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venerdì 12 novembre 2010

Oltre ogni paura

14 novembre 2010 – 33a domenica del Tempo Ordinario (C)

Parola che si fa vita

Nemmeno un capello del vostro capo andrà perduto (Lc 21,18)


Oggi ci viene proposto il discorso sulle realtà ultime: ciò che finisce e ciò che deve cominciare.
La Parola di Dio ci presenta, con immagini apocalittiche e sconvolgenti, la distruzione del tempio di Gerusalemme e la fine dei tempi.
È sì importante saper vedere ciò che deve finire, è urgente però sapere ciò che deve cominciare.
Nel Vangelo di Luca, Gesù si dilunga a parlare delle calamità naturali e dei mali provocati dagli uomini. E questo non per incuterci paura, ma per ravvivare in noi la fede, suscitando l'impegno quotidiano, serio e sereno, a vivere bene e a sperare. Perché esiste sì il male, alla fine però trionferà il bene: "Nemmeno un capello del vostro capo andrà perduto".
Paolo, testimone fedele e luminoso, ci sprona ad essere operosi, operatori di pace e di giustizia, costruttori di una nuova umanità: fare tutta la nostra parte, nel momento presente, come se tutto dipendesse da noi, e "perseverare", ricominciando sempre.

Testimonianza di Parola vissuta


In un grembo vennero concepiti due gemelli.
Passarono le settimane e i bambini crescevano. Nella misura in cui cresceva la loro coscienza, aumentava la gioia: «Di', non è fantastico che siamo stati concepiti? Non è meraviglioso che viviamo?».
I gemelli iniziarono a scoprire il loro mondo. Quando scoprirono il cordone ombelicale che li legava alla madre dando loro nutrimento, cantarono di gioia: «Quanto è grande l'amore di nostra madre che divide con noi la sua stessa vita!».
A mano a mano che le settimane passavano, però, trasformandosi poi in mesi, notarono improvvisamente come erano cambiati.
«Che cosa significa?», chiese uno.
«Significa», rispose l'altro, «che il nostro soggiorno in questo mondo presto volgerà alla fine».
«Ma io non voglio andarmene», ribatte il primo, «vorrei restare qui per sempre».
«Non abbiamo scelta», replicò l'altro, «ma forse c'è una vita dopo la nascita!».
«E come può essere? - domandò il primo, dubbioso - perderemo il nostro cordone di vita e come faremo a vivere senza di esso? E per di più altri prima di noi hanno lasciato questo grembo e nessuno di loro è tornato a dirci che c'è una vita dopo la nascita. No, la nascita è la fine!». Così uno di loro cadde in un profondo affanno e disse:
«Se il concepimento termina con la nascita, che senso ha la vita nell'utero? È assurda. Magari non esiste nessuna madre dietro tutto ciò».
«Ma deve esistere», protestò l'altro, «altrimenti come avremmo fatto a entrare qua dentro? E come faremmo a sopravvivere?».
«Hai mai visto nostra madre?», domandò l'uno.
«Magari vive soltanto nella nostra immaginazione. Ce la siamo inventata, perché così possiamo comprendere meglio la nostra esistenza».
E così gli ultimi giorni nel grembo della madre furono pieni di mille domande e di grande paura. Infine, venne il momento della nascita. Quando i gemelli ebbero lasciato il loro mondo, aprirono gli occhi. Gridarono. Ciò che videro superava i loro sogni più arditi.

Un giorno, finalmente, nasceremo…


(da "Camminare insieme" - vedi Testimoniare la Parola, come proposto in parrocchia)
(vedi Commento alla Parola di Claudio Arletti)



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