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domenica 29 novembre 2009

Farsi prossimo


Il pensiero che mi ritorna alla mente, all'inizio di questo Avvento, è l'immagine di un Dio che si abbassa alla nostra portata e si mette in dialogo con noi.
Sfogliando il periodico Città Nuova (n. 22/2009) mi ha colpito una pagina delle vignette di Vittorio Sedini (Anche i sassi pensano), che è di una eloquenza straordinaria; e che ho cercato di riportare qui.

Farmi prossimo, in ogni situazione, con chi incontro nella mia giornata è il modo migliore di vivere questa attesa di Colui che viene.


venerdì 27 novembre 2009

L'attesa...

29 novembre 2009 – 1a domenica di Avvento (C)

Parola da vivere

Fammi conoscere, Signore, le tue vie (Sal 24,4)


In questa prima domenica di Avvento l'esistenza del cristiano viene collocata sotto il segno dell'attesa. Anche oggi, come ai tempi di Gesù, la gente sente il bisogno di un lieto e gioioso annuncio: "Dio Amore è felice di venire a vivere con noi e fra noi".
È il vangelo di questa domenica che ci invita a scuoterci dal nostro torpore, "ad alzarci e levare il capo", perché possiamo accogliere il grande dono che il Padre fa a noi e all'umanità.
L'attesa vigilante non significa fuga dall'esistenza quotidiana, ma è fare attenzione a non lasciarsi cogliere impreparati.
L'Avvento è quindi un cammino da compiere individualmente e insieme. Consiste soprattutto nel "crescere e abbondare nell'amore scambievole e verso tutti", come ci ricorda san Paolo.
Questo amore, da rinnovare sempre, va alimentato con la preghiera costante e fiduciosa.
Quale la ricompensa? Ce lo ha detto Gesù: "Se ci amiamo gli uni gli altri, Dio rimane in noi e l'amore di Lui è perfetto in noi" (1Gv 4,17).


Testimonianza di Parola vissuta


Sapendo di tanti problemi degli immigrati tunisini, per incontrarli organizziamo una festa che chiamiamo: «La Festa dei popoli». Gli amici senegalesi traducono l'invito in arabo e ci aiutano a preparare ogni cosa. Alla festa arrivano in più di 40 e alla fine tutti sono contenti per aver finalmente trovato degli amici.
In seguito, valutiamo con loro le necessità più urgenti e avviamo un piccolo servizio di ambulatorio e una ricerca di alloggi e lavoro che dà i primi frutti.
È così che la casa al mare di Carlo e Sandra accoglie Habib e Thania, appena arrivati dalla Tunisia, e il sacerdote ospita quattro giovani tunisini che, nel frattempo, lavorano a restaurare una vecchia abitazione messa loro a disposizione.
Man mano ci rendiamo conto che crollano tanti muri: tra noi, tra cristiani di chiese diverse, tra cristiani e musulmani.
Ci sembra una ricchezza da far fruttare: nasce così l'idea di un centro interculturale italo-islamico in cui trovarci insieme per conoscerci di più e arricchirci l'uno della cultura dell'altro.

(E.M., Italia)

(da "Camminare insieme" - vedi Testimoniare la Parola, esperienza in parrocchia)

mercoledì 25 novembre 2009

Uguaglianza nella fraternità


Ho letto un articolo, nella sezione Rubriche del periodico Vita Pastorale (n. 9, ottobre 2009), di Dario Vitali dal titolo Uguaglianza nella fraternità. Si parla del rapporto tra il popolo di Dio e la gerarchia alla luce del Vaticano II, soprattutto del sensus fidelium.
In questo anno dedicato ai sacerdoti, la lettura di questo articolo mi ha dato la conferma di come ci si debba rapportare all'interno dell'unico Popolo di Dio: siamo fratelli, con mansioni diverse, e come tali ci dobbiano trattare, nella comunione trinitaria. Il compito di essere al servizio della comunità che mi è stata assegnata mi spinge ad approfondire sempre più quella dimensione spirituale del servizio «nella linea di una spiritualità comunitaria in cui si tenda a testimoniare la natura comunionale della Chiesa» (Direttorio 46).

