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venerdì 13 giugno 2014

Nell'abbraccio di Dio, la nostra vita


Santissima Trinità (A)

Appunti per l'omelia

Il mistero che in questa solennità celebriamo, il mistero della intima essenza di Dio, del suo essere Padre e Figlio e Spirito, ci pone nell'atteggiamento di una contemplazione che non può esaurirne la comprensione né pretendere di afferrarlo.
Ma nel cuore dell'uomo c'è il desiderio struggente di "vedere Dio".
Così è per Mosè (cf Es 34,4b-6.8-9), che intercede per il suo popolo che si era macchiato del peccato di idolatria con la costruzione del vitello d'oro. Mosè, cuore a cuore con il suo Dio, è proteso a provocare l'irrompere della misericordia piuttosto che l'ira di Dio, perché ne ha conosciuto, nell'esperienza della liberazione dall'Egitto, la sua intimità, il suo mistero imperscrutabile. «Il Signore passò davanti a lui, proclamando: "Il Signore, il Signore, Dio misericordioso e pietoso, lento all'ira e ricco di amore e di fedeltà"», nonostante il popolo sia «un popolo di dura cervice».
L'incontro dell'uomo di Dio con il mistero che lo attrae, pur sapendo che non può saziarsi della conoscenza di Dio, comprende tuttavia che più si avvicina alla sorgente del fuoco dell'amore più desidera esserne consumato: è scacciato ogni timore e vi si espone con tutto se stesso.
Questo desiderio si compirà solo con Gesù. Possiamo immaginare l'analoga richiesta di Filippo: «Mostraci il Padre e ci basta» (Gv 14,8). Ma ora, però, l'ineffabile ha un volto d'uomo, ha parole d'uomo. A Mosè il Signore non si mostra in tutta la sua gloria, ma passa proclamando il proprio nome. Ma non è solo la sua essenza: è il senso di una storia e la promessa di un avvenire. Dio è «misericordioso e pietoso». Se la «misericordia» è l'intimo avvertire di una compassione che stringe le viscere, la «pietà» invece allude al gesto del sovrano che si china per farsi vicino al proprio suddito. Il nome di Dio ci racconta l'avventura del suo sentimento e la concretezza del suo gesto. La preghiera di Mosè diventa così richiesta di perdono e appello alle "viscere" di Dio. È così che Dio cammina in mezzo al suo popolo e la sua presenza si riflette nella vita della comunità, come spiega san Paolo (cf 2Cor 13,11-13) quando esorta i cristiani di Corinto alla reciprocità nel sostenersi, a farsi «coraggio a vicenda», ad avere «gli stessi sentimenti».
Il mistero trinitario è proprio questo: reciprocità del Padre, del Figlio e dello Spirito Santo. L'augurio e la preghiera di Paolo, non diversamente da quella di Mosè, è invocazione di una presenza e di una compagnia. Il perdono di Dio, il suo agire benevolo e fedele viene così riflesso dalla Chiesa, segno e presenza dell'amore e della comunione trinitaria sulla terra. Nei rapporti vicendevoli, infatti, i cristiani possono, per grazia, mostrare anche solo un piccolo frammento di quel mistero che ci contiene e nel nome del quale esistiamo.
È la luce che illumina la notte di Nicodemo, nel suo silenzio dopo l'esposizione dei propri dubbi, così come è narrata dal passo evangelico (cf Gv 3,16-18), dove è il Figlio che parla e presenta la paradossale opzione del Padre: consegnare il Figlio perché il mondo abbia la vita. Ben oltre la rivelazione del nome, ben oltre l'imitazione della comunione trinitaria, qui tutta la vita del mondo viene inondata dal dono di Dio. Il Padre si dona attraverso il dono del Figlio, il quale, nell'istante della morte, effonderà lo Spirito. Il perdono invocato da Mosè per il popolo peccatore si compie come assenza di giudizio. Il Padre non ha scelto la via più consequenziale all'infedeltà dell'uomo. Ha scelto non di giudicare, ma di salvare: «Dio non ha mandato il Figlio nel mondo per condannare il mondo, ma perché il mondo sia salvato per mezzo di lui». Questo amore che redime non può che essere consumato nell'annientamento di sé. Solo nella perdita della vita del Figlio il mondo può accedere alla vita che non ha fine.
Questo mistero santo chiede di essere accolto in quella fede che è credere all'amore prima che praticare precetti o coltivare semplici abitudini religiose.
(passi e spunto da Il Tesoro e la Perla, di C.Arletti)

Vedi analoghi Post:
Nati dal cuore di Dio (Santissima Trinità 2012)
Nel vortice dell'amore della Trinità (Santissima Trinità 2013)


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Vedi anche:

Parola-sintesi proposta (breve commento e una testimonianza):
Dio ha tanto amato il mondo (Gv 3,16)
(vai al testo) - (pdf, formato A5/A4c)

Commenti alla Parola:
  di Gianni Cavagnoli (VP 2014)
  di Marinella Perroni (VP 2011)
  di Enzo Bianchi


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