gronda di luce ogni volto di uomo.

(spunti da Ermes Ronchi)

-------------
Vedi anche:

Parola-sintesi proposta (breve commento e una testimonianza):
Gesù fu trasfigurato davanti a loro (Mt 17,2)
(vai al testo…)

Vedi anche analoga Parola-sintesi a suo tempo pubblicata:
 Signore, è bello per noi essere qui! (Mt 17,4) - (16/03/2014)
(vai al testo…)
 Signore, è bello per noi essere qui! (Mt 17,4) - (20/03/2011)
(vai al testo…)

Vedi anche il post Appunti per l'omelia (Anno A):
  La Parola che ci trasfigura (14/03/2014)

Ed anche i post Appunti per l'omelia degli altri Anni:
  Ascoltare e scoprirci "figli" (19/02/2016 [C])
  Nell'ascolto ci si scopre "figli" e "fratelli" (28/02/2015 [B])
  Una fede consolidata (22/02/2013 [C])
  Il dolore trasformato in amore (02/03/2012 [B])

Commenti alla Parola:
Anno A
  di Cettina Militello (VP 2.2017)
  di Gianni Cavagnoli (VP 2.2014)
  di Marinella Perroni (VP 2.2011)
  di Enzo Bianchi

Altri Anni
  di Luigi Vari (VP 2015 [B])
  di Marinella Perroni (VP 2012 [B])
  di Claudio Arletti (VP 2009 [B])
  di Luigi Vari (VP 2016 [C])
  di Marinella Perroni (VP 2013 [C])
  di Claudio Arletti (VP 2010 [C])
  di Enzo Bianchi [B]
  di Enzo Bianchi [C]

(Illustrazione di Stefano Pachì)

martedì 7 marzo 2017

Quaresima 2017:
 La Parola è un dono. L'altro è un dono [4]


Sempre dal Messaggio di papa Francesco per la Quaresima di quest'anno.

«La Quaresima è un tempo propizio per aprire la porta ad ogni bisognoso e riconoscere in lui o in lei il volto di Cristo. Ognuno di noi ne incontra sul proprio cammino». Gesù ce lo ricorda: "Tutto quello che avete fatto a uno solo di questi miei fratelli più piccoli, l'avete fatto a me" (Mt 25,40).
È Gesù che incontro, è Lui che mi incontra.
Tempo prezioso questo della Quaresima!
Essere "condotti dallo Spirito nel deserto per essere tentati" (cf Mt 4,1), messi alla prova! Papa Francesco ai sacerdoti di Roma il 2 marzo ha detto: "La tentazione è sempre presente nella nostra vita... Senza tentazione non si progredisce nella fede".
Il deserto mi porta all'essenzialità dell'esistenza, ad oltrepassare con lo sguardo dell'anima le apparenze che mi condizionano e mi porta a "vedere" la verità delle persone.

«Ogni vita che ci viene incontro è un dono e merita accoglienza, rispetto, amore».
C'è quel prossimo che mi crea problemi, che mi mette in ansia… ("...se potessi evitarlo"...): ma una Voce, più forte del mio malessere: "È Lui che devo prediligere… perché Sei Tu, Signore, l'unico mio bene, Te che incontro in lui.

lunedì 6 marzo 2017

Quaresima 2017:
 La Parola è un dono. L'altro è un dono [3]


Riprendo il Messaggio di papa Francesco per la Quaresima di quest'anno per poter mettere a fuoco meglio il mio cammino di totale adesione alla sequela di Gesù.

«Anche se la sua concreta condizione - scrive il papa – è quella di un rifiuto umano», «Lazzaro ci insegna che l'altro è un dono!».
Quante volte abbiamo, ho, girato la testa dall'altra parte al vedere una persona che mi viene incontro, uno che la società rifiuta, giudica, disprezza e considera come «un fastidioso ingombro» da gettare via!
Quanti essere umani sono scartati perché non graditi e quindi da liberarcene!
È la reazione di una società ricca, che spesso ostenta la sua ricchezza perché povera nel suo animo, perché il cuore si è indurito.

