Questo Blog continua nella nuova versione
venuto per servire
(clicca qui per entrare)


giovedì 31 dicembre 2009

L'abbraccio di Dio


Si chiude il 2009 e mi viene spontaneo ripercorrere i vari momenti di questo anno passato; momenti di gioia, di sofferenza, di slancio, di inerzia…
In questo periodo del Natale il pensiero va al meraviglioso evento che ha squarciate le tenebre che ci attanagliano: quella Luce "che viene nel mondo e che illumina ogni uomo". L'abbiamo vista, l'ho vista quella Luce; e l'abbiamo accolta, sia pur nei limiti che ci contraddistinguono.
E un grazie sgorga sincero dal profondo del cuore perché non è possibile dimenticare l'abbraccio di Dio per noi, di quel Dio che si è fatto come me per potermi abbracciare. Ogni avvenimento, coscientemente vissuto, è un abbraccio di quel Dio che mi ama oltre ogni misura; un abbraccio delicato, molto spesso forte, che spesso fa male: ma è il Suo abbraccio… paterno e materno insieme.
Alle volte sento qualcuno che mi dice, di fronte a situazioni particolari, dolorose, che "O si crede… o non si crede… La fede o c'è o non c'è…".
Ma io sono convinto che la fede non è una verità astratta, intellettuale, per cui posso dire "credo o non credo a quella cosa…". La fede investe tutta l'esistenza: è un affidarsi totalmente a Dio, è consegnare la mia vita a Lui, prestando "fede" alla sua Parola, credendo al suo Amore. E questo coinvolge tutta la vita: mi interpella giorno per giorno in un continuo e progressivo perdermi in Lui.
La fede nasce, per dono di Dio, cresce, si sviluppa e giunge a maturazione… fino a quando vedrò "faccia a faccia" e non più "in visione" Colui a cui abbiamo prestato fede tutta la vita. E lo ameremo senza veli.



lunedì 28 dicembre 2009

Come il Padre ha amato me… (3)


È uscito il terzo (3. inverno: le sfide) dei quattro volumetti, pubblicati dall'editrice Città Nuova, dal titolo Come il Padre ha amato me…, 365 pensieri per l'anno sacerdotale, per accompagnare giorno per giorno il cammino di questo anno.

Gli argomenti di questo terzo volume riguardano le sfide che il sacerdote (e come lui anche il diacono) è chiamato ad affrontare: egli è "Testimone di Gesù vivo", "Icona dell'unitrinità", "Sacerdote e… vittima", come sottolineato nei sottotitoli.

«Le sfide del relativismo filosofico e morale - si legge nella Prefazione -, dello scientismo e tecnicismo che tendono ad esorcizzare temi di fondo quali la sofferenza e la morte, dell'individualismo a volte esasperato, della chiusura alla progettazione del futuro, del prevalere, in politica, degli interessi personali o partitici o nazionali… ci avvolgono talvolta in un'apparente impotenza.
Il presbitero, che dovrebbe essere il segno di qualcosa di "assoluto", in questo contesto si ritrova, non di rado, a porsi domande di fondo: "Per chi ho dato la vita? A che serve il mio ministero? Come rapportarmi con le persone? Come trovare e far trovare una unità di vita?".
(…)
Il Dio "Padre" dell'uomo Gesù e di ogni uomo non è una realtà dimostrabile se non con l'accoglienza dell'amore che da Lui ci viene offerto in Gesù. E dall'accoglienza della sua "paternità" non può non discendere una "fraternità" che si traduce in regole di vita personali e in un modello di società che va oltre la cura dei propri interessi.
(…)
Le sfide proposte dall'umanità di oggi provocano, in definitiva, a ritrovare la "sfida delle sfide": un "Amore" che non si limita ad offrire delle "leggi" di vita, ma è in se stesso la "legge della vita"».

Come per gli altri due volumetti, riporterò i pensieri sul mio sito di testi e documenti.

venerdì 25 dicembre 2009

Seminare la speranza


Vieni di nuovo, o Signore,
a nascere su questa povera terra,
su questo suolo di miseria,
dove non piove la verità.

Vieni ad accendere le stelle
che l'egoismo ha spento,
vieni a seminare la speranza
nei campi dove è seccata.

Vieni a dominare i superbi
installati sui loro troni,
ed a restituire a quanti soffrono
il prezzo del loro lavoro.

Vieni come la luce dell'aurora
dopo la lunghissima notte
a illuminare le strade
dove gli uomini non si conoscono.

Vieni a riunire i fratelli
intorno alla stessa fiamma
e ad aprire nuove vie
al sangue che circola nelle nostre vene.

(Pedro Jorge da Cruz, Brasile)

mercoledì 23 dicembre 2009

Dio, nostro fratello

25 dicembre 2009 – Natale del Signore

Parola da vivere

La Parola è diventata carne e ha abitato fra noi (Gv 1,14)


"Troverete un bambino avvolto in fasce che giace in una mangiatoia".
Ogni bambino che nasce dice amore, amore che ci sorprende.
E il Natale è una sorpresa: Dio diventa uomo, si fa bambino e viene ad abitare fra noi, è uno di noi, come noi: è nostro fratello. Qui la sorpresa diventa commozione e adorazione.
Con Maria, la madre, ci chiniamo ad adorarlo, con gli angeli cantiamo "Gloria a Dio", con i pastori portiamo doni.
Natale solo per un giorno? Natale non è un’occasione per sentirci buoni, amanti della famiglia. È l’opportunità che ci viene offerta per essere cristiani. Natale continua a portare nel mondo fraternità e speranza, è un fatto capace di regalare un po’ di stupore a chi sa ascoltare, accogliere e amare. Pertanto in questo Natale nessuno si senta solo, abbandonato, emarginato, orfano.
Nessuno ci sfiori invano. Diffondiamo amore, ravviviamo i rapporti, portiamo la pace e la gioia. Che tutti sentano, attraverso il nostro amore, che Gesù è nato per tutti.
Lui non ha fatto distinzioni tra buoni o cattivi, ricchi o poveri, credenti o non credenti, connazionali o extracomunitari.
A Natale tutti possiamo dire con gioia: "Dio mi ama immensamente".

Testimonianza di Parola vissuta


Quest'anno volevamo che fosse un Natale diverso per tutti noi e in particolare per i nostri figli e i nostri nipoti, che si aspettavano tanti doni, specialmente dagli zii.
Così un giorno abbiamo detto loro che il più grande regalo di Natale era Gesù e che lo si poteva amare nei poveri, donando loro la somma destinata dagli zii ai regali. Essi hanno accettato con gioia.
La vigilia ci siamo ritrovati tutti insieme nella nostra casa e con loro abbiamo scritto un biglietto di auguri a Douglas (un bambino adottato a distanza da alcune famiglie nostre amiche) e abbiamo compilato due vaglia postali: uno per Douglas e uno per i bambini terremotati.
Figli e nipoti hanno voluto provvedere loro stessi tutti insieme al versamento dei soldi, e in massa hanno invaso l'ufficio postale per la spedizione, sotto il sorriso compiaciuto degli impiegati.

(C.S., Italia)


(da "Camminare insieme" - vedi Testimoniare la Parola, esperienza in parrocchia)

venerdì 18 dicembre 2009

Il modello del nostro servizio

20 dicembre 2009 – 4a domenica di Avvento (C)

Parola da vivere

Ha guardato alla bassezza della sua serva (Lc 1,48)


Il Vangelo ci presenta la scena dell'incontro, tra Maria ed Elisabetta. Maria, umile e piccola "serva", diventa il tipo di fede e di amore di tutti noi.
E Maria in questo intenso clima di amore prorompe in un inno di lode a Dio che ha fatto cose grandi, perché ha trovato in lei un cuore disponibile: "ha guardato alla bassezza della sua serva".
Intorno a noi vediamo tanta sofferenza, indifferenza e tristezza. Tutti attendono il Natale, stanno preparando la festa, sono tutti indaffarati, ma per chi? Gesù viene per tutti, a tutti vuoI far sentire il suo amore.
Se il Natale non ci porta ad avvicinarci a Dio, è una festa che non ci riguarda.
In fondo, il Natale è un Dio che 'mantiene la parola' e cerca gente disponibile, come Maria, che si aggrappi a questa parola.
Dio dice: "Eccomi". Sarebbe paradossale che noi non ci facessimo trovare, dicendo con tutto il cuore: "Vieni, Signore Gesù".
Anche noi in questi giorni, se siamo docili alla parola di Dio, sull'esempio di Maria, possiamo - con la nostra fede e il nostro amore - portare in noi Gesù e, con Gesù, la gioia e la serenità a tante persone.

Testimonianza di Parola vissuta


Con altre famiglie e giovani avevamo organizzato una festa per le persone di una zona emarginata della città. Per questo avevamo proposto ai nostri figli di dare qualche loro giocattolo per fare felici quei bambini poveri.
I ragazzi hanno accolto l'idea con gioia. Quel giorno abbiamo messo nel centro della loro stanza un grande sacco dove ognuno, liberamente, poteva mettere tutto ciò che voleva. È stato bellissimo perché alla fine hanno messo anche i giocattoli a cui erano affezionatissimi e ognuno faceva il tifo per l'altro nei momenti di titubanza perché riuscisse ad essere generoso.
Fra i giocattoli c'era anche un orsacchiotto che mi era stato regalato tempo addietro. Ad un certo punto i bambini guardandomi hanno detto: "Anche questo si mette, vero?" Ed io d'impulso: "Ma questo no!".
I tre, con occhi meravigliati, mi hanno guardato. Per me è stata una vera e propria lezione di fronte alla loro grande spontanea generosità.

