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venerdì 26 giugno 2015

Alzati! Torna a ricevere e dare amore


13a domenica del Tempo ordinario (B)
Sapienza 1,13-15;2,23-24 • Sal 29 • 2 Corinzi 8,7.9.13-15 • Marco 5,21-43
(Visualizza i brani delle Letture)

Appunti per l'omelia

La mia figlioletta sta morendo: vieni… Andò con lui… Tua figlia è morta
Gesù cammina verso la casa dove una bambina è morta. Cammina ed è Giairo, il padre, a dettare il ritmo; Gesù gli cammina vicino e gli parla col cuore: Non temere, soltanto continua ad aver fede. Ma come è possibile non temere quando la morte è entrata nella mia casa e si è portata via ciò che ho di più caro al mondo?

Non temere, soltanto abbi fede!
Secondo Gesù il contrario della paura non è il coraggio, da scovare a fatica nel fondo dell'animo, ma la fede: Tu continua ad aver fede. Anche se dubiti, anche se la tua fede non ha nulla di eroico, lascia che la sua Parola riprenda a mormorare in cuore.
Aver fede: che cosa significa? La fede è un atto umanissimo, vitale, che tende alla vita e si oppone all'abbandono e alla morte. È aderire! Come un bambino aderisce al petto della madre, così io aderisco al Signore.

Giunsero alla casa e vide trambusto e gente che piangeva…
Perché vi agitate e piangete? La bambina non è morta, ma dorme

Dorme, come tutti i nostri che ci hanno preceduto e che sono in attesa del risveglio. Dormono, come una parentesi tra questo sole e il sole di domani, e per Dio l'ultimo risveglio è sulla vita.

E lo deridevano…
È con quella stessa derisione con cui dicono anche a noi: tu credi nella vita dopo la morte? Ti inganni, ti sbagli, sei un illuso, non c'è niente dopo la morte. Ma la fede che scaturisce dalla Parola di Dio ci dice che Dio è Dio dei vivi e non dei morti.

Cacciati tutti fuori, prende con sé il padre e la madre
Gesù ricompone il cerchio vitale degli affetti, il cerchio dell'amore che fa vivere. E poi prende per mano la bambina. Non era lecito per la legge toccare un morto, ma Gesù profuma di libertà. E ci insegna che bisogna toccare la disperazione delle persone per poterle rialzare. La prende per mano.
Ma chi è questo Gesù ? Una mano che mi prende per mano. La sua mano nella mia mano.

E le disse: Talità kum. Fanciulla, alzati!
Lui può aiutarla, sostenerla, ma è lei, è solo lei che può risollevarsi: Alzati! E lei si alza e si mette a camminare.
A ciascuno di noi, qualunque sia la porzione di dolore che portiamo dentro, qualunque sia la porzione di morte, il Signore ripete: Talità kum. In ognuno di noi c'è una vita che è giovane sempre: Talità kum, giovane vita, dico a te, alzati… Torna a ricevere e a restituire amore.



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Vedi anche:

Parola-sintesi proposta (breve commento e una testimonianza):
Non temere, soltanto abbi fede! (Mc 5,36)
(vai al testo) - (---> pdf, formato A4, stampa a/r per A5)

Vedi anche analoga Parola-sintesi a suo tempo pubblicata (01/07/2012)
Figlia, la tua fede ti ha salvata (Mc 5,34)
(vai al testo)

Vedi anche il post Appunti per l'omelia:
La vita, dono della fede (29/06/2012)

Commenti alla Parola:
  di Luigi Vari (VP 2015)
  di Marinella Perroni (VP 2012)
  di Claudio Arletti (VP 2009)
  di Enzo Bianchi


martedì 23 giugno 2015

Il diaconato in Italia



Il diaconato in Italia n° 191
(marzo/aprile 2015)