Sono gli invisibili che mettono a nudo la società senza umanità. A questo proposito mi ritorna alla mente il reportage, nel 1988, dello storico giornalista del Tg1 Paolo Frajese, travestitosi da barbone. Così concludeva il celebre reportage sui clochard di Roma: "Non li guardiamo mai. Mai in faccia, mai negli occhi. Anche se ci fermiamo frettolosamente a depositare la monetina nella loro mano protesa lo facciamo abbassando il nostro sguardo, evitando il loro. È questo che li fa sentire invisibili, e quindi inesistenti. Sono invisibili, e quindi inesistenti perché noi non li vogliamo vedere, né far esistere".

Ma «Lazzaro ci insegna che l'altro è un dono!», che è riconoscere me stesso in quel povero, amandolo come me stesso, e «riconoscerne con gratitudine il valore».
Il mio incontro con il "Lazzaro" che sta alla mia porta, che le circostanze mi fanno incontrare è «un appello alla conversione, a cambiare vita», ad «ad aprire la porta del nostro cuore all'altro, perché ogni persona è un dono», il mio «vicino», il «povero sconosciuto» che incontro per strada o alla porta della chiesa o fuori del supermercato.

domenica 5 marzo 2017

Il progresso della fede nella vita del sacerdote


Giovedì 2 marzo papa Francesco ha incontrato, come è tradizione a inizio Quaresima, nella Basilica di San Giovanni in Laterano i parroci di Roma.
Nel suo discorso ha sottolineato l'importanza che la vita del sacerdote non sia una vita a metà, dove preti o vescovi non si sentono peccatori e si chiudono in "sé", ma che le loro vite siano esistenze mature attraverso una fede capace di generare "fede negli altri".

Riporto la sintesi di questo discorso, nel servizio di Giada Aquilino di Radio Vaticana:



Rafforzare gli altri "nella fede in Gesù". Questa la missione dei parroci nelle parole del Papa a San Giovanni in Laterano. La meditazione di Francesco, in parte scritta, in parte a braccio, in effetti è diretta a tutti, al missionario, al seminarista, al sacerdote, al vescovo: è un invito a "continuare a camminare", affinché si sia confermati nella fede, perché - spiega ai presenti - "noi possiamo confermare" quella dei nostri fratelli, del popolo:

"A me piace ripetere che un sacerdote o un vescovo che non si sente peccatore, che non si confessa, si chiude in sé, non progredisce nella fede. Ma bisogna stare attenti a che la confessione e il discernimento delle proprie tentazioni includano e tengano conto di questa intenzione pastorale che il Signore vuole darci a tutti noi, a tutti i sacerdoti".

"Come sacerdoti", afferma il Papa, l'obiettivo deve essere quello di far "crescere" la fede:

"Se la fede non cresce, rimane immatura e ci sono vite umane e anche vite sacerdotali a metà strada; a metà strada perché la fede non è cresciuta, non è andata oltre: è immatura … e noi sacerdoti, se non abbiamo una fede matura, capace di generare fede negli altri - quella paternità, no? – potremmo fare del male. E tanto male. Ma se la fede cresce, fa tanto bene: tanto bene".

La crescita nella fede avviene, assicura, "soltanto quando ci incontriamo con il Signore". Francesco invita quindi a trarre forza dalla "memoria" radicata nella fede della Chiesa, "dei nostri padri", perché è molto importante "cercare le radici" della nostra fede. Ricorda un aneddoto personale, di aver avuto negli esercizi spirituali difficoltà nella comprensione della "meditazione della morte, del giudizio finale":

"È venuto alla memoria uno scritto che mia nonna aveva sul comodino: 'Stai attento, ché ti guarda Dio, che ti sta guardando. Pensa che morirai e non sai quando'. E in quel momento, la preghiera è andata avanti. Sono state le radici ad aprirmi la porta della strada. Il cristiano progredisce sempre dalle radici, non dimentica le radici".

Esorta poi a confidare nella speranza: la nostra, spiega ai parroci, non è una fede "davanti a un muro", la speranza - assicura - "ti porta all'orizzonte". E raccomanda il discernimento, che "concretizza la fede". Il Papa indica "un cammino di formazione e di maturazione della fede":

"La crescita nella fede avviene attraverso gli incontri con il Signore nel corso della vita. Questi incontri si custodiscono come un tesoro nella memoria e sono la nostra fede viva, in una storia di salvezza personale".

