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venerdì 29 maggio 2015

L'umanità "specchio" della Trinità


Santissima Trinità (B)
Deuteronomio 4,32-34.39-40 • Sal 33 • Romani 8,14-17 • Matteo 28,16-20
(Visualizza i brani delle Letture)

Appunti per l'omelia

Nel nome del Padre e del Figlio e dello Spirito Santo
I cristiani non hanno, certo, l'esclusiva della fede in Dio, ma l'affermazione che in Dio esiste una paternità, una filiazione e un dono d'amore, è tipica del cristianesimo: un Dio TRINITÀ.
Il "libro", che ci introduce alla scoperta di Dio, è Gesù. Dalla croce, egli ci rivela che Dio è Padre e dono d'amore, Spirito Santo: «Emise (= soffiò) lo Spirito».
Diventa, quindi, chiaro l'invito che Gesù fa: «Andate e fate discepoli tutti i popoli, battezzandoli nel nome del Padre e del Figlio e dello Spirito Santo».

Battezzandoli nel nome
Battezzare (dal greco baptizo) significa immergere.
Nel nome: è la realtà stessa di colui che viene indicato.
Noi siamo immersi nella realtà di vita del Padre, del Figlio e dello Spirito: ciò che è tipico di Dio diventa tipico della persona umana. Le è donato col Battesimo e la persona è chiamata ad evidenziarla con la propria vita.
Vivendola ed annunciandola.

A me è stato dato ogni potere
Il potere, affidato dal Padre a Gesù, ora è affidato a noi. Non siamo chiamati a dare l'adesione a un concetto astratto, a professare una formula fredda, ma a testimoniare un'esperienza di salvezza vissuta.
Allora la "famiglia di Dio", l'umanità, è chiamata a realizzarsi nell'armonia, nell'incontro e nel dialogo dell'amore. E questa realizzazione sarà completa quando la forza di salvezza di Gesù Risorto avrà raggiunto, attraverso i discepoli, ogni uomo.
È una realtà che non può non toccare tutti i campi della vita umana:
economia: nella vita trinitaria c'è ricerca del bene dell'altro, reciprocità, uguaglianza, libertà, solidarietà, comunione dei beni. L'indifferenza per l'altro, lo sfruttamento, la disuguaglianza ingiusta, la corsa al guadagno negano esistenzialmente la fede in Dio;
lavoro: una mentalità "trinitaria" dà ad ogni lavoro il valore del "lavorare con" e del "lavorare per" e, in questo senso, non può che favorire la partecipazione ad ogni livello, tanto nella progettazione quanto nei frutti;
pedagogia: in una società "trinitaria" ciò che conta è il rapporto, il dialogo, l'incontro tra le diversità, in specie tra educatore e alunni. Non si tratta di sminuire il ruolo del docente, ma di riconoscere l'uguale dignità di tutti. Non si tratta di svalorizzare la necessità di conoscenze, di informazioni, di preparazione tecnica, ma di dar vita ad un processo di crescita in umanità, nel quale tutti abbiamo da imparare e al quale tutti abbiamo da contribuire.
La competizione individualistica viene così superata dalla condivisione.

Io sono con voi tutti i giorni
Mi ha scritto Luca, un amico: "Magari sarà la cosa più semplice del mondo, ma per me è stata una bomba. Ecco come andò la faccenda: avevo bisogno di don Mario, ma non era in casa e allora l'ho aspettato in chiesa, perché fuori pioveva. Mentre mi trovavo solo nel banco, mi sono guardato un po' in giro e poi mi sono fermato sul tabernacolo: Gesù era là, è sempre là, non se ne va mai di lì. Ho come scoperto la presenza di un Dio che è più vicino di quanto lo è un comune amico".


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Vedi anche:

Parola-sintesi proposta (breve commento e una testimonianza):
Ecco, io sono con voi tutti i giorni (Mt 28,20)
(vai al testo) - (---> pdf, formato A4, stampa a/r per A5)

Vedi anche analoga Parola-sintesi a suo tempo pubblicata (03/06/2012)
Io sono con voi tutti i giorni (Mt 28,20)
(vai al testo)

Vedi anche il post Appunti per l'omelia:
Nati dal cuore di Dio (01/06/2012)

Commenti alla Parola:
  di Luigi Vari (VP 2015)
  di Marinella Perroni (VP 2012)
  di Claudio Arletti (VP 2009)
  di Enzo Bianchi


martedì 26 maggio 2015

Master sul Diaconato


Il Centro Lateranense Alti Studi - CLAS della Pontificia Università Lateranense attiva il Master di I livello in Nuova Evangelizzazione e Identità Diaconale, realizzato in collaborazione con la Comunità del Diaconato in Italia, che si propone di offrire un'occasione di formazione d'eccellenza e specializzazione a tutti coloro che, avendo effettuato già degli studi teologici di base, vogliano approfondire il ministero diaconale a partire dall'acquisizione di una conoscenza specifica degli strumenti di ricerca, delle fonti esistenti e degli studi realizzati.

Ne ho già parlato in un post del 18/04/2015, Nuova evangelizzazione e identità diaconale (Vedi…).

Il programma didattico si sviluppa in 8 moduli rivolti alle principali aree scientifiche d'interesse, che verranno affrontate progressivamente nell'arco dei tre anni per consentire un'articolazione mirata dei contenuti.