Una Chiesa esperta in umanità e servizio





ARTICOLI
Brevi note su umanità e servizio nella Chiesa (Giuseppe Bellia)
Una Chiesa esperta di umanità e servizio (Cettina Militello)
Essere diaconi a Baghdad: intervista a mons. Sako (Giovanni Chifari)
La santa Trinità e la Persona umana (Johannes Zizioulas)
Una Chiesa dal volto umano (Massimo Naro)
Diaconia e martirio in mons. Romero (Giovanni Chifari)
La ricchezza sia al servizio dell'umanità (Jorge Maria Bergoglio)
Un'esortazione profetica (Reinhard Marx)
Chiesa, da chi sei nata? (Andrea Spinelli)
Un "orecchio" da ascoltare (Giorgio Agagliati)
La Chiesa ed il diacono esperti in servizio (Enzo Petrolino)
Lungo la traiettoria del Concilio (Francesco Giglio)
Il diacono nella Evangelii Gaudium (Gaetano Marino)
Il dono del diaconato permanente (Massimo Camisasca)

RIQUADRI
«Tu lo farai per me» (A. Tornielli)
In nome di chi? (C. De Cesare)
Spiritualità incarnata (G. B.)




(Vai ai testi…)


domenica 21 giugno 2015

Alla ricerca del vero tesoro


21 giugno – San Luigi Gonzaga

Il 21 giugno del 2013, papa Francesco, durante la messa a Santa Marta, ha incentrato la sua riflessione sulle letture del giorno, individuando in particolare nel brano del Vangelo di Matteo (6, 19-23) un "filo conduttore" fra i termini «tesoro, cuore e luce» e auspicando che «il Signore ci cambi il cuore per cercare il vero tesoro e così diventare persone luminose e non delle tenebre».
È quanto al Signore chiedo oggi, nella memoria di san Luigi Gonzaga (di cui porto il nome), per l'intercessione del mio santo protettore.
Sì, il vero tesoro! …ed essere per le persone che il Signore mi mette accanto, nella vita familiare e nella vita del mio ministero diaconale, "luce" e "gioia", che nascono da un cuore sincero e puro.

La prima cosa da fare, ha spiegato il Santo Padre nell'omelia, è domandarsi: «Qual è il mio tesoro?». E di certo non possono essere le ricchezze, visto che il Signore dice: «Non accumulate per voi tesori sulla terra, perché alla fine si perdono». Del resto, ha sottolineato il Papa, sono «tesori rischiosi, che si perdono»; e sono anche «tesori che dobbiamo lasciare, non li possiamo portare con noi. Io non ho mai visto un camion di traslochi dietro un corteo funebre», ha commentato. Allora, si è chiesto, qual è il tesoro che possiamo portare con noi alla fine della nostra vicenda terrena? La risposta è semplice: «Puoi portare quello che hai dato, soltanto quello. Ma quello che hai risparmiato per te, non si può portare». Sono cose che possono essere rubate dai ladri, oppure cose che si rovinano, oppure cose che verranno prese dagli eredi. Mentre «quel tesoro che noi abbiamo dato agli altri durante la vita, lo porteremo con noi dopo la morte» «e quello sarà "il nostro merito"»; o meglio, ha puntualizzato, «il merito di Gesù Cristo in noi». Anche perché «è l'unica cosa che il Signore ci lascia portare». Lo ha detto chiaramente Gesù stesso ai dottori della legge che si vantavano della bellezza del tempio di Gerusalemme: «Non rimarrà pietra su pietra». Ciò vale pure «con i nostri tesori, quelli che dipendono dalle ricchezze, dal potere umano».

Ma, «dov'è il tuo tesoro, là sarà anche il tuo cuore». «Se il nostro tesoro non è vicino al Signore, non viene dal Signore, il nostro cuore diventa inquieto». «E alla fine il nostro cuore si stanca, diventa pigro, diventa un cuore senza amore: la stanchezza del cuore». «…da soli noi non possiamo molto; deve essere il Signore ad aiutarci, lui che ha promesso: "Io farò del vostro cuore di pietra un cuore di carne, un cuore umano". «Ed essendo una promessa del Signore, noi possiamo chiedere la grazia: Signore, cambia il mio cuore». D'altro canto, il «Signore non può fare niente - ha messo in guardia Papa Francesco - se il mio cuore è attaccato a un tesoro della terra, a un tesoro egoista, a un tesoro dell'odio», uno di quei tesori da cui «vengono le guerre».

