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sabato 10 maggio 2014

Atti del Convegno Diaconi 2013 [2]
 Diaconi per la Chiesa a 50 anni dal Concilio


Segnalo due interventi, che ho riportano nel mio sito di testi e documenti, a conclusione del Convegno Nazionale dei Diaconi (cf. Atti del Convegno - Napoli, agosto 2013).
Uno di Enzo Petrolino, presidente della Comunità del Diaconato in Italia, da titolo "Il diaconato a 50 anni dal Concilio Vaticano II"; l'altro del card. Crescenzio Sepe, Arcivescovo di Napoli, nell'omelia della Messa al termine del Convegno, "Diaconi per la Chiesa universale".

Riporto alcuni stralci dell'intervento di Petrolino, dove l'autore inserisce il discorso sul diaconato permanente nel contesto di tutta la prospettiva ecclesiale del Concilio Vaticano II, riportandolo all'oggi.
«Provo a descrivere gli aspetti che ritengo costituiscano, oggi, la questione del diaconato. Vorrei evidenziare anzitutto alcuni punti critici, per poi indicare anche le ragioni della speranza. È in primo luogo indispensabile ed urgente interrogarci sul servizio che, come diaconi, abbiamo offerto alla comunità cristiana e al mondo in questi anni postconciliari: questo ci consentirà di capire in che misura abbiamo contribuito ad allargare l'orizzonte della diaconia di Cristo all'intera vita e missione della Chiesa in questo nostro tempo.
Capire, cioè, se attraverso il nostro agire è maturata nelle nostre comunità una "coscienza diaconale", ovvero la consapevolezza di quella comunionalità - inaugurata e fortemente voluta dal Concilio - che si traduce nella partecipazione e nella corresponsabilità a tutti i livelli e nelle sue diverse forme».
«La caratteristica del Cristianesimo - lo sappiamo - è l'incarnazione e l'incarnazione è un "mistero di solidarietà, di compagnia, di comunione". È questa una forte provocazione per evitare che il diacono si chiuda nel recinto del sacro, ed aiutarlo - al contrario - a farsi ministro di una Chiesa che è chiamata, come amava ripetere Giovanni Paolo II, a trovare se stessa "fuori" di se stessa. Questa dovuta e necessaria conversione verso i poveri collocherà i diaconi nel loro giusto contesto ecclesiale e ministeriale, rendendo finalmente visibile lo stretto legame della mensa del corpo di Cristo con la mensa dei poveri, e dell'eucaristia con la carità».
«Credo si possa affermare che la dimensione secolare della vocazione dei diaconi è vissuta in modo ancora troppo debole. Tale vocazione, cioè, sembra essere giocata troppo sulla dimensione pastorale e molto meno su quella secolare, che risulta troppe volte poco vissuta, poco capita, poco valorizzata. Non appare ancora sufficientemente chiaro, infatti, che la presenza dei diaconi nella famiglia, nella scuola, nelle professioni, nella politica, nella cultura, non si limita a una questione privata, giocando solo sulla coerenza della testimonianza personale, ma costituisce un modo peculiare di contribuire alla missione della Chiesa. Questa comprensione del valore missionario della vocazione diaconale vissuta nel mondo forse è troppo poco presente nella coscienza delle nostre comunità e nella stessa coscienza dei diaconi».

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Il card. Sepe riprende il concetto di un diacono che esce dal tempio per incontrare la gente là dove vive, secondo le aspettative dal Concilio.
«Il Diaconato permanente è frutto della Chiesa del Concilio, della Chiesa cioè aperta al mondo, della Chiesa che sa uscire dalle proprie mura per incontrare l'uomo e tutti gli uomini nelle condizioni e situazioni particolari nelle quali si trovano a vivere».
«Voi, cari diaconi, se volete essere figli del Concilio, dovete incarnare nella società di oggi la fede che sa aprirsi all'altro, che sa uscire dalle mura sacre; una fede che sa dialogare con l'altro nella realtà nella quale la comunità degli uomini si trova a vivere. Una fede vera è una fede che si fa serva, una fede che si incarna nella carità; una fede intimista, una fede autoreferenziale non è la vera fede in Cristo; non è quello che Cristo ci ha invitati a portare nel mondo, non è la fede missionaria».
«Non si può perciò pensare, come qualche volta succede, che il diacono c'è solo per il culto, per la Parola, per cui basta semplicemente partecipare alle celebrazioni liturgiche della domenica o a quelle del sabato per dire che abbiamo realizzato il nostro dovere e la missione diaconale affidataci. Non basta.
Bisogna sapere andare al di là e cercare Dio che è presente in ogni uomo, in ogni parte; Dio che si trova in ogni città, vicolo, piazza, casa…».
«Non bisogna dividere la sacralità dalla umanità perché questa umanità è stata resa sacra proprio da Cristo, che è diventato uomo, che si è rivolto ad ogni uomo…».
«Uscire dal tempio, andare incontro alla gente che vive situazioni di marginalità morale e materiale, non avere paura di gettarvi nella mischia; non avere paura di sporcarvi le mani, ma avere il coraggio, come il Signore, di porsi accanto al fratello, di accompagnarlo e rendere ragione della speranza che c'è nei vostri cuori».

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