Si legge nell'articolo citato:
«(…) Il dettato di LG 12 non si presta a equivoci: «La totalità dei fedeli che hanno ricevuto l'unzione dello Spirito Santo non può sbagliarsi nel credere, e manifesta questa proprietà che gli è peculiare mediante il senso soprannaturale della fede in tutto il popolo, quando "dai vescovi fino agli ultimi fedeli laici" esprime l'universale suo con senso in materia di fede e di costumi".
Il soggetto di questa funzione di intelligenza della fede è la universitas fidelium, la totalità dei battezzati, "dai vescovi fino agli ultimi fedeli laici". L'idea che sta al fondo della contestazione è che l'attribuire questa funzione profetica del popolo di Dio anche a quanti appartengono alla gerarchia si risolva necessariamente con l'esproprio di un diritto dei fedeli. Quasi che una funzione, per avere rilevanza, non possa che essere esclusiva, configurandosi in rapporti di forza e quindi - in ultima analisi - come forma di potere.
La conseguenza è di trasformare il sensus fidelium in una specie di opinione pubblica all'interno della Chiesa. (…)
Nessuno ha il monopolio dello Spirito: nemmeno il magistero, che ha la grave responsabilità di "non spegnere lo Spirito, di non disprezzare le profezie, di esaminare ogni cosa e tenere ciò che è buono" (1Ts 5,19-21). Nessuno è "al di sopra della parola di Dio" (cf Dei Verbum 10): nemmeno il magistero, che "la serve, insegnando soltanto ciò che è stato trasmesso, in quanto, per comando divino e con l'assistenza dello Spirito Santo, piamente l'ascolta, santamente la custodisce e fedelmente la espone" (idem).
In questa direzione, il fatto che anche i ministri ordinati appartengano alla universitas fidelium, non in ragione del loro ufficio ma in quanto battezzati, non è un elemento secondario e trascurabile. Già Agostino chiariva bene questa condizione, quando diceva: "Cristiano con voi, vescovo per voi". (…)
A ragione si è parlato di rivoluzione copernicana, che ha scardinato - almeno in termini di principi - la distinzione tra Ecclesia docens et discens, e quindi l'impostazione piramidale dell'ecclesiologia preconciliare, che riduceva i fedeli al rango di sudditi. (…)
Imparare e vivere effettivamente l'uguaglianza, nella fraternità cristiana del corpo di Cristo, è per la Chiesa la sfida di una vera e propria conversione; è - se si vuole - la vera "scuola di comunione". Comunione che sarà effettiva, se e quando il primato della vita cristiana si tradurrà nel primato della persona, attraverso la scelta di privilegiare anzitutto la relazione, e quindi l'incontro con l'altro, l'ascolto, il dialogo. Non per una concessione a una qualche tendenza democratica nella Chiesa, ma per il rispetto della verità delle cose: se "Dio parla agli uomini come ad amici" (DV 2), ogni battezzato, per il sensus fidei che lo rende partecipe della funzione profetica di Cristo, ha diritto di dire e di essere ascoltato nella Chiesa».

Vorrei concludere ricordando Presbyterorum ordinis 9: «I sacerdoti del Nuovo Testamento (...) sono discepoli del Signore, come gli altri fedeli, chiamati alla partecipazione del suo regno per la grazia di Dio. (...) membra dello stesso e unico corpo di Cristo, la cui edificazione è compito di tutti».


domenica 22 novembre 2009

La comunione, uno stile di vita


Ho inserito nel mio sito di testi e documenti il terzo capitolo del volumetto "Come il Padre…/2", pensieri sull'anno sacerdotale, dal titolo "Fratelli tra i fratelli".
Il tema che sottende a questi pensieri giornalieri è quello della "comunione": l'essere fratelli tra i fratelli conduce necessariamente ad una vita di relazione che ha il suo compimento in una comunione fraterna la cui radice è nella comunione della vita trinitaria.
Dice Benedetto XVI:
«L'idea della comunione come partecipazione alla vita trinitaria è illuminata con particolare intensità nel Vangelo di Giovanni. (…) "La nostra comunione è col Padre e col Figlio suo Gesù Cristo" (1Gv 1,3). (…) "Quello che abbiamo veduto e udito, noi lo annunziamo anche a voi, perché anche voi siate in comunione con noi" (1Gv 1,2).
Quindi, questa duplice comunione con Dio e tra di noi è inseparabile. Dove si distrugge la comunione con Dio, che è comunione col Padre, col Figlio e con lo Spirito Santo, si distrugge anche la radice e la sorgente della comunione fra di noi. E dove non viene vissuta la comunione fra di noi, anche la comunione col Dio Trinitario non è viva e vera» (Udienza generale, 29 marzo 2006).
E Giovanni Paolo II:
«Spiritualità della comunione significa innanzitutto sguardo del cuore portato sul mistero della Trinità che abita in noi e la cui luce va colta anche sul volto dei fratelli che ci stanno accanto. Spiritualità della comunione significa inoltre capacità di sentire il fratello di fede nell'unità profonda del Corpo mistico, dunque, come "uno che mi appartiene". (…)
Spiritualità della comunione è saper "fare spazio" al fratello, portando «i pesi gli uni degli altri» (Gal 6,2) e respingendo le tentazioni egoistiche che continuamente ci insidiano e generano competizione, carrierismo, diffidenza, gelosie» (NMI, 43).