L'ultima parte della riflessione di Gesù – continua il Papa - rimanda all'espressione: «la lampada del corpo è l'occhio», ovvero «l'occhio è l'intenzione del cuore». Di conseguenza per il Pontefice «se il tuo occhio è semplice, viene da un cuore che ama, da un cuore che cerca il Signore, da un cuore umile, tutto il tuo corpo sarà luminoso. Ma se il tuo occhio è cattivo, tutto il tuo corpo sarà tenebroso».
«Siamo persone di luce o di tenebre? L'importante è come giudichiamo le cose: con la luce che viene dal vero tesoro nel nostro cuore? O con le tenebre di un cuore di pietra?». «Una risposta può venire dalla testimonianza di san Luigi Gonzaga, il giovane gesuita di cui proprio oggi ricorre la memoria liturgica. Possiamo chiedere la grazia di un cuore nuovo - ha invitato il Papa - a questo coraggioso ragazzo, che non si è mai tirato indietro nel servizio degli altri, tanto da dare la vita per curare gli appestati».

Faccio mia l'esortazione del Santo Padre a domandare nella preghiera che «il Signore mi cambi il cuore». E prego anche per tutti coloro che mi sono affidati e che incontro nella mia giornata, perché «i pezzi di cuore che sono di pietra», «il Signore li faccia umani, con quell'ansia buona di andare avanti cercando lui e lasciandosi cercare da lui». Perché, ha concluso il Papa, «solo il Signore può salvare dai tesori che non possono aiutarci nell'incontro con lui, nel servizio agli altri».

venerdì 19 giugno 2015

Dio non interviene al posto mio, ma insieme a me


12a domenica del Tempo ordinario (B)
Giobbe 38,1.8-11 • Sal 106 • 2 Corinzi 5,14-17 • Marco 4,35-41
(Visualizza i brani delle Letture)

Appunti per l'omelia

Ci fu una grande tempesta di vento e le onde si rovesciavano nella barca
La barca sta per affondare e Gesù dorme. Il mondo geme con le vene aperte, lotta contro la malattia e la disperazione e Dio dorme. L'angoscia lo contesta: Non ti importa niente di noi? Perché dormi? Svegliati!
Nella Scrittura i Salmi sono pieni di questo grido, lo urla Giobbe, lo ripetono gli apostoli nella paura.

Perché avete paura? Non avete ancora fede?
Perché tanta paura? Troppo spesso la religione si è ridotta a una gestione della paura. E Dio non vuole entrare in questo gioco. Egli non è estraneo e non dorme, sta nelle pieghe più profonde delle nostre lacrime. Sta nelle braccia dei marinai forti sui remi, nelle mani che svuotano l'acqua, negli occhi che scrutano la riva... Dio è presente, ma non come vorremmo noi, ma come vuole lui: è sulla mia barca e vuole salvarmi, ma insieme a tutta la mia libertà!

Se ne stava a poppa, sul cuscino, e dormiva
Non interviene al posto mio ma insieme a me; non mi esenta dalla tempesta ma mi precede, come il pastore nella valle oscura. È la nostra fede bambina che ha bisogno più di miracoli che non di presenza. Vorremmo che non sorgessero mai tempeste e invece la morte è allevata dentro di noi con il nostro stesso respiro, il nostro stesso sangue.

Taci, calmati!
Vorremmo che il Signore gridasse subito all'uragano; "Taci!"; che rimproverasse subito le onde: "Calmatevi". Vorremmo essere esentati dalla lotta, e invece Dio risponde dandoci forza, tanta forza quanta ne basta per il primo colpo di remo, tanta luce quanta ne serve al primo passo.

