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martedì 6 settembre 2011

Uscire dal recinto per incontrare l'uomo



Nel numero168 (maggio/giugno 2011), la Rivista Il Diaconato in Italia ha pubblicato l'intervista che Vincenzo Testa mi ha fatto, nel ciclo delle varie interviste che periodicamente vengono pubblicate. Il titolo è Uscire dal recinto per incontrare l'uomo.
Ho riportato l'intervista integrale nel mio sito di testi e documenti.
Molto di quello in essa è detto è stato ripreso da quanto vado scrivendo in questo blog. Qui vorrei, perché significativa della mia coscienza di diacono, riportare la risposta alla domanda: Quale è la tua opinione sullo sviluppo del ministero diaconale da dopo il Concilio ad oggi?

«Più che dare una mia valutazione personale sullo sviluppo del diaconato (basta leggere gli articoli della Rivista per rendersene conto di cosa sia il diaconato nella storia postconciliare, delle sue luci e delle sue ombre), penso che si debba guardare con quale "spirito" è stato attuato quanto il Concilio ha espresso. Se la visione "profetica" che sottende ad ogni azione dello Spirito ha avuto il sopravvento nel rinnovamento della Chiesa ed è stata la forza portante anche del diaconato, allora si sono visti sviluppi positivi, anche se non esaustivi, come è stato per i primi tempi.
Quando invece ha avuto il sopravvento una visione "funzionale" del ministero diaconale, allora le cose sono andate a rilento, non supportate da una visione a largo respiro, e si è ricaduti in una situazione di stasi che ha in certo senso tarpato le ali e tolto il respiro. La conseguenza è stata una riduzione, in alcune diocesi, delle ordinazioni ed uno stato di insoddisfazione nei diaconi, con un conseguente adagiarsi su ordinari incarichi parrocchiali di supplenza.
Ritengo che il diaconato abbia un fruttuoso futuro solamente in una genuina esperienza di chiesa di comunione. È lì che io vedo collocato il futuro del diaconato, in una "collegialità affettiva ed effettiva" tra diaconi e sacerdoti, col Vescovo, segno di una costruttiva corresponsabilità nel servizio a favore della comunità ecclesiale.
La grazia del diaconato, ripristinato come forma permanente di ministero dopo parecchi secoli di oblìo, è una delle "novità" che lo Spirito ha elargito alla Chiesa del nostro tempo. È un "vino nuovo" che ci è stato offerto! Alle volte mi chiedo perché questo "nuovo" stenti ad essere non solo accolto, ma compreso. Mi ritorna in mente la verità del vangelo: "Vino nuovo in otri nuovi!". Purtroppo i diaconi esercitano molto spesso il loro ministero con modalità e mentalità in cui non sempre viene in luce quel "nuovo" che il Concilio Vaticano II ha portato nella Chiesa. È un fatto (e penso che ognuno ne faccia concreta esperienza): "Nessuno che beve il vino vecchio desidera il nuovo, perché dice: Il vecchio è buono!".
È più facile restare ben saldi nell'esistente già ben sperimentato, nelle pratiche religiose consolidate, che non affidarsi a quella novità dello Spirito che ci spinge ad "uscire" dal recinto per andare incontro all'umanità che non desidera altro che sperimentare nella comunità dei discepoli l'amore di Dio per noi.
Le esperienze che si tenta di porre in atto nelle varie diocesi, lodevoli per molti versi, non soddisfano, a mio parere, la spinta profonda e profetica che il ministero diaconale è chiamato a portare nella chiesa oggi. Non è una spartizione ed organizzazione di incarichi pastorali o una emergenza di supplenza, che pur si deve fare, ma vivere, assieme ai preti e a tutta la comunità, una comunione che renda visibile non una struttura ben organizzata, ma la possibilità dell'esperienza della presenza del Signore Risorto vivo ed operante nella comunità. Sono convinto che la comunione è una esperienza di vita che crea mentalità, non viene data a priori, dall'alto...
Il diaconato troverà un'attenzione ed un'attuazione consone solamente in una vita di chiesa in cui prima del dato istituzionale viene la vita di comunione, anche all'interno dell'istituzione. Le "novità" evangeliche non cadono mai dall'alto... nascono dalla base, creano un consenso, una stima, una vita... L'autorità poi, secondo il suo carisma, "ordina" questa vita esistente, dà indirizzi specifici... taglia, "pota perché frutti di più"... la fa propria... e diventa di tutti».


1 commento:

  1. I tempi che siamo stati chiamati a vivere non sono dei migliori e, purtroppo, anche la nostra bella e amata Chiesa (con la quale e senza la quale io non potrei vivere) sta dentro questo tempo. E' evidente che ci sta pienamente anche il ministero diaconale e noi diaconi che siamo chiamati a interpretarlo. Caro Luigi, concordo con te, non mi rassegno e ogni giorno (tra alti e bassi) cerco di fare la mia parte. Sono (siamo) stati chiamati e ho (abbiamo) risposto con disponibilità. Giochiamo la nostra parte ... il resto spetta a LUI:
    un abbraccio Vincenzo

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