(O.N., Messico)

(da "Camminare insieme" - vedi Testimoniare la Parola, esperienza in parrocchia)

venerdì 11 dicembre 2009

Chiamati alla gioia

13 dicembre 2009 – 3a domenica di Avvento (C)

Parola da vivere

Rallegratevi sempre nel Signore! (Fil 4,4)


Il cristiano è "chiamato" alla gioia.
Lo so. Qualcuno esibirà un sorriso di scetticismo nel sentir parlare di una vocazione alla gioia.
Sarà smentito però dalla parola di Dio: "Siate sempre lieti nel Signore, ve lo ripeto, siate lieti", è l'imperativo di san Paolo alla comunità di Filippi.
Oggi il mondo ha bisogno di cristiani contenti, testimoni della gioia. Così tutti potranno vedere attraverso la nostra affabilità e serenità che il Signore è già in noi e con noi.
Fa pensare ciò che un ateo diceva a un prete: "Io ho bisogno di vedervi sempre tristi. Allora mi sento tranquillo e mi convinco una volta di più che Dio non esiste. L'unico momento che nutro dei dubbi, in cui comincio a sospettare che non sono tutte frottole che raccontano in chiesa, e che Dio può esistere, è quando vi vedo contenti".
Siamo preparati ad annunciare la 'buona notizia' con la nostra vita?
La predicazione di Giovanni Battista è esigente. La sua è una parola che esige una conversione interiore, una piena disponibilità, e vale per tutti.
Quella del cristiano non è una gioia qualsiasi. Per sperimentare la gioia, il credente sa che deve uscire da se stesso per aprirsi a Dio e ai fratelli. Ci viene quindi proposto uno stile di vita più sobrio, la condivisione dei nostri beni con i più poveri e disperati della terra. Gesù per primo prova grande gioia nell'attesa di potersi incontrare nel Natale con ciascuno di noi.

Testimonianza di Parola vissuta


Se devo dire che cosa significa per me vivere il cristianesimo nella mia realtà, non mi vengono in mente discorsi, concetti o dogmi, ma volti concreti: i volti dei miei amici. Cristo infatti mi si è fatto conoscere e continua ad affascinarmi attraverso di loro.
Quello che desideravo per me andava ben al di là di un bel sorriso stampato in faccia e qualche battuta al bar; io volevo essere felice davvero, sempre, in ogni istante, non soltanto quando le cose andavano come speravo: desideravo amici che mi volessero bene non perché a volte ero simpatica e divertente, ma perché ero io, proprio io, con i miei difetti e i miei malumori.
Mi ero quasi rassegnata che cose del genere fossero impossibili da ottenere, quando è avvenuto l'incontro che mi ha sconvolto la vita. Una ragazza che conoscevo pochissimo, figlia di conoscenti, mi ha invitato a conoscere i ragazzi della sua compagnia (di cui tra l'altro mi parlavano molto spesso anche i miei genitori); questo gruppo aveva un nome ben preciso: Gioventù Studentesca.
La mia vita è totalmente cambiata: ho trovato persone che mi vogliono davvero bene, e ciò che più mi colpisce è che la nostra amicizia non si limita allo stare assieme il sabato sera o alle feste, ma investe ogni momento, ogni passione, persino le difficoltà che una persona può provare: studiamo, cantiamo, balliamo, scherziamo, giochiamo, facciamo addirittura vacanze. Ma questo non perché siamo più bravi, più buoni e più attivi degli altri: abbiamo anche noi un bel po' di difetti, a volte litighiamo di brutto, ma rimaniamo insieme perché ciascuno sa e sperimenta che la persona che gli sta di fronte, anche se è antipatica, alla fin fine è come lui, vuole le stesse cose, e solo un Altro, lo stesso che ci ha messi insieme e ci ama infinitamente, può aiutarci.
Nasce naturale il desiderio di comunicare questa bellezza incontrata: proprio per questa voglia di rischiare le nostre idee e cercare di dare un giudizio sui fatti che accadono attorno a noi è nata l'idea di creare un giornalino, il "Lunedì", che distribuiamo nelle scuole.
Certo, non è facile professarsi credenti in un mondo dove l'idea ormai più diffusa è che tutto è relativo, e l'uomo si può costruire la vita da solo e come più gli piace; però che bello avere la consapevolezza di aver incontrato qualcosa di più vero e che ti rende più contento! È proprio come dice il Papa: "Egli non toglie nulla e dona tutto".

(Una studentessa)

(da "Camminare insieme" - vedi Testimoniare la Parola, esperienza in parrocchia)

martedì 8 dicembre 2009

Maria, Fiore dell'umanità


Tutta l'umanità fiorisce in Maria. Maria è il Fiore dell'umanità. Ella, l'Immacolata, è il Fiore della Maculata.
L'umanità peccatrice è fiorita in Maria, la tutta bella!
E, come il fiore rosso è grato alla piantina verde con le radici e il concime che la fece fiorire, così Maria è, perché vi fummo noi peccatori, che costringemmo Dio a pensare a Maria.
Noi dobbiamo a Lei la salvezza, Ella la vita sua a noi.
Che bella, Maria! È la creazione che va in fiore, la creazione che va in bellezza. Tutta la creazione fiorita, come la chioma di un albero, è Maria. Dal Cielo Dio s'innamora di questo Fiore dei fiori, l'impollina di Spirito Santo e Maria dà al Cielo ed alla terra il Frutto dei frutti: Gesù.

(Chiara Lubich, Maria, trasparenza di Dio, Città Nuova, Roma 2003, pp. 86-87)

(dipinto di Michel Pochet, Theotokos)


domenica 6 dicembre 2009

Servire è convertirsi!


La Parola di Dio, in questo periodo di Avvento, mi invita alla conversione rinnovando la mia vita nella carità, per poter accogliere con frutto il Signore che viene.
Così, il mio rapportarmi nella comunità cristiana mi fa sperimentare il mio essere fratello fra fratelli, chiamato a mettermi al servizio di tutti, soprattutto dei più poveri.
A questo proposito, riprendo alcuni pensieri, pubblicati sul secondo volume "Come il Padre…" dedicato all'Anno sacerdotale, sotto il titolo Servi per amore, che mi sembrano particolarmente significativi.

«Il clero ha per natura l'inclinazione a rappresentarsi la Chiesa sotto la figura di una parrocchia o di un decanato, come un gregge in qualche modo dominabile con lo sguardo, sul quale poter esercitare le proprie funzioni. (…) Questa reciprocità (…) appare come la prefigurazione ideale, anzi forse già reale dell' "unico pastore e dell'unico gregge", nel qual caso si trascura di notare che l'unus pastor non è il Papa, ma Cristo, e che l'unus grex non sono le pecorelle nell'ambito della Chiesa, ma l'umanità nella sua totalità» (Hans Urs von Balthasar).

«La Chiesa è chiamata a essere sacramento di amore, di solidarietà e di giustizia (…).
È necessaria una disposizione permanente, che si manifesti in scelte e gesti concreti, evitando ogni atteggiamento paternalista. Ci viene chiesto di dedicare tempo ai poveri. (…) Solo la vicinanza che ci rende amici ci permette di apprezzare profondamente i valori dei poveri di oggi» (Conferenza di Aparecida, 2007).

«Ogni parrocchia ha i suoi tesori. I veri tesori sono i poveri, i tribolati, i sofferenti, gli ammalati, e tutte quelle anime nelle quali lo Spirito Santo ha diffuso più copiosi i suoi doni, così che esse vivono una vita di sofferenze e di preghiera» (Giacomo Alberione).

«Ama il prossimo tuo come te stesso» (Mt 19,19)...
Il prossimo è un altro te stesso e come tale lo devi amare.
Se lui piange, piangerai con lui; e se ride con lui riderai; (…)
Tu e lui siete due membra di Cristo e che soffra l'una o l'altra è la stessa cosa per te.
Perché per te ciò che vale è Dio che è Padre d'entrambi.
E non cercare scuse all'amore. Il prossimo è chiunque ti passa accanto…
Prova ad amare chi ti sfiora nel momento presente della vita e scoprirai nell'animo tuo nuovi germogli di forze non conosciute prima…» (Chiara Lubich).

«Per la grandissima maggioranza dei casi, quel "dare la vita" che ci chiede Gesù, non si compie con l'effusione del sangue, ma nel quotidiano, in tanti piccoli gesti, nel porci al servizio degli altri…
Servire significa diventare "eucaristia" per gli altri, immedesimarci con loro, condividere le loro gioie, i loro dolori…» (Card. François-Xavier Van Thuan).

«Dio è Amore. Se ami, sei. Se non ami, non sei.
Bisogna considerare l'altro, qualunque persona, come insostituibile, come unico al mondo. (...) "Qualunque cosa hai fatto al più piccolo, l'hai fatta a me". Qualunque cosa faccio al più grande disgraziato che c'è al mondo lo faccio a Gesù.
Questa è la capacità di rendere luminosa la notte...» (Silvano Cola).

«Se riusciamo a donarci disinteressatamente alle persone e offrire loro una patria spirituale, allora le conduciamo facilmente anche a trovare la loro patria in Dio. Se però manca qualcosa, allora vuol dire che un anello della catena non è al suo posto. Si tratta perciò di far sì che le persone si facciano casa a vicenda» (Josef Kentenich).