Non t'importa che siamo perduti?
Come granello di senape nel buio della terra, così Dio è nel cuore oscuro della tempesta. Come chicco di grano nel buio della terra, come un granello di fiducia, di forza, di luce, così Dio germoglia e cresce nel cuore dell'ombra. Non ti importa che moriamo? E la sua risposta, senza parole, ha la voce forte dei gesti: "Mi importa di te, mi importa la tua vita, tu sei importante. Mi importano i passeri del cielo e tu vali più di molti passeri, mi importano i gigli del campo e tu sei più bello di loro. Tu mi importi al punto che ti ho contato i capelli in capo e tutta la paura che porti nel cuore. E sono qui a farmi argine alla tua paura. Mi troverai dentro di essa, nel riflesso più profondo delle tue lacrime. Io ci sono sempre!".



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Vedi anche:

Parola-sintesi proposta (breve commento e una testimonianza):
Passiamo all'altra riva (Mc 4,35)
(vai al testo) - (---> pdf, formato A4, stampa a/r per A5)

Commenti alla Parola:
  di Luigi Vari (VP 2015)
  di Claudio Arletti (VP 2009)
  di Enzo Bianchi

sabato 13 giugno 2015

Dio all'opera nel silenzio e con piccole cose


11a domenica del Tempo ordinario (B)
Ezechie1e 17,22-24 • Sal 91 • 2 Corinzi 5,6-10 • Marco 4,26-34
(Visualizza i brani delle Letture)

Appunti per l'omelia

Così è il regno di Dio: come un uomo che getta il seme sul terreno
Gesù parla delle cose più grandi con una semplicità disarmante. Non fa ragionamenti, apre il libro della vita; racconta Dio con la freschezza di un germoglio di grano, spiega l'infinito attraverso il minuscolo seme di senape. Perché la vita delle creature più semplici risponde alle stesse leggi della nostra vita spirituale, perché Vangelo e vita camminano nella stessa direzione, che è il fiorire della vita in tutte le sue forme.
Accade nel regno di Dio come quando un uomo semina. Dio è il seminatore infaticato della nostra terra, continuamente immette in noi e nel cosmo le sue energie in forme germinali: il nostro compito è portarle a maturazione. Siamo un pugno di terra in cui Dio ha deposto i suoi germi vitali. Nessuno ne è privo, nessuno è vuoto, perché la mano di Dio continua a creare.

Che tu dorma o vegli, di notte o di giorno, il seme germoglia e cresce
La prima parabola sottolinea un miracolo di cui non ci stupiamo più: alla sera vedi un bocciolo, il giorno dopo si è aperto un fiore. Senza alcun intervento esterno. Le cose di Dio fioriscono per una misteriosa forza interna, per la straordinaria energia segreta che hanno le cose buone, vere e belle. In tutte le persone, nel mondo e nel cuore, nonostante i nostri dubbi, Dio matura. E nessuno può sapere di quanta esposizione al sole, al sole della vita, abbia bisogno il buon grano di Dio per maturare: nelle persone, nei figli, nei giovani, in coloro che mi appaiono distratti, che a volte giudico vuoti o senza germogli.

Un granello di senape, quando viene seminato sul terreno, è il più piccolo di tutti i semi…
La seconda parabola mostra la sproporzione tra il granello di senape, il più piccolo di tutti i semi, e il grande albero che ne nascerà. Senza voli retorici: il granello non salverà il mondo. Noi non salveremo il mondo. Ma, assicura Gesù, un altro è il nostro compito: gli uccelli verranno e vi faranno il nido. All'ombra del tuo albero, dei fratelli troveranno riposo e conforto. Guardi un piccolo seme accolto nel cavo della mano, lo diresti un grumo di materia inerte. Ma nella sua realtà nascosta quel granello è un piccolo vulcano di vita, pronto a esplodere, se appena il sole e l'acqua e la terra...

Il seme ci convoca ad avere occhi profondi e a compiere i gesti propri di Dio. Mentre il nemico semina morte, noi come contadini pazienti e intelligenti, contadini del Regno dei cieli, seminiamo buon grano: semi di pace, giustizia, coraggio, fiducia. Lo facciamo scommettendo sulla forza della prima luce dell'alba, che appare minoritaria eppure è vincente. Qui è tutta la nostra fiducia: Dio stesso è all'opera in seno alla terra, in alto silenzio e con piccole cose.