Mi piace sempre riferirmi a quanto i documenti della Chiesa dicono riguardo ai vari argomenti che ci riguardano. In particolare, guardando a come i diaconi devono rapportarsi nella vita di comunione, si legge, tra l'altro, nel Direttorio per la vita e il ministero dei diaconi:
«La vita spirituale del diacono deve approfondir(si) nella linea di una spiritualità comunitaria in cui si tenda a testimoniare la natura comunionale della Chiesa» (nr. 46).
«Il diacono ricordi che la diaconia della carità conduce necessariamente a promuovere la comunione all'interno della Chiesa particolare. La carità, infatti, è l'anima della comunione ecclesiale» (nr. 55).
«… vivere nel vincolo della fraternità e della preghiera, … conducendo uno stile di vita sobrio e semplice che si apra alla "cultura del dare" e favorisca una generosa condivisione fraterna» (nr. 9).

venerdì 20 novembre 2009

Quale regno...

22 novembre 2009 – Cristo Re dell'universo
(34a domenica del Tempo ordinario / B)

Parola da vivere

La santità si addice alla tua casa (Sal 92,5)


Il Vangelo di oggi è preso da Giovanni: "Io sono re, ma il mio regno non e di questo mondo".
Pilato chiede a Gesù: "Sei tu re?". Gesù gli risponde: "Tu lo dici, io sono re. Per questo sono nato e per questo sono venuto nel mondo: per rendere testimonianza alla verità".
La caratteristica del regno di Gesù è diversa da quella degli altri regni. Non si impone con autorità e con forza, ma con l'amore. Egli è un Re d'amore. Ce lo dimostra soprattutto nel pretorio apparendo tutto piagato, ricoperto di sangue, con la testa coronata di spine, come ce lo aveva fatto capire durante tutta la sua vita spesa in un continuo dono di sé, in particolare verso i più bisognosi. Gesù afferma che il suo è Regno d'amore, d'unità e di pace. E lo ha dimostrato dando la sua vita, divenendo per tutti dono d'amore.
Il crescere interiormente, il santificarti, dipende dalla tua unione con Cristo. Coi tempi che corrono, la parola santità ti sembrerà un'utopia. Non è così. Il tempo fugge, se ne va, e con esso le vedute parziali, contingenti.
Resta la verità. Pertanto vedi di puntare a ciò che vale e dura per l'eternità, perché tutto è possibile a Dio, anche la tua santità.


Testimonianza di Parola vissuta



Quel sabato notte come al solito avevo bevuto. Arrivato a casa, mi sono ricordato che ero stato invitato a casa di persone per bene. Dovevo andare per forza. Mi sono cambiato e, anche se facevo fatica a tenere gli occhi aperti, sono andato. Mi sono trovato in un ambiente nuovo ma avevo l'impressione di aver conosciuto quelle persone da sempre, c'era apertura, amicizia, fraternità... Ho avvertito un grande sollievo come se mi fossi liberato da un peso: questa era la mia vita, non quell'altra. Potevo, dovevo cambiare.
Sono tornato a casa deciso, ma non è stato facile. Mi ricordavo le notti trascorse a bere, i soldi buttati, la famiglia trascurata, le liti con mia moglie, con i figli...
Lasciare il vizio del bere è stata un'impresa: l'ambiente era avvolgente. Gli amici di sempre, se non bevevo, mi prendevano in giro: "Vai, chiedi il permesso e poi torna...". Però poco a poco si sono resi conto che facevo sul serio e non insistevano più. Non li ho abbandonati, voglio aiutarli così come ero stato aiutato io. Ora se hanno bisogno di qualcosa si rivolgono a me. Alcuni stanno cambiando vita.