«L'amore del prossimo consiste nel fatto che io amo, in Dio e con Dio, anche la persona che non gradisco o neanche conosco. Questo può realizzarsi solo a partire dall'intimo incontro con Dio, un incontro che è diventato comunione di volontà arrivando fino a toccare il sentimento» (Benedetto XVI).

«Abbiamo bisogno di dilatare il cuore sulla misura del Cuore di Gesù. (…)
Si tratta di amare ognuno che ci viene accanto come Dio lo ama. E dato che siamo nel tempo, amiamo il prossimo uno alla volta, senza tener nel cuore rimasugli d'affetto per il fratello incontrato un minuto prima. Tanto, è lo stesso Gesù che amiamo in tutti. Ma se rimane il rimasuglio, vuol dire che il fratello precedente è stato amato per noi o per lui... non per Gesù. E qui è il guaio.
La nostra opera più importante è mantenere la castità di Dio e cioè: mantenere l'amore in cuore come Gesù ama. (…)» (Chiara Lubich).


venerdì 4 dicembre 2009

L'abbondanza del dono

6 dicembre 2009 – 2a domenica di Avvento (C)

Parola da vivere


Il vostro amore abbondi sempre più (Fil 1,9)


Il Natale è la festa dell'Amore.
È opportuno ricevere il dono dell'Amore, seguendo la via dell'amore.
È l'invito che ci fa san Paolo nella lettera ai Filippesi: "La vostra carità si arricchisca sempre più per essere integri e irreprensibili". Infatti se siamo nell'amore verso Dio e verso il prossimo, riusciamo a staccarci dai mali dentro e fuori di noi.
L'amore ci fa trovare lo spazio per la preghiera, ci fa essere umili, pronti a riconoscere i nostri torti, più generosi e attenti a chi soffre, capaci di perdono, portatori di gioia.
Il Battista ne è una testimonianza: ha atteso la venuta di Gesù nella preghiera e nella penitenza. La sua vita è diventata "voce" di un testimone credibile che con la sua parola tocca i cuori, converte i peccatori e li prepara ad incontrare il Messia promesso.
Urge allora il bisogno di conversione: togliere gli ostacoli che ci impediscono di accogliere il Signore. Eliminare dal cuore il nostro egoismo, la nostra superbia, la nostra superficialità, riempiendo il cuore di un amore grande, di un amore vero.


Testimonianza di Parola vissuta


Un nostro vicino di casa aveva deciso di costruire una cucina esterna, attaccata al muro di cinta che divide le nostre proprietà e, forse non sapendo dove mettere delle vecchie porte metalliche, le aveva depositate nel nostro giardino senza chiederci il permesso.
Quando ce ne siamo accorti ci siamo offesi perché la vista era tutt'altro che bella. "Quelle porte devono tornare dal loro padrone e subito!" pensavamo, ma ci siamo ricordati delle parole del Vangelo che invitano a perdonare.
Allora abbiamo cambiato atteggiamento: era un'occasione da non perdere. Abbiamo lasciato lì le porte perché era più importante l'armonia tra di noi.
Quando i lavori sono finiti tutto è tornato a posto.
Con questi vicini, molto diversi da noi per cultura e religione, è nata una bellissima amicizia.

(P.E., Thailandia)

(da "Camminare insieme" - vedi Testimoniare la Parola, esperienza in parrocchia)

domenica 29 novembre 2009

Farsi prossimo


Il pensiero che mi ritorna alla mente, all'inizio di questo Avvento, è l'immagine di un Dio che si abbassa alla nostra portata e si mette in dialogo con noi.
Sfogliando il periodico Città Nuova (n. 22/2009) mi ha colpito una pagina delle vignette di Vittorio Sedini (Anche i sassi pensano), che è di una eloquenza straordinaria; e che ho cercato di riportare qui.

Farmi prossimo, in ogni situazione, con chi incontro nella mia giornata è il modo migliore di vivere questa attesa di Colui che viene.


venerdì 27 novembre 2009

L'attesa...

29 novembre 2009 – 1a domenica di Avvento (C)

Parola da vivere

Fammi conoscere, Signore, le tue vie (Sal 24,4)


In questa prima domenica di Avvento l'esistenza del cristiano viene collocata sotto il segno dell'attesa. Anche oggi, come ai tempi di Gesù, la gente sente il bisogno di un lieto e gioioso annuncio: "Dio Amore è felice di venire a vivere con noi e fra noi".
È il vangelo di questa domenica che ci invita a scuoterci dal nostro torpore, "ad alzarci e levare il capo", perché possiamo accogliere il grande dono che il Padre fa a noi e all'umanità.
L'attesa vigilante non significa fuga dall'esistenza quotidiana, ma è fare attenzione a non lasciarsi cogliere impreparati.
L'Avvento è quindi un cammino da compiere individualmente e insieme. Consiste soprattutto nel "crescere e abbondare nell'amore scambievole e verso tutti", come ci ricorda san Paolo.
Questo amore, da rinnovare sempre, va alimentato con la preghiera costante e fiduciosa.
Quale la ricompensa? Ce lo ha detto Gesù: "Se ci amiamo gli uni gli altri, Dio rimane in noi e l'amore di Lui è perfetto in noi" (1Gv 4,17).


Testimonianza di Parola vissuta


Sapendo di tanti problemi degli immigrati tunisini, per incontrarli organizziamo una festa che chiamiamo: «La Festa dei popoli». Gli amici senegalesi traducono l'invito in arabo e ci aiutano a preparare ogni cosa. Alla festa arrivano in più di 40 e alla fine tutti sono contenti per aver finalmente trovato degli amici.
In seguito, valutiamo con loro le necessità più urgenti e avviamo un piccolo servizio di ambulatorio e una ricerca di alloggi e lavoro che dà i primi frutti.
È così che la casa al mare di Carlo e Sandra accoglie Habib e Thania, appena arrivati dalla Tunisia, e il sacerdote ospita quattro giovani tunisini che, nel frattempo, lavorano a restaurare una vecchia abitazione messa loro a disposizione.
Man mano ci rendiamo conto che crollano tanti muri: tra noi, tra cristiani di chiese diverse, tra cristiani e musulmani.
Ci sembra una ricchezza da far fruttare: nasce così l'idea di un centro interculturale italo-islamico in cui trovarci insieme per conoscerci di più e arricchirci l'uno della cultura dell'altro.

(E.M., Italia)

(da "Camminare insieme" - vedi Testimoniare la Parola, esperienza in parrocchia)

mercoledì 25 novembre 2009

Uguaglianza nella fraternità


Ho letto un articolo, nella sezione Rubriche del periodico Vita Pastorale (n. 9, ottobre 2009), di Dario Vitali dal titolo Uguaglianza nella fraternità. Si parla del rapporto tra il popolo di Dio e la gerarchia alla luce del Vaticano II, soprattutto del sensus fidelium.
In questo anno dedicato ai sacerdoti, la lettura di questo articolo mi ha dato la conferma di come ci si debba rapportare all'interno dell'unico Popolo di Dio: siamo fratelli, con mansioni diverse, e come tali ci dobbiano trattare, nella comunione trinitaria. Il compito di essere al servizio della comunità che mi è stata assegnata mi spinge ad approfondire sempre più quella dimensione spirituale del servizio «nella linea di una spiritualità comunitaria in cui si tenda a testimoniare la natura comunionale della Chiesa» (Direttorio 46).

Si legge nell'articolo citato:
«(…) Il dettato di LG 12 non si presta a equivoci: «La totalità dei fedeli che hanno ricevuto l'unzione dello Spirito Santo non può sbagliarsi nel credere, e manifesta questa proprietà che gli è peculiare mediante il senso soprannaturale della fede in tutto il popolo, quando "dai vescovi fino agli ultimi fedeli laici" esprime l'universale suo con senso in materia di fede e di costumi".
Il soggetto di questa funzione di intelligenza della fede è la universitas fidelium, la totalità dei battezzati, "dai vescovi fino agli ultimi fedeli laici". L'idea che sta al fondo della contestazione è che l'attribuire questa funzione profetica del popolo di Dio anche a quanti appartengono alla gerarchia si risolva necessariamente con l'esproprio di un diritto dei fedeli. Quasi che una funzione, per avere rilevanza, non possa che essere esclusiva, configurandosi in rapporti di forza e quindi - in ultima analisi - come forma di potere.
La conseguenza è di trasformare il sensus fidelium in una specie di opinione pubblica all'interno della Chiesa. (…)
Nessuno ha il monopolio dello Spirito: nemmeno il magistero, che ha la grave responsabilità di "non spegnere lo Spirito, di non disprezzare le profezie, di esaminare ogni cosa e tenere ciò che è buono" (1Ts 5,19-21). Nessuno è "al di sopra della parola di Dio" (cf Dei Verbum 10): nemmeno il magistero, che "la serve, insegnando soltanto ciò che è stato trasmesso, in quanto, per comando divino e con l'assistenza dello Spirito Santo, piamente l'ascolta, santamente la custodisce e fedelmente la espone" (idem).
In questa direzione, il fatto che anche i ministri ordinati appartengano alla universitas fidelium, non in ragione del loro ufficio ma in quanto battezzati, non è un elemento secondario e trascurabile. Già Agostino chiariva bene questa condizione, quando diceva: "Cristiano con voi, vescovo per voi". (…)
A ragione si è parlato di rivoluzione copernicana, che ha scardinato - almeno in termini di principi - la distinzione tra Ecclesia docens et discens, e quindi l'impostazione piramidale dell'ecclesiologia preconciliare, che riduceva i fedeli al rango di sudditi. (…)
Imparare e vivere effettivamente l'uguaglianza, nella fraternità cristiana del corpo di Cristo, è per la Chiesa la sfida di una vera e propria conversione; è - se si vuole - la vera "scuola di comunione". Comunione che sarà effettiva, se e quando il primato della vita cristiana si tradurrà nel primato della persona, attraverso la scelta di privilegiare anzitutto la relazione, e quindi l'incontro con l'altro, l'ascolto, il dialogo. Non per una concessione a una qualche tendenza democratica nella Chiesa, ma per il rispetto della verità delle cose: se "Dio parla agli uomini come ad amici" (DV 2), ogni battezzato, per il sensus fidei che lo rende partecipe della funzione profetica di Cristo, ha diritto di dire e di essere ascoltato nella Chiesa».