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Vedi anche:

Parola-sintesi proposta (breve commento e una testimonianza):
Come un uomo che getta il seme sul terreno (Mc 4,26)
(vai al testo) - (---> pdf, formato A4, stampa a/r per A5)

Vedi anche analoga Parola-sintesi a suo tempo pubblicata (17/06/2012)
La parola di Dio è come un seme (Canto al Vangelo)
(vai al testo)

Vedi anche il post Appunti per l'omelia:
Il piccolo seme (15/06/2012)

Commenti alla Parola:
  di Luigi Vari (VP 2015)
  di Marinella Perroni (VP 2012)
  di Enzo Bianchi

venerdì 12 giugno 2015

Un cuore di carne


Solennità del Sacratissimo Cuore di Gesù

Come sarà Gesù in Paradiso? Egli è certamente beato anche come uomo.
Maria santissima poi, la sua Madre assunta in cielo, lo ripaga sufficientemente della sua vita, morte e passione con cui l'ha preservata dal peccato.
Eppure questo essersi compromesso con l'umanità non può non fargli desiderare che anche noi, ormai suoi fratelli, saliamo al posto che ci ha preparato. Non si può capire il desiderio di un Uomo-Dio!
Ma quel Cuore di carne, che, pur trasfigurato, palpita ancora in Cielo, deve avere accenti d'inesprimibile ardore, di sublime tenerezza, di infuocata speranza, d'inesauribile vivissima attivissima carità.
Quel Cuore, venerato spesso da noi, poveri e ciechi fedeli della luminosa vera religione, con una pietà infantile, che il mondo con le sconfinate scoperte e universali esigenze più non comprende, quel Cuore è il sole sul mondo, sull'intera umanità.
Occorre credere in quel Cuore, a quel Cuore. È un Cuore che non deluderà mai nessuno.
È la più grande speranza per ogni mortale, la lampada accesa nella penombra di ogni vita.

(Chiara Lubich, Saper perdere, 1969)


lunedì 8 giugno 2015

Convegno – Campobasso 2015


Comunità del Diaconato in Italia
XXV Convegno Nazionale
Campobasso, 5-8 Agosto 2015


La famiglia del diacono
"scuola di umanità"


"La famiglia continua ad essere scuola senza pari di umanità,
contributo indispensabile a una società giusta e solidale" (Papa Francesco)


Vai al dépliant (con programma)
Vai alla Scheda di Prenotazione

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PRESENTAZIONE
L'incontro che la Comunità del diaconato in Italia tiene ogni due anni avrà per tema:
LA FAMIGLIA DEL DIACONO "SCUOLA DI UMANITÀ"

La tematica si inserisce nel cammino che la Comunità ha scelto per l'approfondimento e la riflessione in riferimento al Sinodo sulla Famiglia e al Convegno Ecclesiale di Firenze.
SEDE DEL CONVEGNO
CENTRUM PALACE
Via Giovanbattista Vico, 2/A - 86100 CAMPOBASSO
Tel. 0874413341

Interverranno al Convegno:
Card. Beniamino STELLA, Prefetto della Congregazione del Clero
Mons. Giancarlo BREGANTINI, Arcivescovo di Campobasso-Boiano
Mons. Arturo AIELLO, Vescovo di Teano e Membro della Commissione Episcopale per il Clero e la Vita consacrata
Mons. Angelo SPINA, Vescovo di Sulmona, Membro della Commissione Episcopale per la Cultura e le Comunicazioni Sociali
Don Domenico DI FRANCO, Delegato per il diaconato della diocesi di Campobasso-Boiano
Don Giuseppe BELLIA, Direttore della Rivista "Il Diaconato in Italia"
P. Raniero CANTALAMESSA, fmc, Predicatore della Casa Pontificia
Dott. Enzo PETROLINO, Presidente Comunità del Diaconato in Italia
Dott. Giancarlo BRUNELLI, Direttore de "Il Regno Attualità e Documenti", EDB
Dott. Paolo BECCEGATO, Vice Direttore Caritas Italiana
Lectio di Padre Luca GARBINETTO

NORME DI PARTECIPAZIONE

Il Convegno è aperto a tutti: presbiteri, diaconi e candidati, religiosi e laici uomini e donne.