(M.G., Colombia)

(da "Camminare insieme" - vedi Testimoniare la Parola, esperienza in parrocchia)

domenica 15 novembre 2009

La diaconia, un segno dei tempi


Il messaggio di questa penultima domenica dell'anno liturgico mi riporta a porre la mia attenzione all'attesa di quel mondo, annunciato da Gesù, che va oltre le apparenze che ci circondano. Il regno nuovo, instaurato dal Risorto e che gusteremo alla fine dei tempi, sta inondando già ora le nostre esistenze, anche se le apparenze sembrano mostrarci il contrario.
Caudio Arletti, nel suo commento alle letture di oggi, scrive tra l'altro: «Il Figlio di Dio incarnato, in quanto uomo e rivelatore agli uomini, non conosce il tempo del Padre, tanto questo tempo è al di fuori di ogni causalità umana. Non si possono fare calcoli e ben lo mostra l'esortazione del v. 28: "Dal fico imparate [...]"(Mc 13,28). L'immagine del fico presuppone un osservatore attento: Dio non usa mai effetti speciali. Chiede a noi di percepire la sua azione discreta e continua. Tutto passerà inosservato, se non sappiamo notare quanto cambia attorno a noi. Se non viviamo nell'attesa, perché mai dovremmo aguzzare gli occhi per scorgere i segni di Dio? Forse troppe volte la routine di ogni giorno ci fa dimenticare il divenire lento ma costante della nostra storia. Essa ci impone un determinato stile di vita».

Molti sono oggi i segni premonitori di un mondo che vuole spingersi verso orizzonti migliori, verso una pienezza di cui l'umanità sente urgentemente l'esigenza.
Il mondo - tutti ne hanno sentore - tende, vuol tendere all'unità: ma quanto è difficile scorgere la strada per una fraternità veramente vissuta e partecipata. E molti, stanchi dell'attesa, cominciano a dubitare o a non crederci più…
Un particolare, nella chiesa per esempio, di questo "segno" di novità è la "riattivazione" del diaconato come ministero proprio e permanente, quale segno sacramentale di Gesù che serve e dà la vita.
Sono convinto che accorgersi di questo avvenimento presupponga una vigilanza attenta ai segni di quello Spirito che vuol farci entrare in una dimensione comunionale del servizio, aliena da qualsiasi forma di potere, in una chiesa "serva" e "povera", in cui chi ha responsabilità di governo è veramente, con tutta la propria esistenza, al servizio della comunità; e la comunità dei credenti trova la pienezza del suo essere nell'esistere per gli altri. Presuppone una chiesa-comunione che sa farsi prossimo all'umanità che la circonda, senza nulla chiedere…
La diaconia della chiesa e nella chiesa (e in particolare quella ordinata) vuole essere un segno, accanto agli altri che lo Spirito suscita con grande abbondanza di carismi, nell'umanità di oggi, per una vera fraternità universale.

venerdì 13 novembre 2009

La via dell'amore

15 novembre 2009 – 33a domenica del Tempo ordinario (B)

Parola da vivere

Mi indicherai il sentiero della vita (Sal 15,11)


Si avvicina la conclusione dell'anno liturgico. L'annuncio che in particolare ci dà il Vangelo, è il seguente: la venuta di Gesù alla fine della storia.
È un invito a essere vigilanti, perché si compia per ciascuno il progetto che Dio Padre ha pensato per noi.
E Gesù, il Figlio, ci indicherà il sentiero della vita. È la via dell'amore, da percorrere realizzando le sue parole: "Avevo fame, avevo sete", sulle quali saremo giudicati. Alla fine della vita porteremo via solo questo: l'amore. Il resto è nulla.
Dobbiamo poi, come ci suggerisce il Vangelo con l'immagine del ramo che germoglia, porre attenzione ai segni dei tempi. Il mondo oggi tende come non mai all'unità. Crollano infatti i confini fra gli stati, nascono nuovi organismi su scala internazionale, perché solo se siamo insieme il mondo potrà camminare.
E noi cristiani dobbiamo essere oggi testimoni di unità. Il mondo ha bisogno di vedere una comunità di persone che si vogliono bene. È il nostro contributo per la fratellanza universale.


