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venerdì 19 dicembre 2008

Una sola famiglia

21 dicembre 2008 – 4a domenica di Avvento (B)

Parola da vivere

Io gli sarò padre ed egli mi sarà figlio (2Sam 7,14)


Povero Re Davide! Il successo gli ha dato alla testa, tanto che si offre per dare una casa al suo Signore, quasi rinchiuderlo in un tempio maestoso.
Con dolce ironia il Signore, come risposta, promette di fare del popolo di Davide e dei suoi discen-denti una unica grande casa, una sola famiglia in cui lui sarà padre e tutti saranno suoi figli. Storicamente questo è avvenuto quando l'amore di Dio ha cercato un'umile casa a Nazaret e per il "sì" incondizionato di Maria ha concepito in lei l'uomo che è Dio.
Oggi Dio continua a farsi mendicante di amore del nostro "sÌ". Ha bisogno di entrare in noi per dirci tutto il suo amore, per fare risuonare con intensità divina sulle nostre labbra il dolce nome di padre e dirci la sua tenerezza come a figli.
Il Natale di Maria è la vera casa per Dio: in lei e per il suo "sì" tutta l'umanità può diventare una grande casa, un paradiso in terra, ovunque, anche quando possiamo offrire solo una povera stalla, nei luoghi più remoti e oscuri, tra gli emarginati come i pastori.
L'ultima tappa dell'Avvento è lasciare che sia Maria a portarci tra le sue braccia come se ciascuno fosse il suo Gesù.

Testimonianza di Parola vissuta

Sono le 12,45 dei primi di dicembre e dopo qualche commissione rientravo a casa per il pranzo. Un signore che conoscevo vagamente mi saluta e mi avvicina chiedendomi di aiutarlo per una emergenza: convincere un barbone polacco che da tempo vive sulla strada, ad andare in una struttura coperta.
Al mattino avevo meditato e riflettuto sull'amore al fratello, ma inizialmente chiedo di rinviare a quando avrei avuto più tempo. "Ma è un'emergenza", replica. Mi lascio coinvolgere e mi conduce subito dal barbone, anche in senso letterale. Siede su una panchina vicina ad un androne dove dorme da tempo la notte; ha diverse buste dove tiene le sue cose e una radio a cui è tanto affezionato regalatagli dall'amico. Faccio subito conoscenza e gli prometto un orologio se accetta di andare in una struttura coperta. Sembra convinto.
Con l'amico decidiamo di tornare alla carica alle 14,15 per non dargli il tempo di lasciarsi vincere dall'eventuale tentazione dell'alcool. A casa sono atteso per il pranzo nonostante il ritardo. Alle 14,10 sono di nuovo dal barbone e stringo amicizia: si chiama come me, parliamo dei nostri missionari in Polonia e Ucraina, di Giovanni Paolo II, della sua famiglia, che ora lo ha abbandonato e gli mostro l'orologio promesso.
Arriva l'amico, telefoniamo al Centro di Accoglienza e prepariamo la macchina; pur un po' incerto e traballante si avvia con le sue gambe senza bisogno del nostro appoggio. Mi siedo accanto a lui. Lungo la strada riconosce il quartiere attraverso cui passiamo. Arrivati viene accolto con gentilezza e si predispone subito per una buona doccia e vestiti puliti. Gli regalo l'orologio promesso. Lasciamo i nostri recapiti. A casa telefono ad un sacerdote più competente per una accoglienza in un Centro permanente. Nel mio cuore è già Natale!

(G.F.)

(da "Camminare insieme" - vedi Testimoniare la Parola)


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