Vorrei concludere ricordando Presbyterorum ordinis 9: «I sacerdoti del Nuovo Testamento (...) sono discepoli del Signore, come gli altri fedeli, chiamati alla partecipazione del suo regno per la grazia di Dio. (...) membra dello stesso e unico corpo di Cristo, la cui edificazione è compito di tutti».


domenica 22 novembre 2009

La comunione, uno stile di vita


Ho inserito nel mio sito di testi e documenti il terzo capitolo del volumetto "Come il Padre…/2", pensieri sull'anno sacerdotale, dal titolo "Fratelli tra i fratelli".
Il tema che sottende a questi pensieri giornalieri è quello della "comunione": l'essere fratelli tra i fratelli conduce necessariamente ad una vita di relazione che ha il suo compimento in una comunione fraterna la cui radice è nella comunione della vita trinitaria.
Dice Benedetto XVI:
«L'idea della comunione come partecipazione alla vita trinitaria è illuminata con particolare intensità nel Vangelo di Giovanni. (…) "La nostra comunione è col Padre e col Figlio suo Gesù Cristo" (1Gv 1,3). (…) "Quello che abbiamo veduto e udito, noi lo annunziamo anche a voi, perché anche voi siate in comunione con noi" (1Gv 1,2).
Quindi, questa duplice comunione con Dio e tra di noi è inseparabile. Dove si distrugge la comunione con Dio, che è comunione col Padre, col Figlio e con lo Spirito Santo, si distrugge anche la radice e la sorgente della comunione fra di noi. E dove non viene vissuta la comunione fra di noi, anche la comunione col Dio Trinitario non è viva e vera» (Udienza generale, 29 marzo 2006).
E Giovanni Paolo II:
«Spiritualità della comunione significa innanzitutto sguardo del cuore portato sul mistero della Trinità che abita in noi e la cui luce va colta anche sul volto dei fratelli che ci stanno accanto. Spiritualità della comunione significa inoltre capacità di sentire il fratello di fede nell'unità profonda del Corpo mistico, dunque, come "uno che mi appartiene". (…)
Spiritualità della comunione è saper "fare spazio" al fratello, portando «i pesi gli uni degli altri» (Gal 6,2) e respingendo le tentazioni egoistiche che continuamente ci insidiano e generano competizione, carrierismo, diffidenza, gelosie» (NMI, 43).

Mi piace sempre riferirmi a quanto i documenti della Chiesa dicono riguardo ai vari argomenti che ci riguardano. In particolare, guardando a come i diaconi devono rapportarsi nella vita di comunione, si legge, tra l'altro, nel Direttorio per la vita e il ministero dei diaconi:
«La vita spirituale del diacono deve approfondir(si) nella linea di una spiritualità comunitaria in cui si tenda a testimoniare la natura comunionale della Chiesa» (nr. 46).
«Il diacono ricordi che la diaconia della carità conduce necessariamente a promuovere la comunione all'interno della Chiesa particolare. La carità, infatti, è l'anima della comunione ecclesiale» (nr. 55).
«… vivere nel vincolo della fraternità e della preghiera, … conducendo uno stile di vita sobrio e semplice che si apra alla "cultura del dare" e favorisca una generosa condivisione fraterna» (nr. 9).

venerdì 20 novembre 2009

Quale regno...

22 novembre 2009 – Cristo Re dell'universo
(34a domenica del Tempo ordinario / B)

Parola da vivere

La santità si addice alla tua casa (Sal 92,5)


Il Vangelo di oggi è preso da Giovanni: "Io sono re, ma il mio regno non e di questo mondo".
Pilato chiede a Gesù: "Sei tu re?". Gesù gli risponde: "Tu lo dici, io sono re. Per questo sono nato e per questo sono venuto nel mondo: per rendere testimonianza alla verità".
La caratteristica del regno di Gesù è diversa da quella degli altri regni. Non si impone con autorità e con forza, ma con l'amore. Egli è un Re d'amore. Ce lo dimostra soprattutto nel pretorio apparendo tutto piagato, ricoperto di sangue, con la testa coronata di spine, come ce lo aveva fatto capire durante tutta la sua vita spesa in un continuo dono di sé, in particolare verso i più bisognosi. Gesù afferma che il suo è Regno d'amore, d'unità e di pace. E lo ha dimostrato dando la sua vita, divenendo per tutti dono d'amore.
Il crescere interiormente, il santificarti, dipende dalla tua unione con Cristo. Coi tempi che corrono, la parola santità ti sembrerà un'utopia. Non è così. Il tempo fugge, se ne va, e con esso le vedute parziali, contingenti.
Resta la verità. Pertanto vedi di puntare a ciò che vale e dura per l'eternità, perché tutto è possibile a Dio, anche la tua santità.


Testimonianza di Parola vissuta



Quel sabato notte come al solito avevo bevuto. Arrivato a casa, mi sono ricordato che ero stato invitato a casa di persone per bene. Dovevo andare per forza. Mi sono cambiato e, anche se facevo fatica a tenere gli occhi aperti, sono andato. Mi sono trovato in un ambiente nuovo ma avevo l'impressione di aver conosciuto quelle persone da sempre, c'era apertura, amicizia, fraternità... Ho avvertito un grande sollievo come se mi fossi liberato da un peso: questa era la mia vita, non quell'altra. Potevo, dovevo cambiare.
Sono tornato a casa deciso, ma non è stato facile. Mi ricordavo le notti trascorse a bere, i soldi buttati, la famiglia trascurata, le liti con mia moglie, con i figli...
Lasciare il vizio del bere è stata un'impresa: l'ambiente era avvolgente. Gli amici di sempre, se non bevevo, mi prendevano in giro: "Vai, chiedi il permesso e poi torna...". Però poco a poco si sono resi conto che facevo sul serio e non insistevano più. Non li ho abbandonati, voglio aiutarli così come ero stato aiutato io. Ora se hanno bisogno di qualcosa si rivolgono a me. Alcuni stanno cambiando vita.

(M.G., Colombia)

(da "Camminare insieme" - vedi Testimoniare la Parola, esperienza in parrocchia)

domenica 15 novembre 2009

La diaconia, un segno dei tempi


Il messaggio di questa penultima domenica dell'anno liturgico mi riporta a porre la mia attenzione all'attesa di quel mondo, annunciato da Gesù, che va oltre le apparenze che ci circondano. Il regno nuovo, instaurato dal Risorto e che gusteremo alla fine dei tempi, sta inondando già ora le nostre esistenze, anche se le apparenze sembrano mostrarci il contrario.
Caudio Arletti, nel suo commento alle letture di oggi, scrive tra l'altro: «Il Figlio di Dio incarnato, in quanto uomo e rivelatore agli uomini, non conosce il tempo del Padre, tanto questo tempo è al di fuori di ogni causalità umana. Non si possono fare calcoli e ben lo mostra l'esortazione del v. 28: "Dal fico imparate [...]"(Mc 13,28). L'immagine del fico presuppone un osservatore attento: Dio non usa mai effetti speciali. Chiede a noi di percepire la sua azione discreta e continua. Tutto passerà inosservato, se non sappiamo notare quanto cambia attorno a noi. Se non viviamo nell'attesa, perché mai dovremmo aguzzare gli occhi per scorgere i segni di Dio? Forse troppe volte la routine di ogni giorno ci fa dimenticare il divenire lento ma costante della nostra storia. Essa ci impone un determinato stile di vita».