Testimonianza di Parola vissuta


Il giorno del mio 50° compleanno, pensavo di festeggiarlo in modo particolare. Ma quel mattino con l'iniziare della giornata, mi prese una certa tristezza, sapendo che non ci poteva essere una vera festa, mancando un componente importante della mia famiglia, e questo disagio cresceva sempre di più.
Giunta sera, tornato dal lavoro, appresi che neanche i due figli maschi, per motivi diversi, non potevano esserci. Però rimaneva mia figlia ed il mio nipotino: di comune accordo, decidemmo di festeggiare con delle pizze. Nell'andare a prenderle sentivo sempre più il peso di questa situazione e non riuscivo a liberarmene.
Nel ritorno mi capitò di vedere una donna di colore che faceva autostop. Essendo buio e a quell'ora, pensai bene che avesse bisogno di aiuto e mi fermai. Subito mi raccontò, che per problemi di lavoro, aveva perso il pullman. Suo marito faceva i turni in un'altra fabbrica, ed aveva un bambino piccolo affidato ad una signora ed era ansiosa per andare a prelevarlo. Siccome abitava a circa 20 km di distanza, le dissi che non avrei potuto accompagnarla a casa perché le pizze si sarebbero raffreddate, ma che l'avrei portata ad un incrocio che conoscevo, dove molto probabilmente avrebbe trovato degli altri automobilisti.
Arrivato a casa, nel mangiare la pizza, ripensando a quella signora, mi venne dentro un forte dubbio. Mi domandavo: ma riuscirà veramente a trovare un passaggio? Mangiai in fretta, ritornai a quell'incrocio e la vidi ancora lì, un po' disperata.
Salì di nuovo ringraziandomi molto. Strada facendo, nel riportarla a casa, rimuginavo sempre la mia situazione, facendo crescere sempre più il dolore dentro di me. Quando all'improvviso però qualcosa cambiò: Mi sembrava di sentire una voce nel mio cuore, più forte di questo mio dolore. Era la voce di Gesù che sembrava mi dicesse: "Volevi una festa particolare? Ecco sono Io più vicino a te, perché sono nel bisognoso che stai aiutando".
Commosso, con le lacrime agli occhi, come per incanto tutto il malessere che avevo, svanì. Mi è venuta quella gioia vera che solo Lui può dare.
Ora avevo fatto veramente festa.

(Gabriele)

(da "Camminare insieme" - vedi Testimoniare la Parola, esperienza in parrocchia)

mercoledì 11 novembre 2009

Il nostro sacerdozio


In questo anno dedicato ai sacerdoti mi viene spontaneo pensare al modo migliore per rapportarmi con loro. Per quanto riguarda i diaconi si legge che questi "sono posti in speciale relazione con i presbiteri, in comunione con i quali sono chiamati a servire il popolo di Dio" (Ratio n. 8).
Ma la luce per vivere nel migliore dei modi, ognuno al proprio posto, la partecipazione all'unico sacerdozio di Cristo mi viene da queste parole di san Leone Magno:

«Afferma l'apostolo Pietro: "Anche voi venite impiegati come pietre vive per la costruzione di un edificio spirituale, per un sacerdozio santo, per offrire sacrifici spirituali graditi a Dio, per mezzo di Gesù Cristo" (1Pt 2,5), e più avanti: "Ma voi siete la stirpe eletta, il sacerdozio regale, la nazione santa, il popolo che Dio si è acquistato" (1Pt 2,9).
Tutti quelli che sono rinati in Cristo conseguono dignità regale per il segno della croce. Con l'unzione dello Spirito Santo poi sono consacrati sacerdoti. Non c'è quindi solo quel servizio specifico proprio del nostro ministero, perché tutti i cristiani sono rivestiti di un carisma spirituale e soprannaturale, che li rende partecipi della stirpe regale e dell'ufficio sacerdotale.
Non è forse funzione regale il fatto che un'anima, sottomessa a Dio, governi il suo corpo? Non è forse funzione sacerdotale consacrare al Signore una coscienza pura e offrirgli sull'altare del cuore i sacrifici immacolati del nostro culto? Per grazia di Dio queste funzioni sono comuni a tutti» (dai Discorsi, n. 4).

Solo così, con la consapevolezza di vivere in pienezza questo sacerdozio comune a tutti, posso rapportarmi in maniera vera con coloro che partecipano, come ministri ordinati, al sacerdozio di Cristo. Se questo vale per tutti i cristiani, indistintamente, vale in modo speciale anche per chi ha ricevuto il dono del diaconato. Se il rapporto del diacono col presbitero è particolarmente significativo per la partecipazione al medesimo sacramento dell'ordine, lo sarà in modo pieno e fruttuoso solo se nascerà dalla grazia del Battesimo pienamente vissuta.




domenica 8 novembre 2009

Diaconato: servizio e comunione


Il bimestrale Gen's, rivista di vita ecclesiale, ha dedicato il primo numero di quest'anno (1-2, gennaio-aprile 2009) al diaconato: Diaconato: servizio e comunione.

