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venerdì 4 ottobre 2013

La potenza inaudita della fede


27a domenica del T.O. (C)

Appunti per l'omelia

«Accresci in noi la fede!» (Lc 17,6). Che cosa spinge gli Apostoli a rivolgere questa supplica a Gesù? Hanno colto la radicalità delle sue esigenze; l'impegno di metterlo avanti a chiunque altro e a qualunque altra cosa nella propria vita; il distacco totale dalla ricchezza e la condivisione dei beni con i poveri. Comprendono la sublimità di questo ideale di vita, ma sanno che con le forze umane non sono in grado di realizzarlo. Intuiscono che il segreto sarebbe la fede in Dio. Ma si rendono conto di quanto questa loro fede sia fragile. E si rivolgono al Signore nella preghiera e chiedono una fede più grande.
Nella sua risposta Gesù mette in risalto nel modo più forte possibile l'importanza e anzi la necessità della fede, ma soprattutto la potenza inaudita della fede. E se avessero tanta fede quanto un granellino di senapa (grande appena quanto una capocchia di spillo), avrebbero la forza con la semplice parola di far sradicare un albero di gelso e trapiantarlo nel mare. Un gelso palestinese che ha radici profonde, tale da resistere a qualsiasi vento o tempesta: tanto da ritenere questo trapianto assurdo ed incredibile. Ma se c'è un'autentica e reale fiducia in Dio, avviene ciò che secondo la valutazione umana è impossibile, perché, lo sappiamo, non esistono limiti alla potenza di Dio. Così, se Lui ci affida compiti apparentemente impossibili, può renderci capaci di assolverli. Anche se promette ciò che per noi uomini è assolutamente impensabile, Lui può compierlo. La condizione perché di fatto operi la potenza di Dio è, da parte nostra, la fede, la fiducia in Lui.
Con la fede l'uomo si unisce a Dio e si appropria, quindi, della sua stessa potenza infinita.
«Il mio giusto vivrà per la sua fede» (Ab 2,4): Una fede che fa vivere non solo in senso fisico ma e soprattutto in senso spirituale perché dona la forza di restare fedeli a Dio pur nella tentazione di abbandonarlo.
La fede trasforma completamente il cuore umano, provocando un modo nuovo di pensare, di capire, di amare, di vivere. È una scelta totalizzante di Dio.
"Credere" (nella radice ebraica "amen", indica anzitutto l'appoggiarsi esclusivamente su Dio, l'affidarsi interamente a Lui, il preferirlo a ogni realtà di questo mondo. E nella lingua latina "credere" significa propriamente "cor-dare", fare dono del proprio cuore a Dio.
È una fede che rende capaci di accettare serenamente i ritardi di Dio, il suo silenzio, la sua apparente assenza e indifferenza nei nostri confronti.
È una fede che fa scoprire l'immensa fecondità di ogni sofferenza, se unita alla passione di Gesù.
È una fede che si traduce nel prendere pubblicamente posizione nei confronti di Gesù e nel difendere con coraggio i valori umani e cristiani, così da "non vergognarci della testimonianza da rendere al Signore nostro" (cf 2Tm 1,8).
È una fede che, se genuina, ci comunica e ci alimenta dentro un desiderio vivo che ogni uomo la possa condividere con noi.
Questo nostro abbandonarci fiduciosi a Dio ci fa essere "veri" servi. «Siamo servi inutili!» (Lc 17,10): siamo servi e basta, soltanto servi. Servi che lavorano, servono senza pausa e senza pretese. Gesù vuole escludere ogni rapporto di tipo contrattuale con Dio, come se per ogni prestazione Lui ci dovesse una ricompensa. Questo perché noi, per Gesù, viviamo in regime di famiglia con Dio. Siamo figli. E Lui è un padre tenerissimo che non si lascia superare in bontà e generosità. È il Signore che fa sedere a mensa i suoi servi fedeli e li serve, rendendoci così capaci di un servizio da svolgere con amore, in un clima di fiducia.




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Vedi anche:

Parola-sintesi proposta (breve commento e una testimonianza):
Accresci in noi la fede! (Lc 17,6)
(vai al testo) - (pdf, formato A5/A4c)

Vedi anche il post:
Una fede autentica (3 ottobre 2010)


Commenti alla Parola:
  di Marinella Perroni (VP 2013)
  di Claudio Arletti (VP 2010)
  di Enzo Bianchi




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