Poi Francesco prende a prestito l'immagine del giocatore di basket, che inchioda il piede come "perno" a terra per decidere come agire in campo. Ecco: "per noi quel piede inchiodato al suolo, intorno al quale facciamo perno - afferma il Papa - è la croce di Cristo". Invita a rileggere l'Evangelii gaudium, quando si chiarisce che un "cuore missionario" non rinuncia al bene possibile "benché corra il rischio di sporcarsi con il fango della strada", coi i più poveri, i più piccoli:

"Credere che lì c'è Cristo, discernere il modo migliore per fare un piccolo passo verso di Lui, per il bene di quella persona, è progresso nella fede. Come pure lodare è progresso nella fede, e desiderare di più è progresso nella fede: non è un atto di beneficienza, questo è progresso nella fede".

Il Pontefice prende come icona del "progresso nella fede" la figura di Simon Pietro, a cui il Signore Gesù "fa fare in ogni momento atti di fede", fino a diventare Papa. Si sofferma sui due nomi:

"La fede di Simon Pietro progredisce e cresce nella tensione tra questi due nomi, il cui punto fisso – il perno – è centrato in Gesù. Anche noi abbiamo due nomi, ognuno cerchi".

Simon Pietro sperimenta momenti di grandezza, come quando confessa che Gesù è il Messia, ed altri in cui compie grandi errori, "di estrema fragilità e totale sconcerto", fino ai "tre rinnegamenti davanti ai servi". Eppure con questa fede "provata", sottolinea, Simon Pietro "ha la missione di confermare e consolidare la fede dei suoi fratelli, la nostra fede". Il Pontefice riflette il suo essere "passato al vaglio", intendendo un movimento di spiriti grazie al quale si discerne quello che viene dallo spirito buono da quello che viene dallo spirito cattivo, dal demonio:

"Forse la più grande tentazione del demonio era questa: insinuare in Simon Pietro l'idea di non ritenersi degno di essere amico di Gesù, perché lo aveva tradito. Il peso dei nostri peccati tante volte ci allontana dal Signore: 'Ma come, io, con questo che ho fatto …?'. Ma il Signore è fedele, sempre è fedele, e sempre ci porta avanti".

La certezza è sempre quella del perdono del Signore:

"La tentazione sempre è presente nella vita di Simon Pietro e la tentazione sempre è presente nella nostra. Di più: senza tentazione non si progredisce nella fede. Nel Padre Nostro chiediamo la grazia di non cadere, ma non di non essere tentati".

Al termine della riflessione, Francesco dona ai partecipanti una copia del libro di un anziano cappuccino di Buenos Aires, un "grande confessore", padre Luis Dri, dal titolo: "Non avere paura di perdonare".

"Forse ci aiuterà a crescere nella fede nel Signore, che è tanto misericordioso a perdonare".

Un regalo e anche un invito ai parroci di Roma.

sabato 4 marzo 2017

Quaresima 2017:
 La Parola è un dono. L'altro è un dono [2]


Riprendo il Messaggio di papa Francesco per la Quaresima di quest'anno per poter mettere a fuoco meglio il mio cammino di totale adesione alla sequela di Gesù.