• Iscrizione: la quota di iscrizione è fissata in 30,00 euro (ad esclusione delle mogli e dei figli) e dovrà essere versata alla COMUNITÀ DEL DIACONATO IN ITALIA con versamento c/c postale: 14284426 o bonifico bancario: IBAN IT65C0335901600100000014951 indicando come causale del versamento "Convegno Diaconi 5-8 Agosto 2015".

- I non residenti potranno iscriversi direttamente il giorno di inizio del Convegno presso la segreteria.
- La quota per alloggio (non divisibile per l'intera durata del Convegno dalla cena di Mercoledì 5 agosto al pranzo di Sabato 8 agosto, comprese bevande), è fissata:
In camera doppia (a persona) € 165,00
Supplemento singola € 30,00
Riduzione bambini (in camera con due adulti):
0-2 anni (non compiuti) gratuiti (event. culla e pasti da pagare in loco), 3-8 anni riduz. 30%, 9-12 anni riduz. 20%.
• Le relative richieste devono essere inoltrate compilando ed inviando l'acclusa scheda di prenotazione versando come caparra di quota soggiorno 60,00 euro, indicando come causale del versamento "XXV Convegno nazionale" entro il 30 Giugno. La scheda di adesione e copia del versamento devono essere inviate per posta a: Comunità del Diaconato in Italia, Casella Postale 88, Via Miraglia, 89125 Reggio Calabria, via fax al n. 0835. 333754 o via e-mail: diaconatoinitalia@libero.it
• Il saldo della quota di alloggio dovrà essere versato 14 giorni prima dell'inizio del Convegno con bonifico bancario o bollettino postale.
• Le richieste di alloggio saranno evase secondo l'ordine di arrivo, fino ad esaurimento dei posti disponibili.
• Coloro che, dopo aver prenotato l'alloggio, intendessero ritirarsi, dovranno disdire entro il 1° Luglio altrimenti perderanno l'importo della caparra.

Per informazioni:
Comunità del Diaconato in Italia
Casella Postale 88 – Via Miraglia
89125 Reggio Calabria
Tel.: 349.4002311 - Fax 0835.333754
e-mail: diaconatoinitalia@libero.it
www.comunitadiaconato.it



domenica 7 giugno 2015

Il Regno di Dio fra gli uomini


Solennità del Corpus Domini



Tu sempre solo nel tabernacolo.
Noi per istrada, a casa, a scuola, in ufficio.
Sei fra noi, eppure sembri separato: separato dal nostro poco amore che non ti comprende.
Eppure, se quello che hai comandato fosse vita tra i fratelli Tuoi, essi non avvertirebbero di lasciarTi quando escono di Chiesa; e strade e tabernacoli avrebbero un unico sbocco: il Regno di Dio fra gli uomini!
Nutrici, Signore, ogni mattina della Tua carne, ma rendici docili affinché s'affretti l'ora in cui puoi nutrire gli istanti tutti della nostra vita della Tua presenza in mezzo a noi.


(Chiara Lubich, Pensieri, 2 settembre 1960)

sabato 6 giugno 2015

"Preserviamoci dalla corruzione"


Papa Francesco, durante l'omelia della Messa celebrata sul sagrato della Basilica di San Giovanni in Laterano nella solennità del Corpus Domini, nel pomeriggio di giovedì 4 giugno, ci ricorda che l'Eucaristia ci permette di non disgregarci perché è "vincolo di comunione"; ci ricorda che il Sangue di Gesù ci libera dalla corruzione.
L'Eucaristia, anima della diaconia, anzi, diaconia stessa di Cristo, vincolo di unità, «esige che la forza dell'amore superi ogni lacerazione e al tempo stesso che diventi comunione con il povero, sostegno per il debole, attenzione fraterna a quanti fanno fatica a sostenere il peso della vita quotidiana».