I anno, 2015
Modulo 1: Modelli diaconali nel Nuovo Testamento
Modulo 2: Il Servizio diaconale nei primi secoli della Chiesa
Modulo 3: Il ripristino del Diaconato. Istanze teologiche da Trento al Concilio Vaticano II

II anno, 2016
Modulo 4: Alla ricerca di un'identità: ministero ordinato e diaconato
Modulo 5: Ministero diaconale, Chiesa locale e Post-Moderno
Modulo 6: Il Diaconato nella Legislazione ecclesiale post-conciliare

III anno, 2017
Modulo 7: Annuncio e nuovi linguaggi
Modulo 8: Un ministero di frontiera: sfide e risorse
Prove Finali


Scarica il dettaglio del Bando e la descrizione dei Moduli...

Vedi anche il Comunicato Stampa del Master...

domenica 24 maggio 2015

Lo Spirito Santo e i Carismi


Pentecoste.
Riporto un testo di Chiara Lubich del 1984, che illustra la realtà della Chiesa gerarchica e quella carismatica, di quella che nel 1997 Giovanni Paolo II chiamò il profilo "mariano" e "petrino" della Chiesa.
Testo pubblicato nella rivista "Nuova Umanità", VI, (Marzo-Aprile 1984) pp.3 6. (fonte: www.centrochiaralubich.org).
Nella foto l'incontro, nella Pentecoste del 1998, dei Movimenti ecclesiali e le Nuove Comunità con Giovanni Paolo II in San Pietro.


Si crede, alle volte, e si è creduto spesso attraverso i secoli, che vi sia contrapposizione fra una Chiesa gerarchica, governata dal Papa e dai Vescovi, e una Chiesa carismatica animata da doni particolari dello Spirito Santo.
In realtà, non è così. La Chiesa vista nella sua gerarchia e quella ammirata per determinati carismi sono aspetti complementari dell'unica Chiesa.
Cristo ha fondato, infatti, la sua Chiesa sugli Apostoli e sui Profeti (cf. Ef. 2, 20) e una Chiesa solamente gerarchica non è quella che Egli ha pensato, così come non lo è la cosìddetta carismatica. Gerarchia e carismi, piuttosto, sono opera dello stesso Spirito, dell'unico Spirito: lo Spirito Santo, posti a vivificare l'unica Chiesa.
Enumerando i vari carismi, Paolo inizia così : «Alcuni [uomini] sono posti da Dio nella Chiesa al primo grado come apostoli, al secondo come profeti...» (1Cor 13,28); che sarebbe come dire, per i secoli seguenti: Alcuni sono posti da Dio al primo grado come i Papi e i Vescovi, al secondo come talune persone carismatiche.
Con un paragone molto approssimativo possiamo dire che concepire la Chiesa senza il carisma degli Apostoli sarebbe come concepire un albero quasi esclusivamente con sole foglie, fiori e frutti, senza tronco e rami. Concepire la Chiesa con i soli Apostoli sarebbe come pensare un albero quasi esclusivamente con tronco e rami.
Sia la gerarchia che i profeti servono la Chiesa, ma, pur manifestando in modo diverso questo loro servizio, sono suscitati ambedue dallo Spirito Santo e dotati di carismi per edificarla.
I carismi della gerarchia, che lo Spirito Santo dona con metodicità attraverso la successione apostolica, servono più per guidare, istruire, santificare la Chiesa. Quelli dei profeti, che lo Spirito Santo, il quale soffia dove vuole, elargisce, quando gli sembra utile, con divina amorosa fantasia, servono più per rinnovarla, abbellirla, fortificarla come Sposa di Cristo. La Chiesa, infatti, splende maggiormente come Sposa di Cristo per questi carismi dei profeti.
Come Gesù, per l'opera dello Spirito Santo, è il Verbo di Dio fatto carne, così la Chiesa, per l'opera dello Spirito Santo in questi suoi straordinari doni, si mostra più evidentemente un Vangelo incarnato.
Lo Spirito, mentre la arricchisce con carismi «minori» (con doni di guarigione, dell'assistenza, delle lingue...), fa fiorire in tutti i tempi, come anche oggi, movimenti spirituali, ordini, congregazioni, famiglie religiose di tipo vario per mezzo di suoi strumenti. E ogni famiglia o ordine, ogni movimento o congregazione, se ben si osserva, non sono, per così dire, che l'«incarnazione», per mezzo dello Spirito, di una parola di Gesù, d'un suo atteggiamento, d'un fatto della sua vita, d'un suo particolare dolore...
Ci sono nella Chiesa gli ordini francescani, che continuano a predicare nel mondo, anche con la loro sola esistenza, la parola di Gesù: «Beati i poveri di spirito, perché di essi è il regno dei cieli». Ci sono i domenicani che, contemplando il Logos, il Verbo, spiegano e difendono la Verità. I Gesuiti che sottolineano la violenza evangelica: agere contra. I monaci che associano la contemplazione al lavoro. I carmelitani che adorano Dio sul Tabor, pronti a discendere per predicare e affrontare la morte. Nel giardino della Chiesa, nelle aiuole di san Vincenzo de' Paoli e di san Camillo de Lellis, e in molti altri ordini, congregazioni, istituti di carità, si aprono tutti i fiori della compassione cristiana e si ripete l'intervento del Buon Samaritano.
Santa Caterina e i suoi gridano la potenza del sangue di Cristo; santa Margherita Maria Alacoque, la tenerezza del Suo Cuore; i passionisti e le adoratrici del preziosissimo sangue non finiscono di meditare sul prezzo della nostra redenzione.
Le suore di Betlemme, di Nazareth, di Betania... sono espressioni concrete d'un momento della vita di Gesù.
Santa Teresina e i seguaci della sua Piccola Via sembrano eternare la parola: «Se non vi convertirete e non vi farete come i piccoli, non entrerete nel regno dei cieli».
Le congregazioni sorte per offrire alla Chiesa sempre nuovi missionari attuano il precetto di Gesù: «Andate e predicate a tutte le genti»...
Insomma, la Chiesa, per tutti questi preziosi carismi, si mostra come un maestoso Cristo dispiegato nei secoli.
E, per i numerosi membri delle varie famiglie religiose, diffusi spesso sui cinque Continenti, appare un Cristo dispiegato nello spazio.
Come il seno della Vergine all'Annunciazione concepì il Verbo di Dio per opera dello Spirito Santo, così per opera dello Spirito Santo s'incarna spiritualmente nell'anima dei fondatori delle varie famiglie religiose una parola di Cristo, una sua espressione. E i fondatori sono, di tempo in tempo, un messaggio di Dio detto al mondo, in genere a rimedio dei mali che lo affliggono, per i bisogni che lo attanagliano.
Anche il nostro tempo ha i suoi movimenti e le sue famiglie religiose. Sono anch'essi una parola di Dio offerta all'epoca moderna.
E giacché questa è afflitta dalla disunità fra le generazioni, fra le razze, fra i popoli; giacché è particolarmente sensibile alla divisione fra le Chiese; giacché questo tempo geme nell'incubo di una catastrofe nucleare per la sfiducia reciproca fra le nazioni, per il disamore, per l'odio, per le guerre già in atto, per le continue tensioni, una delle parole che Dio grida oggi, attraverso più d'un movimento, è: comunione, comunità, unità.
Ai nostri giorni, sembra che lo Spirito Santo, sull'onda del Concilio e come attuazione di esso, voglia vedere la Chiesa più unita. Sembra che non gli basti più un cristianesimo vissuto troppo individualmente; vuole che i cristiani vivano con maggiore perfezione il loro essere uno, essere comunità, essere Chiesa.
Ed ecco allora movimenti ecclesiali, in perfetta e cordiale unità con la gerarchia posta da Cristo come primo pilastro della Chiesa, che convogliano, nelle loro spiritualità moderne e forti, persone d'ambo i sessi, di tutte le età, di ogni vocazione: vergini e coniugati, preti e laici, religiosi e religiose...
Ecco brillare nuovamente e più pienamente la fondamentale vocazione, la supervocazione del cristiano: l'amore, quell'amore reciproco che genera comunione, che ha per effetto l'unità, che costruisce la comunità; quell'amore vicendevole in cui tutti gli uomini, creati ad immagine di Dio Uno e Trino, ritrovano se stessi, e le famiglie religiose la radice della loro particolare vocazione con la possibilità di rinnovamento e nuovo rilancio. Povertà, infatti, obbedienza e castità, opere di misericordia di qualsiasi genere, e predicazione, studio o qualunque attività, ogni atteggiamento del cristiano e dello stesso religioso, pur indirizzato al bene, hanno la loro piena fecondità solo nell'amore. Con questo contenuto, i Movimenti spirituali sono stati fondati dai loro padri o dalle loro madri, con questo significato.
Così tutti, grazie allo Spirito Santo ed ai suoi nuovi carismi, qualsiasi posto occupino nella Chiesa e nel mondo, formano una sola cosa, abitano un'unica casa, vivono in una sola famiglia: in quella realtà che è la Chiesa, la quale deve e può rispondere alle esigenze struggenti e impellenti del mondo contemporaneo, anzitutto col suo essere Corpo di Cristo.
Sia, dunque, lodato e ringraziato lo Spirito Santo per quanto opera anche oggi attraverso questi carismi, e per quelli qui non direttamente menzionati. Per essi, Egli diventi per gli uomini del nostro tempo un po' meno il «Dio sconosciuto».