Paradigma di questo cammino quaresimale è - scrive il Papa - la «parabola dell'uomo ricco e del povero Lazzaro (cfr Lc 16,19-31)», «pagina così significativa, che ci offre la chiave per comprendere come agire per raggiungere la vera felicità e la vita eterna, esortandoci ad una sincera conversione».
Nell'immaginare la scena del povero Lazzaro vedo scorrere davanti agli occhi e alla mente una folla senza numero di poveri e derelitti. Non mi appare una folla anonima, bensì carica di volti che esprimono ciascuno la loro condizione di emarginazione. Lazzaro è figura di ciascun povero che abita la terra e che mi passa accanto: immagine dell'«uomo degradato e umiliato», che «si trova in una condizione disperata e non ha la forza di risollevarsi, giace alla porta del ricco e mangia le briciole che cadono dalla sua tavola, ha piaghe in tutto il corpo e i cani vengono a leccarle».
Quel povero, quei poveri, non sono esseri anonimi, ma persone con un nome preciso, con «una storia personale»; hanno un nome, «nome carico di promesse: Lazzaro, che alla lettera significa "Dio aiuta"».
Il "Lazzaro" che incontro è sempre, al di là di ogni disgustosa apparenza, il "Dio che aiuta", presenza di Dio che interviene nella storia personale di ciascuno (mia e sua, del povero). Porta con sé la familiarità di Dio: il Figlio di Dio che si è fatto povero con noi e per noi. Ha un qual ché di «familiare, diventa un volto; e, come tale, un dono, una ricchezza inestimabile, un essere voluto, amato, ricordato da Dio, anche se la sua concreta condizione è quella di un rifiuto umano».
«L'altro è un dono!». Nella mia vita di ogni giorno (posso dire sempre) sono circondato da "doni", sono coinvolto totalmente nell'incontro con Colui che è il Dono per eccellenza: Gesù; Dono del Padre, che ogni giorno si presenta a me nel volto di tanti Lazzaro che incontro e che poi ritrovo nell'intimità dell'Eucaristia, dove tutti sono "presenti" e condotti all'UNO.

venerdì 3 marzo 2017

Tentati, come Cristo; ma pronti a servire come angeli


1a domenica di Quaresima (A)
Genesi 2,7-9;3,1-7 • Salmo 50 • Romani 5,12-19 • Matteo 4,1-11
(Visualizza i brani delle Letture)

Appunti per l'omelia

Gesù fu condotto dallo Spirito nel deserto, per essere tentato dal diavolo
Il racconto delle tentazioni ci chiama al lavoro mai finito di mettere ordine nelle nostre scelte, a scegliere come vivere. Le tentazioni di Gesù sono anche le nostre: investono l'intero mondo delle relazioni quotidiane.
La prima tentazione concerne il rapporto con noi stessi e con le cose, nell'illusione che i beni riempiano la vita.
La seconda è una sfida aperta alla nostra relazione con Dio, a un Dio magico a nostro servizio.
La terza infine riguarda la relazione con gli altri, nella fame di potere, nell'amore per la forza.

Se tu sei Figlio di Dio, di' che queste pietre diventino pane
Il pane è un bene, un valore indubitabile, ma Gesù rimanda a qualcosa di più, ad una visione ben più ampia di vita: «Non di solo pane vivrà l'uomo». Il pane è buono ma più buona è la parola di Dio, il pane dà vita ma più vita viene dalla bocca di Dio. L'uomo vive di ogni parola che esce dalla bocca di Dio. Parola di Dio è il Vangelo, ma anche l'intero creato. Se l'uomo vive di ciò che viene da Dio, io vivo della luce, del cosmo, ma anche dell'amico, dell'amore, del fratello che è parola pronunciata dalla bocca di Dio per me.

Se tu sei Figlio di Dio, gèttati giù… gli angeli ti porteranno nelle loro mani
La seconda tentazione è una sfida aperta a Dio. «Buttati e credi in un miracolo». Quello che sembrerebbe il più alto atto di fede - gettati con fiducia! - ne è, invece, la caricatura, pura ricerca del proprio vantaggio.
Gesù ci mette in guardia dal volere un Dio magico a nostra disposizione, dal cercare non Dio ma i suoi benefici, non il Donatore ma i suoi doni.
«Non metterai alla prova il tuo Dio»: io so che sarà con me, ma come lui vorrà, non come io vorrei. Forse non mi darà tutto ciò che chiedo, eppure avrò tutto ciò che mi serve, tutto ciò di cui ho bisogno.

