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venerdì 25 novembre 2011

L'attesa vigilante


I domenica di Avvento (B)

Appunti per l'omelia

L'inizio dell'anno liturgico, con la I domenica di Avvento, ci introduce nella contemplazione del mistero del ritorno del Signore Gesù. Già domenica scorsa, nella solennità di Cristo Re, ci siamo imbattuti nella scena evangelica del Giudizio Universale e sulla natura della "sentenza" e le sue motivazioni: l'amore.
È un fatto: noi attendiamo il ritorno del Signore! La Chiesa, quale provvido pedagogo, ci introduce in un tempo che viene definito di "attesa" per la venuta di Qualcuno.
L'Avvento è un tempo di preparazione al Natale, in cui si celebra la prima venuta del Figlio di Dio tra gli uomini; ma è anche, soprattutto in questa prima domenica, il tempo in cui si rende viva l'attesa della seconda venuta di Cristo al termine della storia.
La liturgia ci invita pertanto alla vigilanza, perché, se da un lato aspettiamo, dall'altro incombe l'incertezza di questo ritorno. Attendere significa coltivare la speranza, dare senso al tempo e alla vita, "andare incontro con le buone opere al Signore che viene": si attende qualcuno si desidera ardentemente incontrare, anche se, purtroppo, attanagliati dal desiderio che questo avvenga il più tardi possibile!

Quanto è vero il monito di san Cipriano: «Non dobbiamo fare la nostra volontà, ma quella di Dio. È una grazia che il Signore ci ha insegnato a chiedere ogni giorno nella preghiera. Ma è una contraddizione pregare che si faccia la volontà di Dio, e poi, quando egli ci chiama e ci invita ad uscire da questo mondo, mostrarsi riluttanti ad obbedire al comando della sua volontà! Ci impuntiamo e ci tiriamo indietro come servitori caparbi. Siamo presi da paura e dolore al pensiero di dover comparire davanti al volto di Dio. E alla fine usciamo da questa vita non di buon grado, ma perché costretti e per forza. Pretendiamo poi onori e premi da Dio dopo che lo incontriamo tanto di malavoglia! Ma allora, domando io, perché preghiamo e chiediamo che venga il regno dei cieli, se continua a piacerci la prigionia della terra? Perché con frequenti suppliche domandiamo ed imploriamo insistentemente che si affretti a venire il tempo del regno, se poi coviamo nell'animo maggiori desideri e brame di servire quaggiù il diavolo anziché di regnare con Cristo? Dal momento che il mondo odia il cristiano, perché ami chi ti odia e non segui piuttosto Cristo, che ti ha redento e ti ama?».

Non sappiamo «quando è il momento, se alla sera o a mezzanotte o al canto del gallo o al mattino»: «giungerà all'improvviso»!
Per questo occorre vegliare.
«Ma come vegliare? Innanzitutto, lo sappiamo, veglia bene proprio chi ama. Lo sa la sposa che attende il marito che ha fatto tardi al lavoro o che deve tornare da un viaggio lontano; lo sa la mamma che trepida per il figlio che ancora non rincasa; lo sa l'innamorato che non vede l'ora d'incontrare l'innamorata… Chi ama sa attendere anche quando l'altro tarda.
Si attende Gesù se lo si ama e si desidera ardentemente incontrarlo. E lo si attende amando concretamente…
Proprio perché non sappiamo né il giorno né l'ora della sua venuta, possiamo concentrarci più facilmente nell'oggi che ci è dato, nell'affanno del giorno, nel presente che la Provvidenza ci offre da vivere» (Chiara Lubich).
Sì, ti attendiamo, Signore Gesù, con la lampada della nostra fede accesa e mantenuta viva dall'olio dell'amore!
Noi attendiamo il compimento del tuo progetto d'amore sull’umanità e sul mondo intero. È il nostro vigilare che dà senso alla storia, che è il luogo della rivelazione di Dio, ed illumina la promessa di un mondo nuovo che coltiviamo in cuore.



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