Molti sono oggi i segni premonitori di un mondo che vuole spingersi verso orizzonti migliori, verso una pienezza di cui l'umanità sente urgentemente l'esigenza.
Il mondo - tutti ne hanno sentore - tende, vuol tendere all'unità: ma quanto è difficile scorgere la strada per una fraternità veramente vissuta e partecipata. E molti, stanchi dell'attesa, cominciano a dubitare o a non crederci più…
Un particolare, nella chiesa per esempio, di questo "segno" di novità è la "riattivazione" del diaconato come ministero proprio e permanente, quale segno sacramentale di Gesù che serve e dà la vita.
Sono convinto che accorgersi di questo avvenimento presupponga una vigilanza attenta ai segni di quello Spirito che vuol farci entrare in una dimensione comunionale del servizio, aliena da qualsiasi forma di potere, in una chiesa "serva" e "povera", in cui chi ha responsabilità di governo è veramente, con tutta la propria esistenza, al servizio della comunità; e la comunità dei credenti trova la pienezza del suo essere nell'esistere per gli altri. Presuppone una chiesa-comunione che sa farsi prossimo all'umanità che la circonda, senza nulla chiedere…
La diaconia della chiesa e nella chiesa (e in particolare quella ordinata) vuole essere un segno, accanto agli altri che lo Spirito suscita con grande abbondanza di carismi, nell'umanità di oggi, per una vera fraternità universale.

venerdì 13 novembre 2009

La via dell'amore

15 novembre 2009 – 33a domenica del Tempo ordinario (B)

Parola da vivere

Mi indicherai il sentiero della vita (Sal 15,11)


Si avvicina la conclusione dell'anno liturgico. L'annuncio che in particolare ci dà il Vangelo, è il seguente: la venuta di Gesù alla fine della storia.
È un invito a essere vigilanti, perché si compia per ciascuno il progetto che Dio Padre ha pensato per noi.
E Gesù, il Figlio, ci indicherà il sentiero della vita. È la via dell'amore, da percorrere realizzando le sue parole: "Avevo fame, avevo sete", sulle quali saremo giudicati. Alla fine della vita porteremo via solo questo: l'amore. Il resto è nulla.
Dobbiamo poi, come ci suggerisce il Vangelo con l'immagine del ramo che germoglia, porre attenzione ai segni dei tempi. Il mondo oggi tende come non mai all'unità. Crollano infatti i confini fra gli stati, nascono nuovi organismi su scala internazionale, perché solo se siamo insieme il mondo potrà camminare.
E noi cristiani dobbiamo essere oggi testimoni di unità. Il mondo ha bisogno di vedere una comunità di persone che si vogliono bene. È il nostro contributo per la fratellanza universale.


Testimonianza di Parola vissuta


Il giorno del mio 50° compleanno, pensavo di festeggiarlo in modo particolare. Ma quel mattino con l'iniziare della giornata, mi prese una certa tristezza, sapendo che non ci poteva essere una vera festa, mancando un componente importante della mia famiglia, e questo disagio cresceva sempre di più.
Giunta sera, tornato dal lavoro, appresi che neanche i due figli maschi, per motivi diversi, non potevano esserci. Però rimaneva mia figlia ed il mio nipotino: di comune accordo, decidemmo di festeggiare con delle pizze. Nell'andare a prenderle sentivo sempre più il peso di questa situazione e non riuscivo a liberarmene.
Nel ritorno mi capitò di vedere una donna di colore che faceva autostop. Essendo buio e a quell'ora, pensai bene che avesse bisogno di aiuto e mi fermai. Subito mi raccontò, che per problemi di lavoro, aveva perso il pullman. Suo marito faceva i turni in un'altra fabbrica, ed aveva un bambino piccolo affidato ad una signora ed era ansiosa per andare a prelevarlo. Siccome abitava a circa 20 km di distanza, le dissi che non avrei potuto accompagnarla a casa perché le pizze si sarebbero raffreddate, ma che l'avrei portata ad un incrocio che conoscevo, dove molto probabilmente avrebbe trovato degli altri automobilisti.
Arrivato a casa, nel mangiare la pizza, ripensando a quella signora, mi venne dentro un forte dubbio. Mi domandavo: ma riuscirà veramente a trovare un passaggio? Mangiai in fretta, ritornai a quell'incrocio e la vidi ancora lì, un po' disperata.
Salì di nuovo ringraziandomi molto. Strada facendo, nel riportarla a casa, rimuginavo sempre la mia situazione, facendo crescere sempre più il dolore dentro di me. Quando all'improvviso però qualcosa cambiò: Mi sembrava di sentire una voce nel mio cuore, più forte di questo mio dolore. Era la voce di Gesù che sembrava mi dicesse: "Volevi una festa particolare? Ecco sono Io più vicino a te, perché sono nel bisognoso che stai aiutando".
Commosso, con le lacrime agli occhi, come per incanto tutto il malessere che avevo, svanì. Mi è venuta quella gioia vera che solo Lui può dare.
Ora avevo fatto veramente festa.

(Gabriele)

(da "Camminare insieme" - vedi Testimoniare la Parola, esperienza in parrocchia)

mercoledì 11 novembre 2009

Il nostro sacerdozio


In questo anno dedicato ai sacerdoti mi viene spontaneo pensare al modo migliore per rapportarmi con loro. Per quanto riguarda i diaconi si legge che questi "sono posti in speciale relazione con i presbiteri, in comunione con i quali sono chiamati a servire il popolo di Dio" (Ratio n. 8).
Ma la luce per vivere nel migliore dei modi, ognuno al proprio posto, la partecipazione all'unico sacerdozio di Cristo mi viene da queste parole di san Leone Magno:

«Afferma l'apostolo Pietro: "Anche voi venite impiegati come pietre vive per la costruzione di un edificio spirituale, per un sacerdozio santo, per offrire sacrifici spirituali graditi a Dio, per mezzo di Gesù Cristo" (1Pt 2,5), e più avanti: "Ma voi siete la stirpe eletta, il sacerdozio regale, la nazione santa, il popolo che Dio si è acquistato" (1Pt 2,9).
Tutti quelli che sono rinati in Cristo conseguono dignità regale per il segno della croce. Con l'unzione dello Spirito Santo poi sono consacrati sacerdoti. Non c'è quindi solo quel servizio specifico proprio del nostro ministero, perché tutti i cristiani sono rivestiti di un carisma spirituale e soprannaturale, che li rende partecipi della stirpe regale e dell'ufficio sacerdotale.
Non è forse funzione regale il fatto che un'anima, sottomessa a Dio, governi il suo corpo? Non è forse funzione sacerdotale consacrare al Signore una coscienza pura e offrirgli sull'altare del cuore i sacrifici immacolati del nostro culto? Per grazia di Dio queste funzioni sono comuni a tutti» (dai Discorsi, n. 4).

Solo così, con la consapevolezza di vivere in pienezza questo sacerdozio comune a tutti, posso rapportarmi in maniera vera con coloro che partecipano, come ministri ordinati, al sacerdozio di Cristo. Se questo vale per tutti i cristiani, indistintamente, vale in modo speciale anche per chi ha ricevuto il dono del diaconato. Se il rapporto del diacono col presbitero è particolarmente significativo per la partecipazione al medesimo sacramento dell'ordine, lo sarà in modo pieno e fruttuoso solo se nascerà dalla grazia del Battesimo pienamente vissuta.




domenica 8 novembre 2009

Diaconato: servizio e comunione


Il bimestrale Gen's, rivista di vita ecclesiale, ha dedicato il primo numero di quest'anno (1-2, gennaio-aprile 2009) al diaconato: Diaconato: servizio e comunione.

Alcune delle esperienze pubblicate, come quelle di Rocco Goldini ("Rocco racconta") e alcune personali, sono già state oggetto di questo blog.
Ogni esperienza ha il sapore di un incontro diretto con l'autore, non soltanto perché conosciuto personalmente, ma anche perché nelle parole di ciascuno ho ritrovato parte di me.
Mi si rafforza sempre più la convinzione che, se fai parte in maniera vitale di un "corpo" (l'ordine dei diaconi), scopri che "non fai tutto" o "non sei competente in tutto", ma ne fai comunque esperienza, magari indirettamente, ma con la stessa intensità di chi partecipa della vita della "stessa famiglia", essendo, la comunità del diaconato, una fraternità sacramentale vivificata dallo Spirito di Cristo, a servizio della Chiesa.
«La "diaconia" per amore – si legge nell'editoriale - è la caratteristica di tutti i cristiani, qualunque sia la loro vocazione, perché è l'attuazione concreta del comandamento nuovo. E se ogni cristiano deve essere "diacono", cioè servo degli altri, questo servizio deve risplendere in maniera esemplare in coloro che nella Chiesa esercitano quello che giustamente non è chiamato "potere" come si intende comunemente, ma "ministero", cioè servizio».

L'intero numero è riportato nel mio sito di documenti e sarà oggetto di ulteriori approfondimenti.

venerdì 6 novembre 2009

Fidarsi di Dio

8 novembre 2009 – 32a domenica del Tempo ordinario (B)

Parola da vivere


Il Signore è fedele per sempre (Sal 145)



La testimonianza delle due vedove di cui parlano le letture di questa domenica è l'annuncio della verità contenuta nella Parola del Salmo proposta per la settimana: "Il Signore è fedele per sempre". La prima si priva dell'unica risorsa di cibo bastante per un giorno e Dio la ricompensa, assicurandole il vitto per sé e per il figlio. La seconda offre al Signore l'unico soldo che aveva e riscuote l'ammirazione e l'elogio di Gesù: "Ha dato più di tutti gli altri".
Nel Vangelo Gesù, vista la falsa e ostentata religiosità dei dottori della legge, invita i suoi a fidarsi di Dio, sempre fedele alle sue promesse.
È la Parola di Dio che ci spinge e ci può aiutare a risolvere i problemi sociali di oggi, facendo anche noi nascere iniziative a favore dei diseredati, bisognosi e disperati.
Realizzando il richiamo di Gesù "Date e vi sarà dato", avremo la conferma che Dio è Padre, fedele sempre alle sue promesse. Non è facile farIo oggi, in un mondo in cui ci si fida solo dei propri mezzi, delle proprie sicurezze. Ma usando bene e con sapienza ciascuno di noi i nostri talenti, confidando in Lui e nel suo aiuto, tutto è possibile.