Chiara Lubich

sabato 23 maggio 2015

Lo Spirito che dà vita alla Parola


Pentecoste (B)
Atti 2,1-11 • Sal 103 • Galati 5,16-25 • Giovanni 15,26-27; 16,12-15
(Visualizza i brani delle Letture)
(Vedi anche i brani delle Letture della Messa vespertina della vigilia)


Appunti per l'omelia

Si trovavano tutti insieme nello stesso luogo
Un gruppo di uomini e donne nella stanza al piano superiore (At 1,13), dentro una casa. La casa, simbolo di interiorità e di accoglienza; nella stanza al piano alto, da dove lo sguardo può spaziare più lontano e più in alto; in una casa qualunque, affermazione della libertà dello Spirito, che non ha luoghi autorizzati o riservati, e ogni casa è suo tempio.

Venne dal cielo come un vento impetuoso e riempì tutta la casa
Il vento, che conduce pollini di primavera e disperde la polvere, che porta fecondità e smuove le cose immobili. Che non sai da dove viene e dove va, folate di dinamismo che apre respiri e orizzonti e ti fa pensare in grande. Mentre siamo impegnati a tracciare i confini di casa nostra, lui spalanca finestre, dilata lo sguardo. Ci fa comprendere che dove io finisco inizia il mondo, che la fine dell'isola corrisponde all'inizio dell'oceano, che dove questa mia vita termina comincia la vita infinita. Io confino con Dio.