Ti darò tutti i regni del mondo e la loro gloria, se mi adorerai…
Nella terza tentazione il diavolo alza ancora la posta: adorami e ti darò tutto il potere del mondo. Il diavolo fa un mercato, esattamente il contrario di Dio, che non fa mai mercato dei suoi doni.
È come se dicesse: Gesù, vuoi cambiare il corso della storia con la croce? non funzionerà. Il mondo è già tutto una selva di croci. Cosa se ne fa di un crocifisso in più? Il mondo ha dei problemi, tu devi risolverli. Prendi il potere, occupa i posti chiave, cambia le leggi. Così risolverai i problemi: con rapporti di forza e d'inganno, non con l'amore.
Vàttene, satana! Sta scritto: Il Signore, tuo Dio, adorerai; a lui solo renderai culto. Allora il diavolo lo lasciò.

Ed ecco angeli si avvicinarono e lo servivano
Avvicinarsi e servire, verbi da angeli. Se in questa Quaresima ognuno di noi volesse avvicinarsi e prendersi cura di una persona che ha bisogno, perché malata o sola o povera, regalando un po' di tempo e un po' di cuore, allora per lei sarebbe come se si avvicinasse un angelo, come se fiorissero angeli nel nostro deserto.

(spunti da Ermes Ronchi)

-------------
Vedi anche:

Parola-sintesi proposta (breve commento e una testimonianza):
Gesù fu condotto dallo Spirito nel deserto, per essere tentato (Mt 4,1)
(vai al testo…)

Vedi anche analoga Parola-sintesi a suo tempo pubblicata:
 Non di solo pane vivrà l'uomo (Mt 4,4) - (9/03/2014)
(vai al testo…)
 Non di solo pane vivrà l'uomo (Mt 4,4) - (13/03/2011)
(vai al testo…)

Vedi anche il post Appunti per l'omelia (Anno A):
  Il riscatto dalla nostra fragilità (7/03/2014)

Ed anche i post Appunti per l'omelia degli altri Anni:
  La vera forza viene dalla fiducia in Dio (12/02/2016 [C])
  Convertirsi, guardare nella direzione del Vangelo (20/02/2015 [B])
  Un profondo atto di fede (15/02/2013 [C])
  Credere nel Vangelo, la novità di Dio! (24/02/2012 [B])

Commenti alla Parola:
Anno A
  di Cettina Militello (VP 2.2017)
  di Gianni Cavagnoli (VP 2.2014)
  di Marinella Perroni (VP 2.2011)
  di Enzo Bianchi

Altri Anni
  di Luigi Vari (VP 2015 [B])
  di Marinella Perroni (VP 2012 [B])
  di Claudio Arletti (VP 2009 [B])
  di Luigi Vari (VP 2016 [C])
  di Marinella Perroni (VP 2013 [C])
  di Claudio Arletti (VP 2010 [C])
  di Enzo Bianchi [B]
  di Enzo Bianchi [C]

(Illustrazione di Stefano Pachì)

giovedì 2 marzo 2017

Quaresima 2017:
 La Parola è un dono. L'altro è un dono [1]


Sto meditando il Messaggio di papa Francesco per la Quaresima di quest'anno per poter mettere a fuoco meglio il mio cammino di totale adesione alla sequela di Gesù.
«La Quaresima - scrive il Papa - è un nuovo inizio, una strada che conduce verso una meta sicura: la Pasqua di Risurrezione, la vittoria di Cristo sulla morte».
Le condizioni per seguire Gesù sono chiare: "Rinnegare se stessi e portare ogni giorno la propria croce" (cf Lc 9,23). È un «tornare a Dio "con tutto il cuore" (Gl 2,12), per non accontentarsi di una vita mediocre, ma crescere nell'amicizia con il Signore».
La Quaresima: un tempo prezioso per intensificare il rapporto personale con Gesù, per entrare sempre di più, con l'aiuto dello Spirito, in una maggiore unione con Dio. Abbandono totale e fiducia incondizionata: «Gesù è l'amico fedele che non ci abbandona mai, perché, anche quando pecchiamo, attende con pazienza il nostro ritorno a Lui e, con questa attesa, manifesta la sua volontà di perdono».
Sì, «intensificare la vita dello spirito»! Ma per poter portare frutti con i mezzi «che la Chiesa ci offre: il digiuno, la preghiera e l'elemosina», occorre mettere «alla base di tutto la Parola di Dio», da «ascoltare e meditare con maggiore assiduità» per poter essere nella vita concreta, quotidiana, un vero servizio a Dio e ai fratelli.
Essere Parola di Dio viva!