Testimonianza di Parola vissuta


La mia esperienza al Centro di Ascolto della Caritas è cominciata quando mi è stato rivolto l'invito a insegnare l'italiano agli stranieri. Ero in un momento particolare, da poco in pensione e quindi con del tempo libero. Ho accettato con molta gioia. Abbiamo cominciato Laura e io con due signore del Marocco che non sapevano una parola di italiano. Ogni loro conquista diventava una nostra conquista. Ascoltarle fino in fondo senza pregiudizi ha significato per me entrare in un mondo di grande sofferenza e grande povertà, realtà che io non immaginavo potessero esistere.
Un giorno è arrivata al Centro una signora rumena molto giovane accompagnata dal cugino. È stato lui a spiegarmi la sua situazione perché la ragazza non faceva che piangere disperatamente. Era in Italia da poco tempo, sua ospite, senza documenti, con i figli e il marito in Romania, alla ricerca di un qualunque tipo di lavoro. Mi sono sentita impotente di fronte a tanta sofferenza. Ho cercato di dar loro qualche speranza, ma nello stesso tempo mi sono resa sempre più conto delle difficoltà oggettive in cui si trovavano.
Mi sono ritrovata in chiesa a dire a Gesù: "Guarda che tu in quella persona hai bisogno di un lavoro, di una casa, di una vita dignitosa. Pensaci tu". Sono passati soltanto pochi giorni ed è arrivata da una persona la richiesta di una badante, con le caratteristiche di quella ragazza rumena, che strafelice ha preso immediatamente servizio. Sperimentare con tale concretezza la Provvidenza riempie davvero il cuore di gioia.

(Andreina)

da "Camminare insieme" - vedi Testimoniare la Parola, esperienza in parrocchia)

giovedì 5 novembre 2009

Diaconato permanente e stati di vita


È stato pubblicato sul periodico Settimana del 6 settembre 2009, n. 31, la relazione (fatta da Enzo Petrolino, presidente della Comunità del Diaconato in Italia) sul 22° convegno nazionale, promosso dalla Comunità, dal titolo appunto "Diaconato permanente e stati di vita", svoltosi a San Giovanni Rotondo lo scorso mese di agosto, al quale ho partecipato con mia moglie e di cui ho parlato in questo blog (ProgrammaImpressioni personali).

Riporto l'intero articolo sul mio sito di documenti. Qui accennerò ad alcuni titoli.

Il discernimento e la formazione al diaconato (don Giuseppe Bellia).
Passare dal discernimento ad una formazione conseguente non è un atto unico o solo teorico che vale per sempre, ma un'opera di vigile adattamento necessaria per comprendere e disegnare un percorso umano e spirituale complesso, che richiede la sapienza di una pedagogia duttile e il rigore di una disciplina di "ascolto orante".
… è doveroso e saggio chiedersi se, di fronte a uomini adulti già formati umanamente e socialmente, oltre che moralmente e spiritualmente, l'attività di formazione possa limitarsi agli aspetti intellettuali e dottrinali o non debba anche affrontare, invece, problematiche di vita familiare, di impegno lavorativo e di ambiente professionale.

Il rapporto tra ministerialità del matrimonio e diaconale (Andrea Grillo).
Il matrimonio, come "stato di vita" possibile del diacono, non è una condizione del tutto chiara per la vita ecclesiale.
Da qui la necessità del recupero di una "ministerialità complessa" nel sacramento del matrimonio a partire da alcuni aspetti emergenti: il diacono come "ministro" del matrimonio altrui; "sporgenza" del matrimonio rispetto all'ordine, e viceversa; forza naturale del matrimonio e forza istituzionale dell'ordine, in rapporto a Cristo e alla chiesa.

I diaconi "alla scuola" dei poveri (mons. Giuseppe Merisi).
La "scelta preferenziale dei poveri" significa stare dalla parte dei poveri, stando insieme con i poveri.
Questo esige che le chiese considerino con sempre maggiore attenzione il ministero dei diaconi, che ne curino e sostengano in termini propri, strutturalmente chiari e permanenti, la formazione per averli così e solo così - effettivamente corrispondenti ai bisogni delle situazioni delle esigenze degli uomini, soprattutto degli ultimi. La diaconia ha senso se si recuperano i poveri all'eucaristia e, perciò, la chiesa ai poveri.

Per una spiritualità "biblica" del diacono (p. Raniero Cantalamessa).
La spiritualità del diacono si radica in ciò che egli è divenuto per mezzo del sacramento del diaconato. Beneficiario della grazia propria di questo sacramento, il diacono diviene in certo modo lui stesso, nella sua persona e nella sua vita, segno e strumento di grazia… beneficiario di una grazia sacramentale che lo rende capace di vivere come servo di Cristo: presentandoci l'esempio dell'umiltà del servo - Io sono in mezzo a voi come colui che serve - egli rende visibile che chi è a capo di una comunità deve apprendere e far suo l'atteggiamento di chi serve - Chi vuoi essere il primo deve essere il servo di tutti. Il discepolo dev'essere, dunque, quel servo fedele e prudente che si prende cura delle cose del Regno per amore di Gesù, rispondendo al Cristo che lo chiama a seguirlo come diacono (servo) e lo invita a vivere in comunione intima con lui, a dimorare in lui.

Seguono alcune esperienze familiari "diaconali" ed una relazione sul cammino della "Comunità del diaconato in Italia".

Rileggere quanto si è vissuto è un riviverne l'esperienza, con la gratitudine allo Spirito per il dono ricevuto.

domenica 1 novembre 2009

Testimoni prima che maestri


Quello che guardiamo nei Santi è la loro "vita", il loro essere "testimoni" di quell'Amore che li ha presi totalmente.
Riporto alcuni passi della prima parte, "Testimoni prima che maestri", dei pensieri del libretto "Come il Padre…" sull'Anno sacerdotale (secondo volume - di cui ho già parlato), come ho fatto con il precedente volume, cercando di applicarlo alla vita del diacono, con nell'anima e nella mente quanto il Direttorio per il ministero e la vita dei diaconi mi ricorda: «Il diacono tenga sempre presente l'esortazione della liturgia dell'ordinazione: "Ricevi il Vangelo di Cristo del quale sei diventato l'annunciatore: credi sempre a ciò che proclami, insegna ciò che credi, vivi ciò che insegni"» (nr. 52).

I testi completi di quanto riporto si possono trovare nel mio sito di documenti:


«Non è tanto importante che cosa fai, ma è importante che cosa sei nel nostro impegno sacerdotale. (…)
L'essere convince e il fare convince solo in quanto è realmente frutto e espressione dell'essere» (Benedetto XVI).

«Spesso le cure pastorali tengono l'anima impegnata in tante cose e si diventa incapaci di attendere a tutto con mente assorbita da troppe ansie. (…)» (San Gregorio Magno).

Se abbiamo scelto Dio come Ideale - e questa è la nostra identità -, se l'abbiamo messo al primo posto, ciò richiede praticamente che mettiamo al primo posto nel nostro cuore la sua Parola, la sua volontà. (…) Importante è vivere la Parola, essere Parola viva» (Chiara Lubich).

Nell'«obbedienza radicale di Maria la Parola non resta solo Parola ascoltata, ma diventa Verbo incarnato e generato tra noi che diventiamo così suoi fratelli» (Silvano Cola).

«I discepoli vengono tirati nell'intimo di Dio mediante l'essere immersi nella Parola di Dio. La Parola di Dio è, per così dire, il lavacro che li purifica, il potere creatore che li trasforma nell'essere di Dio. (…)» (Benedetto XVI).

(…) Il «gesto del Signore che invia i discepoli a due a due a predicare, significa pure, anche senza il commento della parola, che non deve in alcun modo esercitare il ministero della predicazione, chi non ha carità verso il prossimo» ( San Gregorio Magno ).

«"Vogliamo vedere Gesù" (Gv 12,21). (…) Come quei pellegrini di duemila anni fa, gli uomini del nostro tempo, magari non sempre consapevolmente, chiedono ai credenti di oggi non solo di "parlare" di Cristo, ma in certo senso di farlo loro "vedere". (…)» (Giovanni Paolo II).

«(...) L'uomo contemporaneo ascolta più volentieri i testimoni che i maestri (...) o se ascolta i maestri lo fa perché sono dei testimoni. (…)» (Paolo VI).

«… ciascuno nel suo lavoro, nel posto che occupa nella società, deve sentirsi obbligato a fare un lavoro di Dio, che semini dappertutto la pace e la gioia del Signore. (…)» (San Josemaría Escrivá De Balaguer).

«(…) I giovani devono sentire che non diciamo parole non vissute da noi stessi, ma parliamo perché abbiamo trovato e cerchiamo di trovare ogni giorno di nuovo la verità come verità per la mia vita. (…)» (Benedetto XVI).

«Non basta deplorare e denunciare le brutture del nostro mondo. Non basta neppure … parlare di giustizia, … di esigenze evangeliche.
Bisogna parlarne con un cuore carico di amore compassionevole, facendo esperienza di quella carità che dona con gioia e suscita entusiasmo (…)» (Card. Carlo Maria Martini).