Alcune delle esperienze pubblicate, come quelle di Rocco Goldini ("Rocco racconta") e alcune personali, sono già state oggetto di questo blog.
Ogni esperienza ha il sapore di un incontro diretto con l'autore, non soltanto perché conosciuto personalmente, ma anche perché nelle parole di ciascuno ho ritrovato parte di me.
Mi si rafforza sempre più la convinzione che, se fai parte in maniera vitale di un "corpo" (l'ordine dei diaconi), scopri che "non fai tutto" o "non sei competente in tutto", ma ne fai comunque esperienza, magari indirettamente, ma con la stessa intensità di chi partecipa della vita della "stessa famiglia", essendo, la comunità del diaconato, una fraternità sacramentale vivificata dallo Spirito di Cristo, a servizio della Chiesa.
«La "diaconia" per amore – si legge nell'editoriale - è la caratteristica di tutti i cristiani, qualunque sia la loro vocazione, perché è l'attuazione concreta del comandamento nuovo. E se ogni cristiano deve essere "diacono", cioè servo degli altri, questo servizio deve risplendere in maniera esemplare in coloro che nella Chiesa esercitano quello che giustamente non è chiamato "potere" come si intende comunemente, ma "ministero", cioè servizio».

L'intero numero è riportato nel mio sito di documenti e sarà oggetto di ulteriori approfondimenti.

venerdì 6 novembre 2009

Fidarsi di Dio

8 novembre 2009 – 32a domenica del Tempo ordinario (B)

Parola da vivere


Il Signore è fedele per sempre (Sal 145)



La testimonianza delle due vedove di cui parlano le letture di questa domenica è l'annuncio della verità contenuta nella Parola del Salmo proposta per la settimana: "Il Signore è fedele per sempre". La prima si priva dell'unica risorsa di cibo bastante per un giorno e Dio la ricompensa, assicurandole il vitto per sé e per il figlio. La seconda offre al Signore l'unico soldo che aveva e riscuote l'ammirazione e l'elogio di Gesù: "Ha dato più di tutti gli altri".
Nel Vangelo Gesù, vista la falsa e ostentata religiosità dei dottori della legge, invita i suoi a fidarsi di Dio, sempre fedele alle sue promesse.
È la Parola di Dio che ci spinge e ci può aiutare a risolvere i problemi sociali di oggi, facendo anche noi nascere iniziative a favore dei diseredati, bisognosi e disperati.
Realizzando il richiamo di Gesù "Date e vi sarà dato", avremo la conferma che Dio è Padre, fedele sempre alle sue promesse. Non è facile farIo oggi, in un mondo in cui ci si fida solo dei propri mezzi, delle proprie sicurezze. Ma usando bene e con sapienza ciascuno di noi i nostri talenti, confidando in Lui e nel suo aiuto, tutto è possibile.


Testimonianza di Parola vissuta


La mia esperienza al Centro di Ascolto della Caritas è cominciata quando mi è stato rivolto l'invito a insegnare l'italiano agli stranieri. Ero in un momento particolare, da poco in pensione e quindi con del tempo libero. Ho accettato con molta gioia. Abbiamo cominciato Laura e io con due signore del Marocco che non sapevano una parola di italiano. Ogni loro conquista diventava una nostra conquista. Ascoltarle fino in fondo senza pregiudizi ha significato per me entrare in un mondo di grande sofferenza e grande povertà, realtà che io non immaginavo potessero esistere.
Un giorno è arrivata al Centro una signora rumena molto giovane accompagnata dal cugino. È stato lui a spiegarmi la sua situazione perché la ragazza non faceva che piangere disperatamente. Era in Italia da poco tempo, sua ospite, senza documenti, con i figli e il marito in Romania, alla ricerca di un qualunque tipo di lavoro. Mi sono sentita impotente di fronte a tanta sofferenza. Ho cercato di dar loro qualche speranza, ma nello stesso tempo mi sono resa sempre più conto delle difficoltà oggettive in cui si trovavano.
Mi sono ritrovata in chiesa a dire a Gesù: "Guarda che tu in quella persona hai bisogno di un lavoro, di una casa, di una vita dignitosa. Pensaci tu". Sono passati soltanto pochi giorni ed è arrivata da una persona la richiesta di una badante, con le caratteristiche di quella ragazza rumena, che strafelice ha preso immediatamente servizio. Sperimentare con tale concretezza la Provvidenza riempie davvero il cuore di gioia.