Dal servizio di Francesca Sabatinelli di Radio Vaticana:



L'invito del Papa ai fedeli, dopo l'Angelus domenica scorsa, era stato quello di adorare, durante la processione, il Santissimo Sacramento. La processione del "Corpus Domini", aveva detto, è un solenne atto di fede e di amore a Gesù Eucaristia. Quel Corpo e quel Sangue, ci dice oggi Francesco nell'Omelia, che mediante il pane e il vino ci sono stati donati da Gesù, che così ci lascia il "memoriale del suo sacrificio di amore infinito". Con questo pane e questo vino i discepoli hanno "il necessario" per il loro "cammino lungo la storia", e per "estendere a tutti il regno di Dio". Oggi, il Pane di vita è anche il nostro, dinnanzi al quale lo stupore della Chiesa non finisce mai, stupore che alimenta "la contemplazione, l'adorazione, la memoria". Francesco quindi cita le raccomandazioni dell'odierna lettura: "Per non disgregarvi, mangiate questo vincolo di comunione; per non svilirvi, bevete il prezzo del vostro riscatto". E di lì pone le sue domande:

«Disgregarci? Svilirci? Cosa significa oggi questo disgregarci e svilirci? Ci disgreghiamo quando non siamo docili alla Parola del Signore, quando non viviamo la fraternità tra di noi, quando gareggiamo per occupare i primi posti, gli arrampicatori, quando non troviamo il coraggio di testimoniare la carità, quando non siamo capaci di offrire speranza. Così ci disgreghiamo».

L'Eucaristia vincolo di comunione
Ciò che ci permette di non disgregarci è quindi l'Eucaristia, perché "vincolo di comunione, compimento dell'Alleanza, segno vivente dell'amore di Cristo che si è umiliato e annientato perché noi rimanessimo uniti":

«Il Cristo presente in mezzo a noi, nel segno del pane e del vino, esige che la forza dell'amore superi ogni lacerazione e al tempo stesso che diventi comunione anche con il più povero, sostegno per il debole, attenzione fraterna a quanti fanno fatica a sostenere il peso della vita quotidiana. E sono in pericolo di perdere la fede».

Le idolatrie del nostro tempo ci rendono cristiani mediocri
E poi pone l'altra domanda, cosa significa per noi "svilirci", "ossia annacquare la nostra dignità cristiana?":

«Significa lasciarci intaccare dalle idolatrie del nostro tempo: l'apparire, il consumare, l'io al centro di tutto; ma anche l'essere competitivi, l'arroganza come atteggiamento vincente, il non dover mai ammettere di avere sbagliato o di avere bisogno. Tutto questo ci svilisce, ci rende cristiani mediocri, tiepidi, insipidi, pagani».

Il Sangue di Gesù ci libera dalla corruzione
Gesù ha versato il sangue per noi, per purificarci dai peccati, dunque "per non svilirci guardiamo a Lui, abbeveriamoci alla sua fonte, per essere preservati dal rischio della corruzione". Il "Sangue di Cristo – ci dice ancora il Papa – ci libererà dai nostri peccati e ci restituirà la nostra dignità".

«Così impariamo che l'Eucaristia non è un premio per i buoni, ma è la forza per i deboli, per i peccatori. E' il perdono, è il viatico che ci aiuta ad andare, a camminare".