mercoledì 1 marzo 2017

Lasciarsi riconciliare con Dio


Parola di vita – Marzo 2017
(Clicca qui per il Video del Commento)

«... lasciatevi riconciliare con Dio» (2Cor 5,20)

In tante parti del pianeta, ci sono guerre sanguinose e che sembrano interminabili, e che coinvolgono le famiglie, le tribù e i popoli. Gloria, vent'anni, racconta: "Abbiamo avuto notizia che un villaggio era stato bruciato e molti erano rimasti senza più nulla. Con i miei amici ho iniziato una raccolta di cose utili: materassi, vestiti, alimenti; partiamo e dopo otto ore di viaggio incontriamo le persone nella desolazione. Ascoltiamo i loro racconti, asciughiamo lacrime, abbracciamo, confortiamo… Una famiglia ci confida: "La nostra bambina era nella casa che ci hanno bruciato e ci è sembrato di morire con lei. Ora nel vostro amore troviamo la forza di perdonare gli uomini che ne sono stati la causa!".

Anche l'apostolo Paolo ha fatto un'esperienza: proprio lui, il persecutore dei cristiani [1], ha incontrato sul suo cammino, in modo totalmente inaspettato, l'amore gratuito di Dio, che poi lo ha inviato come ambasciatore di riconciliazione in suo nome [2].

E' diventato così testimone appassionato e credibile del mistero di Gesù morto e risorto, che ha riconciliato a sé il mondo perché tutti potessero conoscere e sperimentare la vita di comunione con Lui e con i fratelli [3]. E, attraverso Paolo, il messaggio evangelico ha raggiunto e affascinato persino i pagani, considerati i più lontani dalla salvezza: lasciatevi riconciliare con Dio!

Anche noi, nonostante gli errori che ci scoraggiano o le false certezze che ci illudono di non averne bisogno, possiamo lasciare che la misericordia di Dio – un amore esagerato! – guarisca il nostro cuore e ci renda finalmente liberi di condividere questo tesoro con gli altri. Daremo così il nostro contributo al progetto di pace che Dio ha su tutta l'umanità e sull'intera creazione e che supera le contraddizioni della storia, come suggerisce Chiara Lubich in un suo scritto:

"(…) Sulla croce, nella morte del suo Figlio, Dio ci ha dato la prova suprema del suo amore. Per mezzo della croce di Cristo, Egli ci ha riconciliati con sé. Questa verità fondamentale della nostra fede ha oggi tutta la sua attualità.

E' la rivelazione che tutta l'umanità attende: sì, Dio è vicino con il suo amore a tutti e ama appassionatamente ciascuno. Il nostro mondo ha bisogno di questo annuncio, ma lo possiamo fare se prima lo annunciamo e lo riannunciamo a noi stessi, sì da sentirci circondati da questo amore, anche quando tutto farebbe pensare il contrario (…) Tutto il nostro comportamento dovrebbe rendere credibile questa verità che annunciamo. Gesù ha detto chiaramente che prima di portare l'offerta all'altare dovremmo riconciliarci con un nostro fratello o sorella se essi avessero qualcosa contro di noi (cf Mt 5,23-24) … amiamoci come lui ci ha amati, senza chiusure e pregiudizi, ma aperti a cogliere e apprezzare i valori positivi del nostro prossimo, pronti a dare la vita gli uni per gli altri. Questo è il comando per eccellenza di Gesù, il distintivo dei cristiani, valido ancora oggi come ai tempi dei primi seguaci di Cristo. Vivere questa parola significa divenire dei riconciliatori" [4].

Vivendo così, arricchiremo le nostre giornate con gesti di amicizia e riconciliazione nella nostra famiglia e tra le famiglie, nella nostra Chiesa e tra le Chiese, in ogni comunità civile e religiosa a cui apparteniamo.

Letizia Magri

----------
[1] Cfr. At 22,4
[2] Cfr. 2Cor 5,20.
[3] Cfr. Ef 2,13ss.
[4] Versione integrale in Città Nuova 1996/24, p.37.

Fonte: Città Nuova n. 2/Febbraio 2017