Apparvero loro lingue come di fuoco…
Il fuoco. Lo Spirito tiene acceso qualcosa in noi anche nei giorni spenti, accende fiammelle di amore, sorrisi, capacità di perdonare; e la cosa più semplice: la voglia da amare la vita, la voglia di vivere. Noi nasciamo accesi, i bambini sono accesi, poi i colpi duri della vita possono spegnerci. Ma noi possiamo attingere ad un fuoco che non viene mai meno, allo Spirito, accensione del cuore lungo la strada e sua giovinezza.

Quando verrà… lo Spirito della verità vi guiderà a tutta la verità
Giorno di Pentecoste e ci domandiamo: come agisce lo Spirito santo, che cosa fa in noi e per noi? Dice l'angelo a Maria: Verrà lo Spirito e porterà dentro di te il Verbo. Dice Gesù ai discepoli: Verrà lo Spirito e vi riporterà al cuore tutte le mie parole. Da duemila anni lo Spirito ripete incessantemente nei cristiani la stessa azione che ha compiuto in Maria: incarnare il Verbo, dare vita alla Parola. Lo fa ad esempio quando accolgo le parole del Vangelo. Può succedere che queste spesso scivolino via, come cose che so da sempre, senza presa sul cuore. Poi un giorno succede che una di queste parole all'improvviso si accende, mi pare di sentirla per la prima volta, la pagina del Vangelo palpita, come una lettera indirizzata a me, scritta per me, contemporanea ai miei sogni, alle mie pene, ai miei dubbi. È lo Spirito che mi ri-corda (letteralmente: mi riporta al cuore) le parole di Gesù. Al cuore, non alla mente. Le fa germe vitale, non elaborato mentale… e sei toccato da Dio.


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Vedi anche:

Parola-sintesi proposta (breve commento e una testimonianza):
Lo Spirito della verità vi guiderà a tutta la verità (Gv 16,13)
(vai al testo) - (---> pdf, formato A4, stampa a/r per A5)

Vedi anche analoga Parola-sintesi a suo tempo pubblicata (27/05/2012)
Vieni Santo Spirito, riempi i cuori dei tuoi fedeli (Canto al Vangelo)
(vai al testo)

Vedi anche il post Appunti per l'omelia:
L'inestimabile dono (25/05/2012)

Commenti alla Parola:
  di Luigi Vari (VP 2015)
  di Marinella Perroni (VP 2012)
  di Claudio Arletti (VP 2009)
  di Enzo Bianchi


martedì 19 maggio 2015

La gioia, dono del Risorto, respiro della comunità


In questo tempo di Pasqua quasi quotidianamente il vangelo ci parla della gioia che il Signore Risorto ci dona; di quella gioia che Gesù vuole che sia "piena". Una gioia che scaccia ogni timore, ogni paura. Infatti, «chi sta nell'amore dimora in Dio e Dio Dimora in lui… Nell'amore non c'è timore, al contrario l'amore perfetto scaccia il timore…» (1Gv 4,16.18).
La gioia quindi ha la sua radice nell'esperienza di Dio che è Amore: nell'amore che noi rivolgiamo a Lui, attraverso l'amore al fratello (cf 1Gv 4,19-20).
È la radice della nostra diaconia, del nostro concreto servizio verso chi il Signore ci mette accanto; la radice per una comunità viva, di figli e fratelli che sperimentano la gioia della presenza del Risorto.

Lo ha detto Gesù:
«Come il Padre ha amato me, anche io ho amato voi. Rimanete nel mio amore. Se osserverete i miei comandamenti, rimarrete nel mio amore, come io ho osservato i comandamenti del Padre mio e rimango nel suo amore. Vi ho detto queste cose perché la mia gioia sia in voi e la vostra gioia sia piena (Gv 15,9-11).

Ma è una gioia che nasce anche dall'aver superato i momenti di difficoltà, di solitudine, di tentazione:
«In verità, in verità io vi dico: voi piangerete e gemerete, ma il mondo si rallegrerà. Voi sarete nella tristezza, ma la vostra tristezza si cambierà in gioia. La donna, quando partorisce, è nel dolore, perché è venuta la sua ora; ma, quando ha dato alla luce il bambino, non si ricorda più della sofferenza, per la gioia che è venuto al mondo un uomo. Così anche voi, ora, siete nel dolore; ma vi vedrò di nuovo e il vostro cuore si rallegrerà e nessuno potrà togliervi la vostra gioia. Quel giorno non mi domanderete più nulla. In verità, in verità io vi dico: se chiederete qualche cosa al Padre nel mio nome, egli ve la darà. Finora non avete chiesto nulla nel mio nome. Chiedete e otterrete, perché la vostra gioia sia piena» (Gv 16,20-24).

È quella gioia che Gesù ha chiesto al Padre prima di morire, prima del dono della sua vita: «Ma ora io vengo a te e dico questo mentre sono nel mondo, perché abbiano in se stessi la pienezza della mia gioia» (Gv 17,13).