«Il clericalismo è quella deformazione - chiaramente combattuta da Gesù - a cui sono esposti tutti i "professionisti" della religione, e si manifesta nel sentirsi superiori o nel predicare per gli altri senza vivere a fondo essi stessi o nella ricerca di privilegi e riconoscimenti. (…)
Noi non dobbiamo preoccuparci di essere né anti clericali né antilaicisti, ma sforzarci di rivivere in noi la vita di Gesù, per tendere sempre più a quello che dice san Paolo: "Non sono più io che vivo ma è Cristo che vive in me" (Gal 2,20). Qui si trova il migliore antidoto contro il clericalismo» (Pasquale Foresi).

«Con certezza il primo e più importante servizio che la Chiesa può e deve svolgere per l'uomo concreto e storico di oggi è l'evangelizzazione. (…)
"Noi non possiamo tacere" (At 4,20), hanno detto gli apostoli Pietro e Giovanni davanti al Sinedrio. Anche noi pastori di oggi, non possiamo tacere. Dobbiamo dare continuità, coraggiosamente … senza aver paura delle resistenze, da qualunque parte esse vengano. (…)» (Card. Claudio Hummes).

«(…) I figli non si partoriscono senza dolore. È morendo sulla croce che Gesù ci ha partorito alla vita eterna; fu ai piedi della croce che Maria divenne nostra madre. Nell'ordine soprannaturale, il dolore e spesso anche la morte sono ragione di fecondità» (Beato Paolo Manna).

venerdì 30 ottobre 2009

Puntare in alto

1° novembre 2009 – Tutti i Santi

Parola da vivere


Beati i poveri in spirito
perché di essi è il regno dei cieli
(Mt 5,3)


La festa di tutti i Santi ci apre uno spaccato di paradiso, popolato - secondo la visione di san Giovanni - da "una moltitudine immensa di ogni nazione, razza, popolo e lingua". Essi, capolavori divini, stupiti contemplano Dio e le sue meraviglie.
È una visione che ci riempie di gioia e di speranza: perché figli di Dio, dopo questa vita parteciperemo anche noi a quella vita serena, piena e luminosa.
E la via per giungervi è quella che Gesù ci propone nel discorso delle Beatitudini, la via dell'amore, della santità. E la santità è fatta di cose comuni, semplici, fatte con amore, possibile a tutti.
La Parola che ci è proposta oggi "Beati i poveri in spirito" è per tutti noi un richiamo a non attaccare il cuore ai beni terreni, ma a puntare in alto, alla cultura del dare. Si tratta spesso di un piccolo superamento, un gesto concreto di amore, il perdere la propria idea per accogliere quella dell'altro, una rinuncia a un oggetto, un vestito o a qualcosa di non necessario per fare un dono al fratello.
Se fra di noi c'è l'amore, pur con tutti i suoi limiti, questa terra potrebbe diventare un piccolo anticipo di paradiso, perché Dio stesso sarà la nostra ricompensa.


Testimonianza di Parola vissuta



Sono in pensione da alcuni anni. Durante il mio ultimo mese lavorativo avvertii nei miei collaboratori un certo fermento. Con delicatezza ma con una certa insistenza cercavano di capire il mio interesse su qualche oggetto. Ora magnificavano la bellezza di un orologio, ora le qualità di un televisore, ora la funzionalità di un servizio da tavola o la bellezza di un quadro.
Notando la mia perplessità indifferente, uno di loro si decise a parlare con chiarezza: "Alla fine del mese lei andrà in pensione e tra tutto il personale è stata raccolta una certa cifra per comprarle un regalo, ma vorremmo che fosse di suo gradimento...". Gli risposi che l'unica cosa che mi era gradita era il ricordo del sentimento di amicizia che c'era fra tutti noi e suggerii di inviare lo somma raccolta ad un istituto per lo lotta contro la leucemia. Ho appreso poi che il mio comportamento è stato seguito da altri.

(G. V., Spagna)

(da "Camminare insieme" - vedi Testimoniare la Parola, esperienza in parrocchia)

venerdì 23 ottobre 2009

L'incontro con Gesù

25 ottobre 2009 – 30a domenica del Tempo ordinario (B)

Parola da vivere

Coraggio! Alzati, ti chiama! (Mc 10,49)


Gesù è in cammino verso Gerusalemme, dove avrebbe completata la sua missione di Salvatore con la sua morte e risurrezione. Con lui c'è molta folla che lo segue attirata dalla sua persona e dai miracoli che compiva.
Il passaggio di Gesù risveglia nel cieco la speranza. Gli nasce in cuore la fiducia di poter essere guarito. Alle sue grida di aiuto Gesù si ferma e lo chiama. "Coraggio, alzati - gli dice qualcuno - ti chiama". Il cieco si alza, getta via il bastone e va da Gesù. E Gesù gli ridà la vista e gli dice: "Va', la tua fede ti ha salvato". Il cieco, acquistata la vista, si mise a seguire Gesù.
L'esperienza del cieco è pure la nostra. Bisognosi di tutto, passiamo le nostre giornate vivendo di espedienti, mendicando un po' di soddisfazioni per arrivare a sera, Gesù passa accanto a noi, ma non lo vediamo, E nei momenti più difficili lo invochiamo anche, ma in mezzo al frastuono non cogliamo il suo invito a seguirlo.
Ma un giorno abbiamo aperto il Vangelo, abbiamo incontrato un amico, abbiamo visto persone contente che, dolcemente, ci dicevano: "Coraggio, alzati: Egli ti chiama!". E ci siamo incontrati con Gesù. L'incontro con Lui ha acceso in noi la luce, abbiamo colto il suo amore, la nostra vita è cambiata. Abbiamo sentito che era bello camminare con Lui anche sulla strada della croce. Lui ci ha dato il coraggio di seguirlo.
E a tutti possiamo raccontare l'incontro con Gesù e dire con la nostra vita: "È bello vivere per un mondo nuovo, migliore".

Testimonianza di Parola vissuta


Durante l'incontro mensile della Parola di Vita, un signore aveva sempre la testa bassa e non si capiva se seguiva o se era assente, Ma verso la fine ha alzato la mano per chiedere la parola. Si è levato in piedi e ha detto: «Ho compiuto da poco 76 anni. Ormai in parrocchia non ci sono più attività che io possa fare. Allora noi della terza età abbiamo pensato di organizzare qualcosa adatta per la nostra situazione. Abbiamo chiamato una persona esperta nel campo dell'anzianità e abbiamo parlato insieme su questo argomento, sapendo che nessuno potrà evitare questa fase della vita e quindi la necessità di essere curato dagli altri con tanti nuovi problemi come il morbo di Alzheimer, ecc... Alla fine dell'incontro ci siamo detti che d'ora in poi dobbiamo affrontare più seriamente la nostra situazione... Ma sentivo dentro di me una certa pesantezza e mi sembrava che prima o poi avrei dovuto accettare di gravare sugli altri. Oggi, però, entrando qui, ho visto un fumetto che comincia così: "Non ci è rimasto più niente da dare?". Questa domanda rifletteva in pieno il mio sentimento. Man mano che andavo avanti nel leggere, una luce mi ha riscaldato il cuore ed ho capito che noi anziani abbiamo ancora tanto da dare: il sorriso, il coraggio, il benvenuto.
E con grande gioia ho ripetuto le parole del personaggio del fumetto: "Non sapevo di essere così ricco!". Oggi ho trovato il programma per il resto della mia vita: posso "dare amore", fino all'ultimo momento!».

(Masao Arakaki, Giappone)


(da "Camminare insieme" - vedi Testimoniare la Parola, esperienza in parrocchia)




domenica 18 ottobre 2009

Servi per amore


Ho inserito nel mio sito di testi e documenti il secondo capitolo del volumetto "Come il Padre…/2", pensieri sull'anno sacerdotale, dal titolo "Servi per amore".
Il vangelo di questa domenica (Mc 10,35-45) parlava appunto della caratteristica essenziale dei discepoli di Gesù: essere servi come lo è il Maestro che "non è venuto per farsi servire, ma per servire e dare la propria vita".

Nel contesto della Giornata missionaria voglio riportare un passo di Giovanni Paolo II, all'udienza generale del 4 aprile 1979, Solidarietà universale, tratta sempre dal volumetto citato: «La chiamata di Cristo ad aprirsi "all'altro" ha un raggio d'estensione sempre concreto e sempre universale. Riguarda ciascuno perché si riferisce a tutti. La misura di questo aprirsi non è soltanto - e non tanto - la vicinanza dell'altro, quanto proprio le sue necessità: avevo fame, avevo sete, ero nudo, in carcere, ammalato...
Rispondiamo a questa chiamata cercando l'uomo che soffre, seguendolo perfino oltre le frontiere degli stati e dei continenti. In questo modo si crea - attraverso il cuore di ciascuno di noi - quella dimensione universale della solidarietà umana.
La missione della Chiesa è di custodire questa dimensione: non limitarsi ad alcune frontiere, ad alcuni indirizzi politici, ad alcuni sistemi. Custodire l'universale solidarietà umana soprattutto con coloro che soffrono; conservarla con riguardo a Cristo che proprio tale dimensione di solidarietà con l'uomo ha formato una volta per sempre».