Uniti con i cristiani uccisi per la loro fede
La festa del "Corpus Domini" – conclude quindi Francesco – celebra il mistero dell'Eucaristia e lo fa lodare e cantare per le strade della città, e la processione è la "nostra riconoscenza per tutto il cammino che Dio ci ha fatto percorrere attraverso il deserto delle nostre povertà, per farci uscire dalla condizione servile, nutrendoci del suo Amore mediante il Sacramento del suo Corpo e del suo Sangue". E il suo ultimo pensiero è per coloro che non possono esprimere la loro fede:

«Sentiamoci uniti a loro: cantiamo con loro, lodiamo con loro, adoriamo con loro. E veneriamo nel nostro cuore quei fratelli e sorelle ai quali è stato chiesto il sacrificio della vita per fedeltà a Cristo: il loro sangue, unito a quello del Signore, sia pegno di pace e di riconciliazione per il mondo intero. E non dimentichiamo: per non disgregarvi, mangiate questo vincolo di comunione, per non svilirvi, bevete il prezzo del vostro riscatto».


venerdì 5 giugno 2015

È tutta l'umanità la «carne» di Dio


SS. Corpo e Sangue di Cristo (B)
Esodo 24,3-8 • Sal 115 • Ebrei 9,11-15 • Marco 14,12-16.22-26
(Visualizza i brani delle Letture)

Appunti per l'omelia

Prendete, questo è il mio corpo
Una parola precisa e nitida come un ordine: prendete. Incalzante come una dichiarazione: nelle mani, nella bocca, nell'intimo tuo voglio stare, come pane.
Prendete. Gesù non chiede ai discepoli di adorare, contemplare, pregare quel Pane, ma chiede come prima cosa di tendere le mani, di prendere, stringere, fare proprio il suo corpo che, come il pane che mangio, si fa cellula del mio corpo, respiro, gesto, pensiero. Si trasforma in me e mi trasforma a sua somiglianza. Come dice san Leone Magno: la nostra partecipazione al corpo e al sangue di Cristo non tende ad altro che a trasformarci in quello che riceviamo.

Se uno mangia di questo pane vivrà in eterno
Dio non è venuto nel mondo con il solo obiettivo di togliere i nostri peccati, visione riduttiva, sia di Dio che dell'uomo. Il suo progetto è molto più grande, più alto, più potente: portare il cielo nella terra, Dio nell'uomo, la vita immensa in questa piccola vita. Molto più del perdono dei peccati è venuto a dare: è venuto a dare se stesso. Come uno sposo che si dà alla sposa.

Vero pane… nutrici e difendici, portaci ai beni eterni, nella terra dei viventi
Siamo abituati a pensare Dio come Padre, portatore di quell'amore che ci è necessario per nascere; ma Dio è anche madre, che nutre di sé, del suo corpo i suoi figli. Ed è anche sposo, amore libero che cerca corrispondenza, che ci rende suoi partners, simili a lui.

Prendete questo corpo
Gesù vuole dirci: fate vostro questo mio modo di stare nel mondo, anche voi braccia aperte inviate alla terra.
Nel suo corpo Gesù ci da tutta la sua storia, di come amava, come piangeva, come gioiva, ciò che lo univa agli altri: parola, sguardo, gesto, ascolto, cuore. Perché il corpo di Cristo non sta solo nell'Eucaristia, Dio si è vestito d'umanità, al punto che l'umanità intera è la carne di Dio: quello che avete fatto a uno di questi l'avete fatto a me. Il Corpo di Cristo è sull'altare dell'Eucaristia, il corpo di Cristo è sull'altare del fratello, dei poveri, piccoli, forestieri, ammalati, anziani, disabili, le persone sole.

Che possiamo tutti diventare ciò che riceviamo: Corpo di Cristo. E sarà l'inizio di un umile e magnifico viaggio verso lo Sposo si è fatto sposo dell'ultimo fratello.


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Vedi anche:

Parola-sintesi proposta (breve commento e una testimonianza):
Prendete: questo è il mio corpo (Mc 14,22)
(vai al testo) - (---> pdf, formato A4, stampa a/r per A5)

Vedi anche analoga Parola-sintesi a suo tempo pubblicata (10/06/2012)
Prese il pane, lo spezzò e lo diede loro (Mc 14,22)
(vai al testo)

Vedi anche il post Appunti per l'omelia:
Il dono più grande (08/06/2012)

Commenti alla Parola:
  di Luigi Vari (VP 2015)
  di Marinella Perroni (VP 2012)
  di Claudio Arletti (VP 2009)
  di Enzo Bianchi