Anche Papa Francesco, nell'omelia del 15 maggio scorso, ha parlato di questa gioia, guardando a «comunità paurose e senza gioia», che quindi «sono malate, non sono comunità cristiane».
«Paura e tristezza fanno ammalare le persone e anche la Chiesa, perché paralizzano, rendono egocentrici e finiscono per viziare l'aria delle comunità che sulla porta espongono il cartello "vietato" perché hanno paura di tutto. È invece la gioia, che nel dolore arriva a essere pace, l'atteggiamento coraggioso del cristiano, sostenuto dal timor di Dio e dallo Spirito Santo».
«La paura è un atteggiamento che ci fa male, ci indebolisce, ci rimpiccolisce, ci paralizza anche».
La paura, infatti, «non è un atteggiamento cristiano», ma «è un atteggiamento, possiamo dire, di un'anima incarcerata, senza libertà, che non ha libertà di guardare avanti, di creare qualcosa, di fare del bene».
La paura, però, «va distinta dal timore di Dio, con la quale non ha nulla a che vedere». Il timore di Dio, ha affermato il Pontefice, «è santo, è il timore dell'adorazione davanti al Signore e il timore di Dio è una virtù». Esso, infatti, «non rimpiccolisce, non indebolisce, non paralizza»; al contrario, «porta avanti verso la missione che il Signore dà».

La gioia, invece, è il distintivo del cristiano, quella gioia che nessuno ci potrà togliere, come ci assicura Gesù.
Ma «la gioia cristiana - ha avvertito il Papa - non è un semplice divertimento, non è un'allegria passeggera». Piuttosto, «la gioia cristiana è un dono dello Spirito Santo: è avere il cuore sempre gioioso perché il Signore ha vinto, il Signore regna, il Signore è alla destra del Padre, il Signore ha guardato me e mi ha inviato e mi ha dato la sua grazia e mi ha fatto figlio del Padre». Ecco cosa è davvero «la gioia cristiana».
Un cristiano, perciò, «vive nella gioia». Quella gioia che nei momenti del dolore diventa "pace": «Pensiamo a Gesù sulla Croce: aveva gioia? Eh no! Ma sì, aveva pace!». Infatti, «la gioia, nel momento del dolore, della prova, diviene pace». Invece «un divertimento nel momento del dolore diviene oscurità, diviene buio».
Ecco perché «un cristiano senza gioia non è cristiano; un cristiano che vive continuamente nella tristezza non è cristiano». A «un cristiano che perde la pace, nel momento delle prove, delle malattie, di tante difficoltà, manca qualcosa».
È ciò che «accade nei cristiani, accade nelle comunità, nella Chiesa intera, nelle parrocchie, in tante comunità cristiane, … paurose, che vanno sempre sul sicuro: "No, no, non facciamo questo... No, no, questo non si può, questo non si può"». Ma «anche una comunità senza gioia è una comunità ammalata, perché quando non c'è la gioia c'è il vuoto». Dunque, «quando la Chiesa è paurosa e quando la Chiesa non riceve la gioia dello Spirito Santo, la Chiesa si ammala, le comunità si ammalano, i fedeli si ammalano».


Ascolta il servizio della Radio Vaticana





venerdì 15 maggio 2015

Il Vangelo per ogni uomo


Ascensione del Signore (B)
Atti 1,1-11 • Sal 46 • Efesini 4,1-13 • Marco 16,15-20
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Appunti per l'omelia

Gesù fu elevato in cielo
Gesù per primo ha attraversato il mondo degli uomini, ne ha condiviso la storia: il "cielo" è il compimento di questa storia. Tutto ciò che accade, successi e insuccessi, rapporti d'amore e ingiustizie, gioie e sofferenze, non è estraneo al "progetto" di Dio, trova un significato nuovo.
Gesù, lo "sconfitto" secondo la logica umana, è proclamato dal Padre "suo servo fedele". Non ha instaurato il tanto atteso dominio del popolo d'Israele, non ha sottomesso i nemici con la spada, ma ha dato inizio al "regno di Dio", a un mondo completamente nuovo. Per questa sua fedeltà il Padre lo ha esaltato (Fil 2,6-11), lo ha fatto ascendere al cielo (Ef 4,8-9), ha sottomesso a lui ogni creatura (1Cor 15,27), "lo ha fatto sedere alla sua destra" (1Pt 3,18-22).

Andate in tutto il mondo e proclamate il Vangelo a ogni creatura
A questa "buona notizia" (eu-anghelion) ha diritto "ogni creatura": l'umanità e, per essa, tutta la creazione. Tutto è "ricapitolato" nel destino di Gesù. Ogni uomo è un "candidato" all'incontro con Gesù e ad essere protagonista nel portare a compimento la Sua opera.
Per questo Paolo scrive: "La creazione attende con impazienza la rivelazione dei figli di Dio e nutre la speranza di essere liberata dalla schiavitù della corruzione" (Rm 8,19-21).
Per questo compito così importante e universale Gesù ha garantito la sua presenza: "… il Signore agiva insieme con loro".

Chi crederà e sarà battezzato
Il battesimo è una conseguenza e un segno della "fede": sentire che Gesù è essenziale per la mia vita, che il suo Vangelo è "parola che mi fa vivere".
Non è una "garanzia" di salvezza in sé: "chi crede ed è battezzato è salvato".
Per questo il battesimo dura tutta una vita!

Confermava la Parola con i segni
La Parola ascoltata e vissuta non può non produrre frutti:
scacceranno i demoni, le forze di male e di morte che si trovano nell'uomo: orgoglio, invidia, gelosia, ira, lussuria;
parleranno lingue nuove, non il linguaggio dell'insulto, della tracotanza, della violenza, del giudizio, ma quello del perdono, della stima reciproca, del servizio;
prenderanno in mano i serpenti: non si ha paura delle forze avverse, perché è sempre attuale l'invito che percorre tutto il Vangelo: "Non temete";
imporranno le mani ai malati: la comunità cristiana è portatrice di una forza divina capace di ricreare il mondo, a partire da quella comunione di vita in cui ciascuno si sente "vivo" e importante.