Ed un altro passo dello stesso libretto, tratto dalla Pastores dabo vobis (nr. 21), Capo, cioè Servo: «Gesù Cristo è Capo della Chiesa, suo Corpo. È "Capo" nel senso nuovo e originale dell'essere servo, secondo le sue stesse parole: «Il Figlio dell'uomo infatti non è venuto per essere servito, ma per servire e dare la propria vita in riscatto per molti» (Mc 10, 45). (…)
L'autorità di Gesù Cristo Capo coincide dunque con il suo servizio, con il suo dono, con la sua dedizione totale, umile e amorosa nei riguardi della Chiesa. E questo in perfetta obbedienza al Padre: egli è l'unico vero Servo sofferente del Signore, insieme Sacerdote e Vittima.
Da questo preciso tipo di autorità, ossia dal servizio verso la Chiesa, viene animata e vivificata l'esistenza spirituale di ogni sacerdote.
In questo modo i ministri potranno essere "modello" del gregge, che, a sua volta, è chiamato ad assumere nei confronti del mondo intero questo atteggiamento sacerdotale di servizio».

Ogni ministro ordinato, sacerdote o diacono, come anche qualsiasi fedele, è chiamato ad essere nel mondo segno e modello di questo atteggiamento sacerdotale di servizio.


venerdì 16 ottobre 2009

Al servizio di tutti

18 ottobre 2009 – 29a domenica del Tempo ordinario (B)

Parola da vivere


Chi vuole essere il primo tra voi
sarà schiavo di tutti
(Mc 10,44)


Tutte e tre le letture di oggi pongono l'accento sull'annuncio messianico di Gesù, inteso non come dominio, ma come servizio.
Gesù si identifica nel Messia, predetto dai profeti e atteso da secoli, che era venuto a liberare il popolo non con la forza, ma condividendo i loro dolori fino a offrire in sacrificio la propria vita.
Questa visione di un Messia che non si impone con la forza, mette in crisi anche Giacomo e Giovanni. Gesù dà allora ai suoi discepoli e a noi una lezione di vita: "Il Figlio dell'uomo non è venuto per essere servito, ma per servire e dare la sua vita". Questo è lo stile di vita dei suoi discepoli. Questa è la vera grandezza: mettersi al servizio di tutti. Dice loro Gesù: "Chi vuole essere primo tra voi, sarà schiavo di tutti".
Viene da pensare a Gesù che nell'ultima cena lava i piedi agli apostoli, gesto che nell'antico Israele non poteva essere imposto neanche agli schiavi tanto era umiliante. E invece dice: "Se io, che voi chiamate maestro e signore, vi ho lavato i piedi, anche voi dovete lavarvi i piedi gli uni gli altri".
Il metterci al servizio della gente è per noi un contribuire con Gesù alla salvezza di tutti.


Testimonianza di Parola vissuta


C'è all'ospedale una giovane colombiana che ha tentato il suicidio. Io abito in Italia da diversi anni, ma sono colombiana, quindi parlo la sua lingua. Per questo mi hanno chiesto di andarla a trovare.
Pur con qualche timore, vado a fare la sua conoscenza e, dopo i primi momenti di diffidenza vedo affiorare in quella ragazza il desiderio prepotente di vita che si apre al colloquio, allo sfogo.
Vado a casa, coinvolgo marito e figli che subito prendono a cuore la cosa: chi va a parlare con i medici, chi porta alla ragazza biancheria, oggetti da toilette e quanto le serve; chi inizia la ricerca di un lavoro e di un posto dove farla abitare appena dimessa dall'ospedale.
Pian piano quella creatura avvilita e priva di speranza, riacquista salute e fiducia. Il rapporto con me e la mia famiglia si rafforza e continua. Non è più sola, non è più in un paese straniero.

(T.R., Italia)

(da "Camminare insieme" - vedi Testimoniare la Parola, esperienza in parrocchia)

mercoledì 14 ottobre 2009

Giornata missionaria: l'anima spalancata sul mondo intero


In questo mese di ottobre dedicato alle missioni e pensando soprattutto alla prossima domenica, giornata missionaria mondiale, ho cercato di fare mio il messaggio che Benedetto XVI ha fatto per questa occasione.

Nel Direttorio per il ministero dei diaconi, al nr. 27, si legge :«I diaconi ricordino che la Chiesa è per natura sua missionaria… Di questa Chiesa sono ministri e perciò, anche se incardinati in una Chiesa particolare, essi non possono sottrarsi al compito missionario della Chiesa universale e devono, quindi, rimanere aperti anche alla missio ad gentes
La dimensione del servizio è legata alla dimensione missionaria della Chiesa…».

Questa apertura su tutto il mondo è una esigenza prioritaria e imprescindibile; è un sentire con la Chiesa; è essere Chiesa; è un saper leggere i segni dei tempi, soprattutto in questo mondo globalizzato.

Sentire con la Chiesa significa aver la sua anima, «sentire l'ansia e la passione di illuminare tutti i popoli, con la luce di Cristo – dice il Papa -, perché tutti si raccolgano nell'unica famiglia umana, sotto la paternità amorevole di Dio».
«La Chiesa non agisce per estendere il suo potere o affermare il suo dominio [quanto è importante – aggiungo io - questa dimensione aliena al potere per tutti quelli che sentono essenziale nella propria vita la testimonianza della diaconia nella Chiesa!], ma per portare a tutti Cristo, salvezza del mondo. Noi non chiediamo altro che di metterci al servizio dell'umanità, specialmente di quella più sofferente ed emarginata, perché crediamo che "l'impegno di annunziare il Vangelo agli uomini del nostro tempo... è senza alcun dubbio un servizio reso non solo alla comunità cristiana, ma anche a tutta l'umanità" (EN, 1), che "conosce stupende conquiste, ma sembra avere smarrito il senso delle realtà ultime e della stessa esistenza" (RM, 2)».
«La missione della Chiesa, perciò, è quella di chiamare tutti i popoli alla salvezza operata da Dio tramite il Figlio suo incarnato. È necessario pertanto rinnovare l'impegno di annunciare il Vangelo, che è fermento di libertà e di progresso, di fraternità, di unità e di pace (cfr AG, 8). Voglio "nuovamente confermare che il mandato d'evangelizzare tutti gli uomini costituisce la missione essenziale della Chiesa" (EN, 14)».
«È necessario riaffermare che l'evangelizzazione è opera dello Spirito e che prima ancora di essere azione è testimonianza e irradiazione della luce di Cristo (cfr RM, 26)».

È primariamente un "essere" prima che un "fare": nell'ambiente dove sono chiamato ad operare è "essere animazione" di quella diaconia che è vocazione primaria di tutta la Chiesa, condizione indispensabile per avere l'anima spalancata sul mondo intero.


domenica 11 ottobre 2009

Una cosa sola…


Il vangelo di questa domenica (Mc 10,17-30) mi riporta all'essenziale, a riconoscere prioritario e al di sopra di ogni cosa (fossero ricchezze materiali o spirituali o affetti familiari) il rapporto personale con Dio. La vicenda del giovane ricco che rifiuta la proposta di Gesù è sintomatica. Claudio Arletti nel suo commento dice: «Il rischio dell'uomo religioso è certamente vivere il culto dimenticando il fratello che soffre accanto alla sua porta».
Mi viene spontaneo chiedermi se effettivamente Dio è al primo posto nella mia vita, nonostante abbia impiegato energie e volontà; e posposto tante cose alla sequela di Gesù e alle esigenze del vangelo. O se le delusioni di questa sequela sono più forti dello slancio con cui ho risposto alla chiamata.
Ho scelto Dio o le cose di Dio? Il mio rapporto personale con Lui sa dare colore e gusto alle cose che faccio per Lui e per i fratelli? O anch'io ho le mie ricchezze, cioè il mio cuore attaccato alle cose che faccio, anche con fatica, per il Regno di Dio?
È una prova ed una tentazione alla quale non ci si può sottrarre.
Mi vengono in mente le parole del card. Van Thuan, durante la "lunga tribolazione di nove anni di isolamento" nelle prigioni vietnamite: «Una notte, dal profondo del cuore una voce mi disse: "Perché ti tormenti così? Tu devi distinguere tra Dio e le opere di Dio. Tutto ciò che hai compiuto e desideri continuare a fare: visite pastorali, formazione dei seminaristi, religiosi, religiose, laici, giovani… missioni per l'evangelizzazione dei non cristiani... tutto questo è un'opera eccellente, sono opere di Dio, ma non sono Dio! Dio (...) affiderà le sue opere ad altri che sono molto più capaci di te. Tu hai scelto Dio solo, non le sue opere!". Questa luce mi ha portato una pace nuova…».
Oppure l'esperienza del card. Miloslav Vlk, quando il governo comunista gli proibì ogni attività e fu costretto a pulire "per dieci anni i vetri dei negozi per le strade di Praga". E si chiede quale fosse la sua "identità sacerdotale, senza ministero, senza apparente utilità": «Eppure Gesù, quando fissato alla croce non poteva fare i miracoli, predicare ma - abbandonato solo tacere e patire, ha raggiunto il vertice del suo sacerdozio. Ho trovato in lui la mia vera identità sacerdotale, che mi ha riempito di gioia e di pace. Poi ho capito che questa identità non si acquista per sempre in un momento d'illuminazione e di grazia, si deve cercare di continuo, soprattutto nei momenti bui, dolorosi».
Tutto questo mi riporta all'identità più profonda del mio essere diacono, seguace di quel Gesù che non è "venuto per essere servito, ma per servire e dare la vita". E, come ho scritto altre volte in questo blog, con lo sguardo rivolto soprattutto a Lui, nel momento del suo abbandono, quando fattosi "nulla" d'amore e per amore, ha dato a noi la vita e la pienezza dell'essere.