(Andreina)

da "Camminare insieme" - vedi Testimoniare la Parola, esperienza in parrocchia)

giovedì 5 novembre 2009

Diaconato permanente e stati di vita


È stato pubblicato sul periodico Settimana del 6 settembre 2009, n. 31, la relazione (fatta da Enzo Petrolino, presidente della Comunità del Diaconato in Italia) sul 22° convegno nazionale, promosso dalla Comunità, dal titolo appunto "Diaconato permanente e stati di vita", svoltosi a San Giovanni Rotondo lo scorso mese di agosto, al quale ho partecipato con mia moglie e di cui ho parlato in questo blog (ProgrammaImpressioni personali).

Riporto l'intero articolo sul mio sito di documenti. Qui accennerò ad alcuni titoli.

Il discernimento e la formazione al diaconato (don Giuseppe Bellia).
Passare dal discernimento ad una formazione conseguente non è un atto unico o solo teorico che vale per sempre, ma un'opera di vigile adattamento necessaria per comprendere e disegnare un percorso umano e spirituale complesso, che richiede la sapienza di una pedagogia duttile e il rigore di una disciplina di "ascolto orante".
… è doveroso e saggio chiedersi se, di fronte a uomini adulti già formati umanamente e socialmente, oltre che moralmente e spiritualmente, l'attività di formazione possa limitarsi agli aspetti intellettuali e dottrinali o non debba anche affrontare, invece, problematiche di vita familiare, di impegno lavorativo e di ambiente professionale.

Il rapporto tra ministerialità del matrimonio e diaconale (Andrea Grillo).
Il matrimonio, come "stato di vita" possibile del diacono, non è una condizione del tutto chiara per la vita ecclesiale.
Da qui la necessità del recupero di una "ministerialità complessa" nel sacramento del matrimonio a partire da alcuni aspetti emergenti: il diacono come "ministro" del matrimonio altrui; "sporgenza" del matrimonio rispetto all'ordine, e viceversa; forza naturale del matrimonio e forza istituzionale dell'ordine, in rapporto a Cristo e alla chiesa.

I diaconi "alla scuola" dei poveri (mons. Giuseppe Merisi).
La "scelta preferenziale dei poveri" significa stare dalla parte dei poveri, stando insieme con i poveri.
Questo esige che le chiese considerino con sempre maggiore attenzione il ministero dei diaconi, che ne curino e sostengano in termini propri, strutturalmente chiari e permanenti, la formazione per averli così e solo così - effettivamente corrispondenti ai bisogni delle situazioni delle esigenze degli uomini, soprattutto degli ultimi. La diaconia ha senso se si recuperano i poveri all'eucaristia e, perciò, la chiesa ai poveri.

Per una spiritualità "biblica" del diacono (p. Raniero Cantalamessa).
La spiritualità del diacono si radica in ciò che egli è divenuto per mezzo del sacramento del diaconato. Beneficiario della grazia propria di questo sacramento, il diacono diviene in certo modo lui stesso, nella sua persona e nella sua vita, segno e strumento di grazia… beneficiario di una grazia sacramentale che lo rende capace di vivere come servo di Cristo: presentandoci l'esempio dell'umiltà del servo - Io sono in mezzo a voi come colui che serve - egli rende visibile che chi è a capo di una comunità deve apprendere e far suo l'atteggiamento di chi serve - Chi vuoi essere il primo deve essere il servo di tutti. Il discepolo dev'essere, dunque, quel servo fedele e prudente che si prende cura delle cose del Regno per amore di Gesù, rispondendo al Cristo che lo chiama a seguirlo come diacono (servo) e lo invita a vivere in comunione intima con lui, a dimorare in lui.

Seguono alcune esperienze familiari "diaconali" ed una relazione sul cammino della "Comunità del diaconato in Italia".

Rileggere quanto si è vissuto è un riviverne l'esperienza, con la gratitudine allo Spirito per il dono ricevuto.

domenica 1 novembre 2009

Testimoni prima che maestri


Quello che guardiamo nei Santi è la loro "vita", il loro essere "testimoni" di quell'Amore che li ha presi totalmente.
Riporto alcuni passi della prima parte, "Testimoni prima che maestri", dei pensieri del libretto "Come il Padre…" sull'Anno sacerdotale (secondo volume - di cui ho già parlato), come ho fatto con il precedente volume, cercando di applicarlo alla vita del diacono, con nell'anima e nella mente quanto il Direttorio per il ministero e la vita dei diaconi mi ricorda: «Il diacono tenga sempre presente l'esortazione della liturgia dell'ordinazione: "Ricevi il Vangelo di Cristo del quale sei diventato l'annunciatore: credi sempre a ciò che proclami, insegna ciò che credi, vivi ciò che insegni"» (nr. 52).