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Vedi anche:

Parola-sintesi proposta (breve commento e una testimonianza):
Essi partirono e predicarono dappertutto (Mc 16,20)
(vai al testo) - (---> pdf, formato A4, stampa a/r per A5)

Vedi anche analoga Parola-sintesi a suo tempo pubblicata (20/05/2012)
Proclamate il Vangelo a ogni creatura (Mc 16,15)
(vai al testo)

Vedi anche il post Appunti per l'omelia:
In attesa di rivederlo (18/05/2012)

Commenti alla Parola:
  di Luigi Vari (VP 2015)
  di Marinella Perroni (VP 2012)
  di Claudio Arletti (VP 2009)
  di Enzo Bianchi

giovedì 14 maggio 2015

Accogliere Dio e accogliere l'altro, un unico gesto


In occasione della Santa Messa per l'apertura della 20a assemblea generale della Caritas Internationalis, papa Francesco, nella sua omelia il 12 maggio scorso, ha tratteggiato alcune linee essenziali della natura e dell'azione della Caritas.
"Accogliere", "servire", "provvedere", "andare incontro", "preparare la tavola". Sono queste le parole che scandiscono l'omelia di Papa.
Ogni diaconia, in modo particolare quella ordinata, ha nella Caritas il suo luogo speciale di testimonianza e di azione; ma anche in ogni nostro atto di carità in favore del prossimo nel quale ravvisiamo il volto di Cristo.

Il Papa prende spunto dall'episodio degli Atti (16,22-34), dove si racconta della figura del carceriere del carcere di Filippi dove Paolo e Sila erano imprigionati, della miracolosa liberazione e del processo di conversione del carceriere e della sua famiglia.
«Il racconto ci dice che quell'uomo fece subito i passi essenziali del cammino di fede e di salvezza: ascolta la parola del Signore, insieme ai suoi familiari; lava le piaghe di Paolo e Sila; riceve il Battesimo con tutti i suoi; e infine accoglie Paolo e Sila a casa sua, prepara la tavola e offre loro da mangiare, pieno di gioia. Tutto il percorso della fede».
«Il Vangelo, annunciato e creduto, spinge a lavare i piedi e le piaghe dei sofferenti e a preparare per loro la mensa. Semplicità dei gesti, dove l'accoglienza della Parola e del sacramento del Battesimo si accompagna all'accoglienza del fratello, quasi si trattasse di un unico gesto: accogliere Dio e accogliere l'altro; accogliere l'altro con la grazia di Dio; accogliere Dio e manifestarlo nel servizio al fratello. Parola, Sacramenti e servizio si richiamano a vicenda e si alimentano a vicenda, come si vede già in queste testimonianze della Chiesa delle origini».
«Possiamo vedere in questo gesto – prosegue il papa - tutta la chiamata di Caritas».
«Caritas è Chiesa in moltissime parti del mondo, e deve trovare ancora più diffusione anche nelle diverse parrocchie e comunità, per rinnovare quanto è avvenuto nei primi tempi della Chiesa. Infatti la radice di tutto il vostro servizio sta proprio nell'accoglienza, semplice e obbediente, di Dio e del prossimo. Questa è la radice. Se si toglie questa radice, Caritas muore».
«E questa accoglienza si compie in voi personalmente, perché poi andiate nel mondo, e lì serviate nel nome di Cristo che avete incontrato e che incontrate in ogni fratello e sorella a cui vi fate vicini; e proprio per questo si evita di ridursi ad una semplice organizzazione umanitaria. E Caritas di ciascuna Chiesa particolare, anche la più piccola, è la stessa: non ci sono Caritas grandi e Caritas piccole, tutte sono uguali».
«Chi vive la missione di Caritas non è un semplice operatore, ma appunto un testimone di Cristo. Una persona che cerca Cristo e si lascia cercare da Cristo; una persona che ama con lo spirito di Cristo, lo spirito della gratuità, lo spirito del dono. Tutte le nostre strategie e pianificazioni restano vuote se non portiamo in noi questo amore. Non il nostro amore, ma il suo. O meglio ancora, il nostro purificato e rafforzato dal suo».

«Preparare la tavola per tutti, e chiedere che ci sia una tavola per tutti. Fare quello che possiamo perché tutti abbiano da mangiare, ma anche ricordare ai potenti della terra che Dio li chiamerà a giudizio un giorno, e si manifesterà se davvero hanno cercato di provvedere il cibo per Lui in ogni persona (cf Mt 25,35) e se hanno operato perché l'ambiente non sia distrutto, ma possa produrre questo cibo».
«E pensando alla tavola dell'Eucaristia, non possiamo dimenticare quei nostri fratelli cristiani che sono stati privati con la violenza sia del cibo per il corpo sia di quello per l'anima: sono stati cacciati dalle loro case e dalle loro chiese, a volte distrutte».
«Insieme a tanti altri organismi di carità della Chiesa, Caritas rivela dunque la forza dell'amore cristiano e il desiderio della Chiesa di andare incontro a Gesù in ogni persona, soprattutto quando è povera e soffre».

