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lunedì 6 aprile 2009

Quel seme che muore per dar vita


All'inizio di questa settimana santa il pensiero va a tutto quel mistero di morte e risurrezione che nella persona di Gesù trova il punto di incontro e il suo più profondo significato. Le antinomie si incontrano, i contrari si completano a vicenda fino a diventare sinonimi: croce-risurrezione, abominio-gloria, morte-vita, Uomo-Dio… La figura del seme che "se muore porta frutto", è la figura di Cristo che dona la vita perdendola… Tutto questo è possibile, perché tutto è amore!

«Nell'amore l'uomo perde sé stesso, donandosi. Amore e morte sono egualmente totalizzanti. Non tollerano parzialità, perché vogliono tutto. Ciò nonostante l'uomo può morire e basta, perdersi giorno per giorno resistendo con tutte le forze al flusso della morte oppure può assecondare la perdita di sé tramutandola nel dono di sé. Se nel primo caso l'uomo "rimane solo" senza lasciare traccia di sé e senza fecondità, nel secondo caso tutto ciò che è perduto ritornerà a vivere. Ci si può spegnere e basta, nella chiusura e nell'egoismo. Si può invece amare consumando se stessi, come il chicco nella terra, preparando una straordinaria primavera. Ogni vita umana si trova prima o poi al bivio della Pasqua. Chi segue Cristo deve seguirlo e sarà, come servo, là dove è il suo Signore» (Claudio Arletti).

Chi ama dona; se dà non ha più… Non è, e quindi è! Chi ama non è (perché ha dato tutto); ma perché ama "è", perché l'amore è l'essere, la sostanza dell'essere.
Così è la Trinità, così sono i cristiani nel mondo!
Ed alcuni sono chiamati in modo speciale a far sì che tutto il "corpo" risponda a questa stupenda ed inebriante vocazione di essere "sale della terra", "luce del mondo". Il prezzo: lo "svuotamento" di sé, per amore dell'uomo, come Gesù.


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