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venerdì 28 giugno 2013

La chiamata di Gesù e la mia risposta


13a domenica del T.O. (C)

Appunti per l'omelia

Il brano del vangelo odierno (cf Lc 9,51-62) presenta con insistenza Gesù insieme con i suoi discepoli in viaggio verso Gerusalemme, dove si compirà l'evento centrale della storia della salvezza, la sua morte e la sua risurrezione. In questo cammino Gesù sperimenta il rifiuto dei Samaritani, come già in precedenza aveva sperimentato quello dei suoi concittadini di Nazaret. Ma incontra anche persone che lo vogliono seguire ed alle quali egli dà delle indicazioni precise per diventare suoi discepoli.
Ma quali sono le condizioni che Gesù pone a chi intende essere suo discepolo? Il brano ci presenta tre scene di questo "seguire".
Nella prima scena l'iniziativa parte dall'uomo: un tale propone la sua candidatura a discepolo. Stupisce il fatto che Gesù non lo approvi entusiasticamente. Al contrario, sembra scoraggiarlo. Lo invita a calcolare i rischi dell'impresa. È come se gli dicesse: Pensaci bene! Io sono uno "senza fissa dimora", non so nemmeno dove dormirò di notte. La mia è una situazione precaria, senza alleanze né protezioni. Non ti posso offrire nessuna garanzia sociale. Se decidi di seguirmi, condividendo il mio destino, non ti devi fare illusioni; ma devi essere pronto allo sradicamento più totale, all'insicurezza quotidiana. Però... avrai me, sarai con me!
Seconda scena: l'iniziativa parte da Gesù, che chiama uno a diventare suo discepolo. Il chiamato manifesta la sua disponibilità, ma per il momento ha l'obbligo grave di assistere il vecchio padre e infine di dargli una onorata sepoltura. Glielo impone un comandamento del Decalogo: "Onora tuo padre e tua madre". Ma la risposta di Gesù è dura e sorprendente: «Lascia che i morti seppelliscano i loro morti; tu invece va' e annunzia il regno di Dio». I doveri più sacri verso i genitori, che la legge di Dio imponeva nella forma più categorica, vengono meno quando si tratta di seguire Gesù. Il rapporto con Lui vale più di ogni altro legame. C'è un'opera molto più importante e urgente che la cura dei congiunti: in Gesù è arrivato il Regno di Dio e occorre annunziarlo senza esitazione né ritardi, perché il Regno, cioè l'irruzione definitiva dell'amore di Dio che salva l'uomo e fa tutto nuovo, è una novità assoluta. Chi lo ha incontrato sa che "i morti risorgono". I "morti", quanti cioè vivono entro il chiuso orizzonte dell'esistenza terrena, si preoccuperanno di dare sepoltura al cadavere. Ma il discepolo deve andare a gridare a tutti che i morti risorgono. Il chiamato, quindi, viene impegnato in un'esperienza religiosa così nuova e totalizzante, viene talmente unito alla persona di Gesù e alla sua missione, che questo legame supera e polverizza qualunque altra relazione affettiva, per quanto grande possa essere.
Nella terza scena uno si candida al discepolato, ma con una disponibilità condizionata: «Ti seguirò, Signore; prima però lascia che io mi congedi da quelli di casa mia». Eliseo, chiamato da Elia (cf 1Re 19,16-21), ottiene di andare a salutare i suoi e di organizzare una festa. Gesù è molto più esigente: una volta preso l'impegno con Lui (una volta «messa mano all'aratro»), non si deve più guardare indietro rimpiangendo e riprendendosi il dono di sé una volta fatto. L'adesione a Gesù deve essere senza ripensamenti nostalgici, ma vissuta in una fedeltà totale.
Con un linguaggio volutamente paradossale e provocatorio Gesù desidera comunicarci una convinzione, una certezza: per il suo discepolo non c'è nessuna persona o cosa che valga quanto il Maestro. Egli è l'unico valore che conta nella vita. Gesù non si accontenta di occupare un angolino, ma vuole l'intero spazio della mia esistenza. La "pretesa" di Gesù, che rivendica nei suoi confronti un amore prioritario ed esclusivo, ha una spiegazione: egli sa di essere per ogni uomo l'unica fonte di salvezza e di felicità, in quanto è il Figlio di Dio, Dio stesso.
Ma le esigenze così radicali, che Gesù manifesta, non sono rivolte a una categoria privilegiata di persone, ma a tutti i cristiani. La modalità di vivere l'appartenenza a Cristo varia, ma la relazione con Lui deve essere vissuta da ogni discepolo con lo stesso grado e intensità d'amore.
Il Vangelo non riferisce la risposta dei tre ai quali Gesù ha rivolto il suo appello. Il motivo, forse principale, è che quei tre sono ognuno di noi e tocca a ciascuno di noi prendere la propria decisione nei confronti di Gesù.



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Vedi anche:

Parola-sintesi proposta (breve commento e una testimonianza):
A un altro disse: seguimi (Lc 9,59)
(vai al testo) - (pdf, formato A5/A4c)

Commenti alla Parola:
  di Marinella Perroni (VP 2013)
  di Claudio Arletti (VP 2010)
  di Enzo Bianchi


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