Ascolta il servizio della Radio Vaticana



sabato 9 maggio 2015

Un "come" sconvolgente


6a domenica di Pasqua (B)
Atti 10,25-27.34-35.44-48 • Sal 97 • 1Giovanni 4,7-10 • Giovanni 15,9-17
(Visualizza i brani delle Letture)

Appunti per l'omelia

COME il Padre ha amato me, COSÌ io ho amato voi…
…COME io ho amato voi, COSÌ amatevi gli uni gli altri

È sconvolgente questa "cascata" di "come": nel legame d'amore che ci unisce fra noi si manifesta (si può manifestare) lo stesso legame d'amore che unisce il Padre a Gesù.
Basterebbe forse questa osservazione per dare senso al brano di oggi (cf Gv 15,9-17) e, direi, a tutto il Vangelo: che proprio per questo acquista tutto il senso di "bella notizia"!

Questo è il MIO comandamento…
In questa luce possiamo capire perché Gesù definisca "suo" il comandamento dell'amore reciproco. Non solo perché lui l'ha vissuto per primo, fino alle estreme conseguenze, ma perché in esso si rispecchia ciò che lo unisce al Padre, che costituisce la sua stessa vita.
Il termine "comandamento" non può essere quindi inteso come "legge", ma come orientamento e stile di vita che si realizza in ogni momento. E poiché la vita di Gesù sta a cuore al Padre più di ogni altra cosa e poiché la vita nostra sta a cuore a Gesù più di ogni altra cosa, così dovrebbe avvenire nel rapporto fra noi.

Nessuno ha un AMORE PIÙ GRANDE di questo: dare la vita…
Non è solo Gesù che dà la sua vita per noi, ma è il Padre che dà la vita per Gesù: non abbiamo ancora scoperto quanto il Padre abbia "sofferto" nel momento della croce di Gesù.
Ma è l'amore che arriva fino in fondo: la vita del Padre è intrecciata a quella di Gesù, la vita di Gesù è intrecciata alla nostra, la vita nostra è intrecciata a quella dei fratelli.
Dovrebbe essere "logico" che, se la mia vita dipende da quella degli altri, la vita degli altri dipenda dalla mia … il "dono" è la cultura nuova che può e deve permeare qualsiasi rapporto.

Vi ho detto queste cose perché la MIA gioia sia in voi e la VOSTRA gioia sia piena
Anche questo è un passaggio per certi versi sconvolgente. La "gioia" di Gesù è per la nostra gioia.
Solo nell'amore c'è la pienezza della gioia: per questo Gesù ci chiede di rimanere in Lui.
La sua gioia è nel rapporto col Padre, la nostra gioia è dentro questo rapporto … solo facendolo nostro nella sua logica di dono pieno, troviamo "pienezza" di gioia.

Dentro questa realtà riscopriamo il senso dell'Eucaristia: "Chi mangia la mia carne e beve il mio sangue, rimane in me e io in lui" (Gv 6,56).
Non per nulla l'invocazione più importante della preghiera eucaristica è: "… per la comunione al corpo e sangue del Cristo, lo Spirito Santo ci riunisca in un solo corpo (= ci faccia vivere quell'amore che rende possibile sentirci ed essere un solo corpo)".
Il "vero" corpo di Gesù è la chiesa, la comunità, al cui servizio si pone il corpo "eucaristico": questo non ha senso se non per costruire quel "popolo" che oggi manifesta all'umanità la presenza di Gesù.

"Guarda come si amano" si diceva dei primi cristiani. Possiamo dire che sia così per le nostre comunità, per le nostre famiglie?



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Vedi anche:

Parola-sintesi proposta (breve commento e una testimonianza):
Io ho scelto voi (Gv 15,16)
(vai al testo) - (---> pdf, formato A4, stampa a/r per A5)

Vedi anche analoga Parola-sintesi a suo tempo pubblicata (13/05/2012)
Amiamoci gli uni gli altri (1Gv 4,7)
(vai al testo)

Vedi anche il post Appunti per l'omelia:
L'amore che è da Dio (12/05/2012)

Commenti alla Parola:
  di Luigi Vari (VP 2015)
  di Marinella Perroni (VP 2012)
  di Claudio Arletti (VP 2009)
  di Enzo Bianchi

lunedì 4 maggio 2015

Imitatori di Gesù nel "popolo sacerdotale"


Domenica 26 aprile scorso, IV di Pasqua, papa Francesco ha ordinato 19 sacerdoti.
Nell'omelia ha ricordato alcune caratteristiche del sacerdote, che voglio riportare e fare mie, perché ben si addicono anche a chi esercita il ministero diaconale.

Ecco alcuni passaggi:


«Leggete e meditate assiduamente la Parola del Signore per credere ciò che avete letto, insegnare ciò che avete appreso nella fede, vivere ciò che avete insegnato.
E questo sia il nutrimento del Popolo di Dio; che le vostre omelie non siano noiose; che le vostre omelie arrivino proprio al cuore della gente perché escono dal vostro cuore, perché quello che voi dite a loro è quello che voi avete nel cuore. Così si dà la Parola di Dio e così la vostra dottrina sarà gioia e sostegno ai fedeli di Cristo; il profumo della vostra vita sarà la testimonianza, perché l'esempio edifica, ma le parole senza esempio sono parole vuote, sono idee e non arrivano mai al cuore e addirittura fanno male: non fanno bene!».

«Quando celebrate la Messa… Non farlo di fretta! Imitate ciò che celebrate - non è un rito artificiale, un rituale artificiale - perché così, partecipando al mistero della morte e risurrezione del Signore, portiate la morte di Cristo nelle vostre membra e camminiate con Lui in novità di vita».

