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sabato 31 maggio 2014

La carità che porta all'unità


Nella festa della Visitazione di Maria il pensiero va a quel suo "andare in fretta" dalla cugina Elisabetta: incontro di due donne e del mistero di due bambini. Un andare ed un incontrarsi la cui unica ragione è l'amore. Un amore sperimentato nell'intimo del cuore, come viene espresso dal Cantico dei Cantici: «Alzati amica mia, mia tutta bella e vieni! O mia colomba, che stai nelle fenditure della roccia… mostrami il tuo viso, fammi sentire la tua voce…». È una voce che narra le «grandi cose» che il Signore ha compiuto e compie. È un amore che fa incontrare. È una carità che porta all'unità.
Per tutti i discepoli di Gesù, e quindi a maggior ragione per chi esercita una diaconia nella comunità, sono un richiamo quanto scritto da san Gregorio di Nissa nelle omelie sul Cantico dei Cantici, di cui riporto un brano.

«Se davvero l'amore riesce ad eliminare la paura e questa si trasforma in amore, allora si scoprirà che ciò che salva è proprio l'unità. La salvezza sta infatti nel sentirsi fusi nell'amore all'unico e vero bene mediante quella perfezione che si trova nella colomba di cui parla il Cantico dei cantici: "Unica è la mia colomba, la mia perfetta, l'unica di sua madre, la preferita della sua genitrice" (Ct 6,9).
Tutto ciò lo dimostra chiaramente il Signore nel vangelo.
Gesù benedice i suoi discepoli, conferisce loro ogni potere e concede loro i suoi beni. Fra questi sono da includere anche le sante espressioni che egli rivolge al Padre. Ma fra tutte le parole che dice e le grazie che concede una ce n'è che è la maggiore di tutte e tutte le riassume. Ed è quella con cui Cristo ammonisce i suoi a trovarsi sempre uniti nelle soluzioni delle questioni e nelle valutazioni circa il bene da fare; a sentirsi un cuor solo ed un'anima sola e a stimare questa unione l'unico e solo bene; a stringersi nell'unità dello Spirito con il vincolo della pace; a far un solo corpo e un solo spirito; a corrispondere a un'unica vocazione, animati da una medesima speranza.
Ma più che questi accenni sarebbe meglio riferire testualmente le parole del vangelo: "Perché tutti siano una cosa solo. Come tu, Padre, sei in me e io in te, siano anch'essi una cosa sola, perché il mondo creda che tu mi hai mandato" (G v 17,21).
Il vincolo di questa unità è un'autentica gloria. Nessuna infatti può negare che lo Spirito Santo sia chiamato "gloria". Dice infatti il Signore: "La gloria che tu hai dato a me, io l'ho data a loro" (Gv 17,22). Egli possedette tale gloria sempre ancora prima che esistesse questo mondo. Nel tempo poi la ricevette quando assunse la natura umana. Da quando questa natura fu glorificata dallo Spirito Santo, tutto ciò che connette con questa gloria, diviene partecipazione dello Spirito Santo.
Per questo dice: "La gloria che tu hai dato a me io l'ho data a loro, perché siano come noi una cosa sola. Io in loro e tu in me, perché siano perfetti nell'unità" (Gv 17,22-23). Perciò colui che dalla fanciullezza è cresciuto raggiungendo la piena maturità di Cristo, viene a trovarsi in quello stato tutto speciale, che solo l'intelligenza, illuminata dalla fede, può percepire. Allora diviene capace della gloria dello Spirito Santo attraverso una vita lontana dai vizi e improntata alla santità. Costui dunque è quella perfetta colomba, alla quale guarda lo Sposo, quando dice: "Una sola la mia colomba, la mia perfetta"».

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