I testi completi di quanto riporto si possono trovare nel mio sito di documenti:


«Non è tanto importante che cosa fai, ma è importante che cosa sei nel nostro impegno sacerdotale. (…)
L'essere convince e il fare convince solo in quanto è realmente frutto e espressione dell'essere» (Benedetto XVI).

«Spesso le cure pastorali tengono l'anima impegnata in tante cose e si diventa incapaci di attendere a tutto con mente assorbita da troppe ansie. (…)» (San Gregorio Magno).

Se abbiamo scelto Dio come Ideale - e questa è la nostra identità -, se l'abbiamo messo al primo posto, ciò richiede praticamente che mettiamo al primo posto nel nostro cuore la sua Parola, la sua volontà. (…) Importante è vivere la Parola, essere Parola viva» (Chiara Lubich).

Nell'«obbedienza radicale di Maria la Parola non resta solo Parola ascoltata, ma diventa Verbo incarnato e generato tra noi che diventiamo così suoi fratelli» (Silvano Cola).

«I discepoli vengono tirati nell'intimo di Dio mediante l'essere immersi nella Parola di Dio. La Parola di Dio è, per così dire, il lavacro che li purifica, il potere creatore che li trasforma nell'essere di Dio. (…)» (Benedetto XVI).

(…) Il «gesto del Signore che invia i discepoli a due a due a predicare, significa pure, anche senza il commento della parola, che non deve in alcun modo esercitare il ministero della predicazione, chi non ha carità verso il prossimo» ( San Gregorio Magno ).

«"Vogliamo vedere Gesù" (Gv 12,21). (…) Come quei pellegrini di duemila anni fa, gli uomini del nostro tempo, magari non sempre consapevolmente, chiedono ai credenti di oggi non solo di "parlare" di Cristo, ma in certo senso di farlo loro "vedere". (…)» (Giovanni Paolo II).

«(...) L'uomo contemporaneo ascolta più volentieri i testimoni che i maestri (...) o se ascolta i maestri lo fa perché sono dei testimoni. (…)» (Paolo VI).

«… ciascuno nel suo lavoro, nel posto che occupa nella società, deve sentirsi obbligato a fare un lavoro di Dio, che semini dappertutto la pace e la gioia del Signore. (…)» (San Josemaría Escrivá De Balaguer).

«(…) I giovani devono sentire che non diciamo parole non vissute da noi stessi, ma parliamo perché abbiamo trovato e cerchiamo di trovare ogni giorno di nuovo la verità come verità per la mia vita. (…)» (Benedetto XVI).

«Non basta deplorare e denunciare le brutture del nostro mondo. Non basta neppure … parlare di giustizia, … di esigenze evangeliche.
Bisogna parlarne con un cuore carico di amore compassionevole, facendo esperienza di quella carità che dona con gioia e suscita entusiasmo (…)» (Card. Carlo Maria Martini).

«Il clericalismo è quella deformazione - chiaramente combattuta da Gesù - a cui sono esposti tutti i "professionisti" della religione, e si manifesta nel sentirsi superiori o nel predicare per gli altri senza vivere a fondo essi stessi o nella ricerca di privilegi e riconoscimenti. (…)
Noi non dobbiamo preoccuparci di essere né anti clericali né antilaicisti, ma sforzarci di rivivere in noi la vita di Gesù, per tendere sempre più a quello che dice san Paolo: "Non sono più io che vivo ma è Cristo che vive in me" (Gal 2,20). Qui si trova il migliore antidoto contro il clericalismo» (Pasquale Foresi).

«Con certezza il primo e più importante servizio che la Chiesa può e deve svolgere per l'uomo concreto e storico di oggi è l'evangelizzazione. (…)
"Noi non possiamo tacere" (At 4,20), hanno detto gli apostoli Pietro e Giovanni davanti al Sinedrio. Anche noi pastori di oggi, non possiamo tacere. Dobbiamo dare continuità, coraggiosamente … senza aver paura delle resistenze, da qualunque parte esse vengano. (…)» (Card. Claudio Hummes).

«(…) I figli non si partoriscono senza dolore. È morendo sulla croce che Gesù ci ha partorito alla vita eterna; fu ai piedi della croce che Maria divenne nostra madre. Nell'ordine soprannaturale, il dolore e spesso anche la morte sono ragione di fecondità» (Beato Paolo Manna).