«…in comunione filiale con il vostro Vescovo, impegnatevi a unire i fedeli in un'unica famiglia - siate ministri dell'unità nella Chiesa, nella famiglia -, per condurli a Dio Padre per mezzo di Cristo nello Spirito Santo. E abbiate sempre davanti agli occhi l'esempio del Buon Pastore, che non è venuto per essere servito, ma per servire; non per rimanere nelle sue comodità, ma per uscire e cercare e salvare ciò che era perduto».


Clicca per vedere il servizio CTV

Ascolta il servizio della Radio Vaticana


sabato 2 maggio 2015

L'intima nostra linfa divina


5a domenica di Pasqua (B)
Atti 9,26-31 • Sal 21 • 1Giovanni 3,18-24 • Giovanni 15,1-8
(Visualizza i brani delle Letture)

Appunti per l'omelia

Io sono la vite vera e il Padre mio è l'agricoltore…
Cristo vite, io tralcio: io e lui la stessa cosa! Stessa pianta, stessa vita, unica radice, una sola linfa. Lui in me e io in lui, come figlio nella madre. E il mio padre è il vignaiolo: Dio raccontato con le parole semplici della vita e del lavoro. Un Dio che mi lavora, si dà da fare attorno a me, non impugna lo scettro ma le cesoie… per farmi portare sempre più frutto.
E poi una novità assoluta: mentre nei profeti e nei salmi del Primo Testamento, Dio era descritto come il padrone della vigna, contadino operoso, vendemmiatore attento, tutt'altra cosa rispetto alle viti, ora Gesù afferma qualcosa di rivoluzionario: "Io sono la vite, voi siete i tralci". Facciamo parte della stessa pianta, come le scintille nel fuoco, come una goccia nell'acqua, come il respiro nell'aria.

Io sono la vite, voi i tralci … Rimanete in me e io in voi
Con l'Incarnazione di Gesù, Dio che si innesta nell'umanità e in me, è accaduta una cosa straordinaria: il vignaiolo si è fatto vite, il seminatore seme, il vasaio si è fatto argilla, il Creatore creatura. La vite-Gesù spinge la linfa in tutti i miei tralci e fa circolare forza divina per ogni mia fibra.
Dio che mi sei intimo, che mi scorri dentro, tu mi vuoi sempre più vivo e più fecondo di gesti d'amore... Quale tralcio desidererebbe staccarsi dalla pianta? Perché mai vorrebbe desiderare la morte?

Chi rimane in me, e io in lui, porta molto frutto… Ogni tralcio che porta frutto lo pota perché porti più frutto
Potare la vite non significa amputare, inviare mali o sofferenze, bensì dare forza, qualsiasi contadino lo sa: la potatura è un dono per la pianta. Dio opera per l'incremento, per l'intensificazione di tutto ciò che di più bello e promettente abita in noi.
Tra il ceppo e i tralci della vite, la comunione è data dalla linfa che sale e si diffonde fino all'ultima gemma. Noi portiamo un tesoro nei nostri vasi d'argilla, un tesoro divino: c'è un amore che sale lungo i ceppi di tutte le vigne, di tutte le esistenze, un amore che sale in me e irrora ogni fibra.

Se noi sapessimo quale energia c'è nella creatura umana! Abbiamo dentro una vita che viene da prima di noi e va oltre noi. Viene da Dio, radice del vivere, che ripete a ogni piccolo tralcio: Ho bisogno di te per grappoli profumati e dolci; di te per una vendemmia di sole e di miele.



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Vedi anche:

Parola-sintesi proposta (breve commento e una testimonianza):
Io sono la vite, voi i tralci (Gv 15,5)
(vai al testo) - (---> pdf, formato A4, stampa a/r per A5)

Vedi anche analoga Parola-sintesi a suo tempo pubblicata (6/05/2012)
Chi rimane in me, e io in lui, porta molto frutto (Gv 15,5)
(vai al testo)

Vedi anche il post Appunti per l'omelia:
Rimanere in Lui, garanzia di fecondità (4/05/2012)

Commenti alla Parola:
  di Luigi Vari (VP 2015)
  di Marinella Perroni (VP 2012)
  di Claudio Arletti (VP 2009)
  di Enzo Bianchi


venerdì 1 maggio 2015

Il Diaconato in Italia



Il diaconato in Italia n° 190
(gennaio/febbraio 2015)

L'umanità di Cristo fonte della diaconia





ARTICOLI
Umanità di Dio e diaconia cristiana (Giuseppe Bellia)
Imparare Cristo (Armando Matteo)
L'umano alla prova dell'era tecnologica (Luca Bassetti)
La commozione del Figlio dell'Uomo (Andrea Spinelli)
Il volto del sofferente (Luciano Manicardi)
Humanitas Jesu (Giovanni Chifari)
La fede che umanizza (Franco Annicchiarico)
Prossimo fino alla condivisione (Gaetano Marino)
Fonte della diaconia (Francesco Giglio)
Il diaconato nel pensiero di papa Francesco (Enzo Petrolino)
«Non c'è altra strada che…» (Jorge Mario Bergoglio)
Diacono per sempre (Joseph Ratzinger)
Un pastore alla sua diocesi (Edoardo Tincani)
IL dono del diaconato permanente (Massimo Camisasca)
La circolarità dei gradi dell'ordine (Luca Gabbi)

TESTIMONIANZE
Luce e tenebre (Piero Gabbi)

NOTIZIARIO
Giornata regionale dei diaconi a Salerno

RIQUADRI
La vera mediazione (Benedetto XVI)
Gesù l'uomo di Nazareth (Giuseppe Bellia)


(Vai ai testi…)